Cari amici ed amiche,
la rivista "Newsweek" ha lanciato un allarme.
Questa è la traduzione di un suo articolo:
"Esodo: Perché gli ebrei d’Europa fuggono di nuovo.
Adam LeBor – Newsweek, 29 Luglio 2014.
La teppa cercava vendetta, tutto ciò che tirava ricadeva sui muri della sinagoga mentre i fedeli erano asserragliati dentro. Era una scena da Europa degli anni ’30, invece si trattava della Parigi orientale, la sera del 13 luglio 2014.
Migliaia si erano riuniti per dimostrare contro i bombardamenti israeliani a Gaza. Ma la protesta è presto divenuta violenta - e contro gli ebrei in generale. Uno di coloro che sono rimasti intrappolati ha detto alla televisione israeliana che le strade fuori apparivano come una intifada, la rivolta palestinese contro l’occupazione israeliana.
Alcuni degli ebrei intrappolati hanno dovuto lottare per trovare una via di fuga mentre la polizia antisommossa disperdeva la folla. Manuel Valls, il primo ministro francese, ha condannato l’attacco nei “termini più forti possibili”, mentre Joel Mergei, un leader della comunità, ha detto di essere “profondamente scioccato e disgustato”. Le parole non hanno avuto effetto. Due settimane dopo, quattrocento manifestanti hanno attaccato una sinagoga e un negozio di proprietà di un ebreo a Sarcelles, nel nord di Parigi, gridando “Morte agli ebrei”.
Avevano perfino apposto dei manifesti per pubblicizzare i raid in anticipo, come nei pogrom della Russia zarista. La Francia ha sofferto le violenze peggiori, ma l’antisemitismo rispunta in tutta Europa, alimentato dalla guerra Gaza. In Inghilterra il Community Security Trust (CST) afferma che ci sono stati circa 100 incidenti antisemiti a luglio, il doppio del normale. Il CTS ha emesso un allarme sicurezza per tutte le istituzioni ebraiche. A Berlino hanno dovuto impedire a una folla di manifestanti anti-Israele di attaccare una sinagoga. A Liegi, Belgio, il proprietario di un caffè ha esposto un’insegna indicando che i cani erano benvenuti ma gli ebrei non potevano entrare.
Eppure per molti ebrei francesi ed europei queste violenze non sono una sorpresa. 70 anni dopo l’Olocausto, da Amiens ad Atene, la forma di odio più antica del mondo fiorisce di nuovo. Per alcuni l’opposizione alle politiche israeliane è la scusa per manifestare apertamente l’odio verso gli ebrei – anche se molti ebrei si oppongono fermamente alle politiche della destra israeliana e sostengono la creazione di uno Stato palestinese. Come scrive Stephen Pollard, il direttore del Jewish Chronicle: “questa gente non è stata attaccata perché manifestava sostegno al governo israeliano. Sono stati attaccati perché erano ebrei, che vivevano la loro vita quotidiana.”
Un fine settimana di maggio sembra compendiare questo oscurantismo. Il 24 maggio un uomo armato ha estratto un fucile d’assalto Kalashnikov nel Museo Ebraico di Bruxelles ed ha aperto il fuoco uccidendo quattro persone. Il giorno successivo i risultati delle elezioni per il Parlamento europeo hanno mostrato un forte incremento del sostegno ai partiti di estrema destra in Francia, Grecia, Ungheria e Germania. Il fronte nazionale in Francia ha vinto le elezioni, e molti temono che questo possa essere il preannuncio della loro presa di potere alle elezioni nazionali.
Forse il risultato più scioccante è stato l’aumento del sostegno per il partito del Golden Down in Grecia. Il partito, che viene descritto come apertamente neonazista, ha ottenuto quasi il 10% dei voti ed ha portato tre suoi membri nel Parlamento europeo. Nel novembre 2012, Marton Gyöngyösi, un importante membro del Parlamento del Jobbik, ha lanciato un appello perché si stilasse una lista degli ebrei ungheresi, specialmente di quelli che lavoravano per il Parlamento o per il governo, poiché ponevano un “rischio per la sicurezza nazionale”. (Gyöngyösi si è poi scusato dicendo che si riferiva soltanto agli ebrei con doppia cittadinanza israeliana e ungherese).
Alcuni hanno visto nell’attacco di Bruxelles e nei risultati delle elezioni dei presagi oscuri. “A che punto”, ha chiesto Jeffrey Goldberg, un importante giornalista ebreo americano, “gli ebrei d’America e gli ebrei di Israele cominceranno a dire agli ebrei di Europa che potrebbe essere arrivato il momento di togliersi di torno?” Proprio ora, sembrerebbe.
VENIR VIA
Un sondaggio pubblicato nel novembre 2013 dall’Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ha mostrato che il 29% degli ebrei ha preso in considerazione l’emigrazione poiché non si sentiva più sicuro. Gli ebrei in tutta Europa, ha notato il sondaggio, “fronteggiano insulti, discriminazione e violenza fisica che, malgrado gli sforzi congiunti sia dell’Europa Unita che dei suoi Stati Membri, non sembra voler sparire. Due terzi considerano l’antisemitismo un problema in tutti i paesi coperti dal sondaggio. In tutto, il 76% afferma che l’antisemitismo è peggiorato negli ultimi cinque anni nei loro paesi con un peggioramento maggiormente marcato in Francia, Ungheria e Belgio. Il congresso ebraico europeo ha creato un sito Web, sacc.eu, per consigliare e fornire contatti nel caso di un attacco.
“La tendenza è estremamente allarmante.” dice Natan Sharansky, presidente dell’Agenzia Ebraica che è il collegamento tra Israele e le comunità della diaspora ed organizza l’immigrazione. “Il livello di preoccupazione per la sicurezza in Europa è più alto che in Asia o nell’America Latina. Il senso di insicurezza sta crescendo. È difficile immaginare che in Francia, Belgio e molti altri paesi agli ebrei venga detto di non uscire per le strade portando una kippà.”
Un sondaggio della Anti-Defamation League (ADL) a New York ha dato simili risultati. Il sondaggio ADL Global 100 ha intervistato 53.000 adulti in 102 paesi. Ha trovato che il 26% avevano attitudini profondamente antisemite poiché hanno risposto “probabilmente vero” a sei o più di 11 stereotipi negativi sugli ebrei.
I più alti livelli di pregiudizio sono stati trovati nel mondo arabo, con i territori palestinesi come primi della lista al 93%, seguiti dall’Iraq al 92%. La prima della lista in Europa è la Grecia con il 69%, mentre la Francia ha raggiunto il 37% e il Belgio il 27%. L’Inghilterra si è attestata al 8%, l’Olanda 5% e il risultato più basso si è trovato in Svezia con il 4%. Nell’Europa dell’est la Polonia è al 45% e l’Ungheria al 41%. Il risultato più basso è nella Repubblica Ceca con il 13%. Ma il quadro è più complesso di quanto il sondaggio suggerisca. Malmo, la terza città svedese, è uno dei posti più inquietanti per gli ebrei in Europa. Gli attacchi antisemiti sono triplicati tra il 2010 e il 2012, quando la comunità, composta da circa settecento membri, ha subito 60 incidenti. Nell’ottobre 2012 una bomba è esplosa al Centro Comunitario Ebraico.
I leader ebrei hanno accusato Ilmar Reepalu, che è stato sindaco dal 1994 al 2013, di commenti incendiari. Reepalu ha fatto appello agli ebrei perché prendessero le distanze dal sionismo, affermando che la comunità ebraica era stata “infiltrata” dal Partito Democratico svedese, che ha le proprie radici nella destra estrema. Reepalu nega di essere antisemita, ma alle sue affermazioni hanno provocato una tempesta di proteste ed è stato costretto a ritirarle. Hannah Rosenthal, l’ex Inviato Speciale degli Stati Uniti per la lotta all’antisemitismo, ha affermato che Malmo è il primo esempio del “nuovo antisemitismo” nel quale l’odio per Israele è usato per mascherare l’odio per gli ebrei. Non è antisemitismo criticare il governo israeliano o le sue politiche verso i palestinesi, dicono i leaders ebrei. Un ragionevole dibattito aperto sul conflitto è sempre benvenuto, specialmente adesso che tutti sono presi da compassione per gli eventi di Gaza. Ma l’ossessione morbosa con cui la sola democrazia in Medioriente, dicono, è demonizzata senza sosta e se ne chiede la distruzione, sono indici di antisemitismo.
I social media forniscono una facile piattaforma per la diffusione dell’odio, che ha ricevuto un nuovo impeto dalla alleanza tra gli islamisti e la sinistra, dice Ben Cohen, autore di Alcuni dei miei Migliori Amici: un viaggio attraverso l’antisemitismo del 21º secolo. “Dire che gli ebrei sono la sola nazionale mondo che non ha il diritto all’autodeterminazione, far passare Israele per un’incarnazione moderna della Germania nazista o del Sudafrica dell’apartheid, affermare che “la lobby israeliana” manipola nell’ombra la politica estera americana, questo è senza tema di errore antisemitismo.”
I CUOTI RIVOLTI AD EST
Nel 1997 ho scritto un libro sulle minoranze musulmane in Europa intitolato Un Cuore Rivolto ad Est. Era ottimista e, con il senno di poi, piuttosto ingenuo. Viaggiai attraverso la Francia, la Germania, Inghilterra, la Turchia e la Bosnia. All’epoca speravo che in Europa potesse emergere un islam tollerante e moderno secondo la tradizione ottomana. Gli ottomani non erano perfetti, ma furono abbastanza tolleranti soprattutto se li confrontiamo con la Chiesa cattolica. In Francia ho incontrato intellettuali musulmani, esiliati ed artisti. Erano risentiti per il loro status di seconda categoria ed erano stati feriti dal razzismo e dalla discriminazione. Ma la loro rabbia era diretta verso le autorità francesi e cercavano una coesistenza con i loro compatrioti ebrei.
Allora, cosa è andato storto? Sotto la superficie c’era una tendenza, ma pochi l’avevano notata. Datava dall’epoca della rivoluzione islamica in Iran, l’assedio della Mecca e l’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979, dice Ghaffar Hussain della Fondazione Quilliam, un think-tank anti-estremista a Londra. “L’estremismo islamico ha vissuto un periodo di crescita globale negli anni successivi al 1979. E questi eventi hanno favorito gli islamici.” Quella rabbia è stata ulteriormente alimentata dalla guerra in Bosnia aiutando una presa di coscienza globale musulmana. Molte comunità musulmane occidentali soffrono di una crisi di identità, dice Hussain. La politica dell’odio offre una facile scappatoia ed un mezzo per scaricare su altri i propri sensi di colpa. “In molti casi riverbera con le esperienze di vita dei giovani musulmani. Essi si sentono alienati e deprivati a causa di esperienze negative, inadeguatezze personali o anche differenze culturali.”
Ebrei, musulmani, africani ed altri immigrati un tempo vivevano in ragionevole armonia nelle periferie, condividendo tempi difficili. La Haine (L’odio), un thriller di grandissimo successo diretto da Mathieu Kassovitz nel 1995, aveva tre protagonisti: un ebreo, un afro-francese ed un terzo di famiglia nordafricana. Tutti e tre gli amici subivano violenza e brutalità. Un film così sarebbe quasi inimmaginabile oggi. La svolta è avvenuta nel gennaio 2006 con il rapimento e l’assassinio di Ilan Halimi. Ventitreenne, venditore di telefonini, Halimi fu attratto in una trappola, rapito e tenuto per tre settimane a Bagneux, fuori Parigi. Lì fu torturato mentre suoi rapitori telefonavano alla sua famiglia in modo che potesse sentire i suoi urli. Youssuf Fofana, il capobanda, fu poi condannato all’ergastolo. Uno degli aspetti più orribili del caso fu che 28 persone erano coinvolte nel rapimento e molte di più, che vivevano nell’immobile, ne erano a conoscenza. “L’assassinio di Ilan Halimi fu il primo caso di assassinio di un ebreo perché era un ebreo,” dice Roger Cukierman, presidente del Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche di Francia (CRIF). “Il pregiudizio e mancanza di umanità furono impressionanti. È incredibile che in 24 giorni sia stato trattenuto e torturato senza che nemmeno una delle persone coinvolte abbia preso in considerazione di fare una chiamata anonima alla polizia.
Molti rimproverano al controverso comico Dieudonne e alla sua “quenelle”, una versione modificata del saluto nazista, di fomentare l’odio. I social media sono invasi dai suoi seguaci, che mostrano la quenelle davanti a sinagoghe, memoriali dell’Olocausto, la scuola di Tolosa dove tre bimbi ebrei e un insegnante furono assassinati e perfino di fronte ai cancelli di Auschwitz.
Dieudonne nega che il suo gesto sia antisemita. La quenelle, dice, è un “gesto di liberazione” dalla schiavitù. Dieudonne è anche il creatore della canzone “ShoaNanas” (Ananas dell’Olocausto) che canta accompagnato da un giovane uomo che porta una grossa stella gialla su un pigiama. Ora un nuovo ingrediente è stato gettato nel calderone: le guerre in Siria ed Iraq. Il governo francese ritiene che 800 jihadisti [francesi] stiano combattendo in Siria accompagnati da diverse centinaia provenienti dall’Inghilterra. Tra di loro c’era Mehdi Nemmouche, accusato dell’attacco al museo ebraico di Bruxelles. La polizia francese lo ha trovato in possesso di un fucile d’assalto Kalashnikov e di una pistola che ritengono siano quelli utilizzati nell’attacco. Insieme alle armi la polizia ha trovato un drappo bianco ricamato con lo stemma dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), la milizia giudicata troppo estremista perfino da al-Qaida, che ha catturato ampie regioni dell’Iraq. Nel marzo 2012 a Tolosa un uomo armato ha ucciso sette persone, compreso un insegnante e tre bambini, in una scuola ebraica. “Gli ebrei in Francia o in Belgio vengono uccisi perché sono ebrei,” afferma Cukierman. “Il Jihadismo è divenuto il nuovo nazismo. È questo che porta la gente a considerare di abbandonare la Francia.” Gli assassinii non hanno attenuato l’odio anti-ebraico. Al contrario, sembrano aver alimentato le fiamme. Questo esplodere di antisemitismo ha portato ad un aumento vertiginoso dell’emigrazione verso Israele. Nel 2011 e 2012 un po’ meno di 2000 ebrei francesi sono emigrati in Israele.
Nel 2013, l’anno dopo l’attacco di Tolosa, 3289 sono partiti. Nel primo quadrimestre di quest’anno 1778 ebrei sono emigrati. “Quest’anno mi aspetto che partano cinque o 6000 ebrei,” dice Cukierman. “Se si trasferiscono in Israele per sionismo, va tutto bene. Ma se lo fanno per paura, allora la cosa non è piacevole. Il problema è che la democrazia non è ben equipaggiata per combattere il terrorismo. Abbiamo visto a Tolosa e Bruxelles cos’è il terrorismo.”
ATTACCHI TERRORISTICI
In tutta Europa le comunità ebraiche stanno investendo in infrastrutture di sicurezza ed aumentando la protezione. Dopo gli attacchi di Tolosa, l’Agenzia Ebraica ha stabilito un fondo di assistenza d’emergenza. Fino ad oggi ha distribuito quasi 4 milioni di dollari per rafforzare la sicurezza di 116 istituzioni ebraiche in più di 30 paesi. In Inghilterra il governo spende 2 milioni e mezzo di sterline all’anno per il servizio di protezione delle scuole ebraiche. C’è una connessione diretta tra gli eventi in Medioriente, specialmente quelli che riguardano Israele e la Palestina, e l’incremento abnorme dell’antisemitismo, afferma Mark Gardener, portavoce del CST. Gaza ha causato un nuovo picco di attacchi. “La situazione è come quella di una pentola pressione, basta un niente per farla esplodere, e le comunità ebraiche sono l’obiettivo degli attacchi razzisti.” Fino ad ora gli ebrei inglesi non hanno subito un attacco terrorista come quelli di Tolosa o di Bruxelles, ma non certo perché i jiahadisti non ci abbiano provato. Nel 2011 le truppe somale hanno ucciso un leader di al-Qaida in Africa quando ha tentato di sfondare un posto di blocco con la sua macchina. Documenti trovati dentro l’auto comprendevano piani dettagliati per attacchi all’Eaton College, agli alberghi Ritz e Dorchester, ai sobborghi di Londra Golden Green e Stamford Hill che hanno una consistente popolazione ebraica.
L’anno successivo nove jihadisti inglesi sono stati condannati per aver pianificato attacchi terroristici diretti anche a due rabbini; una copia, marito e moglie di Oldham, nel nord dell’Inghilterra, sono stati condannati per aver pianificato attacchi terroristici contro la comunità ebraica di Manchester.
I musulmani sono sproporzionatamente rappresentati tra coloro che sono coinvolti in attacchi antisemiti, afferma Gardener. “Non siamo agli estremi come in Francia, Belgio, Olanda o Malmo, dove i livelli di antisemitismo rendono difficile la vita degli ebrei, ma è comunque un fenomeno. Un gran numero di musulmani credono che la distruzione delle Torri Gemelle sia stata una cospirazione ebraica, che gli ebrei gestiscono i media e che il denaro ebraico controlli i politici. Naturalmente ci sono organizzazioni musulmane che si schierano contro l’antisemitismo e molti leader musulmani sono pienamente consapevoli del danno che l’antisemitismo provoca alle loro stesse comunità.”
Eppure la situazione non è tutta desolante. A Berlino e a Budapest la vita ebraica sta fiorendo. L’epicentro dell’Olocausto sembra essere improbabile come centro del rinascimento ebraico. Invece la capitale tedesca ospita oggi una delle comunità ebraiche più in crescita, che accoglie ormai decine di migliaia di ebrei. Cresce la convinzione, in particolare nei giovani tedeschi, che la città sarebbe incompleta senza una presenza ebraica, specialmente nelle arti, nella cultura e nella letteratura. I gloriosi giorni dell’anteguerra non si potranno mai ricreare, ma possono essere ricordati ed utilizzati come ispirazione per una nuova forma di cultura tedesco-ebraica.
La rivitalizzazione della Berlino ebraica è rafforzata dagli arrivi dalla Russia e da un crescente numero di israeliani che hanno fatto domanda per ottenere un passaporto tedesco. L’Ungheria ospita la più grande comunità ebraica indigena di quella zona, stimata generalmente tra le 80.000 e le 100.000 persone, anche se solo un quinto sono associate alle istituzioni ebraiche. Eppure la città ha decine di sinagoghe in funzione, un vivace centro comunitario, negozi, bar e ristoranti casher e vi si tiene ogni estate il festival ebraico sostenuto dal governo e dalla municipalità. Il settimo distretto, il tradizionale quartiere ebraico, è la parte parte più hippy della città con numerosi pubs bohemi.
La vita comunitaria era moribonda sotto il comunismo. Fino ad epoca recente le istituzioni ebraiche erano considerate da molti isolate ed autoreferenti. Solo ora c’è una nuova generazione di attivisti come Adam Schonburger che rivitalizzano la vita ebraica, in parte concentrandosi su argomenti culturali, sociali ed etici piuttosto che sulla religione. Schonburger è uno dei fondatori di Siraly, un centro culturale ebraico che riaprirà più tardi, quest’anno. Il risultato è una nuova fiducia tra molti ebrei ungheresi ed un orgoglio per il loro retaggio, tanto che stanno boicottando gli eventi governativi per la commemorazione dell’Olocausto accusando il governo di sminuire la collaborazione del paese all’Olocausto – cosa che il governo smentisce con forza, facendo rilevare come molti uomini pubblici, compreso il presidente, abbiano ammesso le responsabilità dell’Ungheria.
“Dobbiamo ridefinire che cosa significa essere ebrei.” afferma Schonberger. “Non vedo grandi possibilità soltanto attraverso la continuità religiosa. Dobbiamo educare la gente sul suo retaggio e trovare nuovi punti di riferimento attraverso i quali si senta connessa. Può essere un attivismo culturale o sociale, l’idea del Tikkun Olam, la ‘riparazione del mondo’.” ARRICCHIRE UN REGNO
Pochi dei giovani furenti delle periferie sanno che musulmani ed ebrei condividono una storia comune, di tolleranza e convivenza. La vita ebraica fiorì sotto il governo islamico della Spagna, un’era conosciuta come gli Anni d’Oro, che ha prodotto alcune delle più importanti opere ebraiche ed ha visto il fiorire di scienza e conoscenza. Gli ebrei erano consiglieri dei governanti musulmani, dottori, avvocati, insegnanti ed ingegneri. Anche se c’erano sporadici episodi violenza la vita degli ebrei sotto il dominio musulmano nei tempi medievali era di gran lunga più prosperosa, sicura ed integrata che nell’Europa cristiana. Quando nel 1492 di ebrei furono espulsi dalla Spagna, il sultano ottomano Bayezid II non poteva arrivare a crederci e mandò una flotta di navi e raccoglierli. Non poteva lasciarsi sfuggire un tal numero di dottori, avvocati, scienziati commercianti. “Come possono chiamare saggio questo che Ferdinando impoverisce il suo regno e arricchisce il mio?” chiedeva. Gli immigranti ebrei si stabilirono in tutto l’impero Ottomano, da Salonicco a Bagdad. Roger Cukierman pensa che insegnare la storia del retaggio comune e delle radici condivise dell’Islam ed ebraismo potrebbe aiutare a smontare l’odio. “Dobbiamo insegnare ai bambini, dall’età di 5 o 6 anni, il rispetto per i loro vicini di qualunque colore, religione od origine. Questo non si fa oggi. Dobbiamo educare genitori e i media a non promuovere l’odio.”
Leaders moderati musulmani ed ebrei lavorano insieme contro le campagne per abolire la circoncisione e la macellazione rituale, afferma Ghaffar Hussain della Quilliam Foundation. “Si sente solo quello che fanno gli estremisti ma noi dobbiamo sfidare ciò che dicono gli estremisti e lavorare per uno spazio liberale, secolare e democratico, in cui gente con una grande varietà di retroterra diversi possa vivere bene e coesistere.” Il futuro dell’ebraismo europeo non è solo un problema degli ebrei stessi, afferma Natan Sharansky, “Mi piacerebbe vedere delle forti comunità ebraiche in Europa ma esse sono sempre più dubbiose sul loro futuro. I leader europei ce la mettono tutta per convincere che l’Europa è multiculturale e post nazionalista. Ma se la più antica minoranza d’Europa non si sente a proprio agio e sta scomparendo, allora c’è un problema di educazione e cittadinanza. Questa è la sfida per i leaders europei.”.
In vari Paesi europei, come il Belgio e la Francia, la situazione degli ebrei è peggiorata.
In Belgio, un negoziante si è rifiutato di servire un signore poiché questi era ebreo.
In Francia, gli ebrei sono stati attacchi dagli islamici e dai manifestanti pro-Palestina.
Di fronte a ciò, la reazione europea è davvero blanda.
Anzi, mi verrebbe da dire che l'Europa sia indifferente a quanto sta accadendo.
La propaganda di "Pallywood" sta facendo effetto.
Le masse islamiche (che hanno invaso l'Europa) e coloro che manifestano per la Palestina sono riusciti a tradurre la loro avversione verso Israele in antisemitismo vero e proprio.
Con le loro lacrime di coccodrillo ed il loro vittimismo, essi hanno fatto passare gli Israeliani per cattivi e hanno fatto in modo che tutti gli ebrei siano visti come malvagi.
Tanti utili idioti del popolo hanno seguito questi predicatori del terrore.
Oggi vi è un clima simile a quello degli anni '30 del secolo scorso.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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