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sabato 30 agosto 2014

Plinio Correa de Oliveira: "Maometto rinasce...ci vorrà tanto per rendersi conto?"

Cari amici ed amiche,

L'amico e collaboratore Angelo Fazio mi ha segnalato un articolo del sito del Circolo "Plinio Correa de Oliveira" che è intitolato "Maometto rinasce...ci vorrà tanto per rendersi conto di ciò?".
Dell'articolo è interessante la parte che recita:

"Quando studiamo la triste storia della caduta dell'impero dell'Occidente ci costa capire la miopia, la superficialità e la tranquillità dei romani davanti al pericolo che si veniva formando. Roma soffriva, per aggiungere agli altri mali, di un'inveterata abitudine di vincere. Ai loro piedi stavano le più gloriose nazioni dell'antichità, l'Egitto, la Grecia, tutta l'Asia. La ferocia dei Celti era definitivamente ammansita. Il Reno e il Danubio costituivano per l'Impero una splendida difesa naturale. Come mai aver paura che i barbari che vagavano nelle selve vergini dell'Europa centrale potessero esporre a serio pericolo una così immensa struttura politica?

Abituati a questa visione, i romani non hanno avuto la flessibilità di spirito per capire la situazione nuova che pian piano si stava creando. I barbari hanno scavalcato il Reno, hanno incominciato la loro invasione, davanti a loro la resistenza delle legioni romane era debole, indecisa, insufficiente. Però i romani continuavano a ignorare il pericolo, ossessionati da un lato dalla sete assorbente dei piaceri, e dall'altro illusi da quello che si potrebbe chiamare in una detestabile terminologia freudiana "un complesso di superiorità". È ciò che spiega il sopore mortale in cui si sono conservati fino alla fine.

Anche se consideriamo dentro questo insieme il mistero dell'inerzia romana, il quadro ci sembra particolare e magari un po' forzato. Lo capiremo meglio se consideriamo un altro grande mistero che si para davanti ai nostri occhi, del quale siamo in un certo modo partecipi: la grande inerzia dell'Occidente cristiano di fronte alla rinascita del paganesimo afroasiatico.

L'argomento è troppo vasto per essere trattato in blocco. Basterà, per comprenderlo bene, considerare soltanto uno degli aspetti del fenomeno: il rinnovamento del mondo musulmano.

Ricordiamo rapidamente alcuni dati generali del problema. Come si sa, il mondo maomettano abbraccia una striscia territoriale che comincia in India, passa per l'Arabia e l'Asia minore, raggiunge l'Egitto e va a finire nell'Oceano Atlantico. La zona di influenza dell'Islam è immensa sotto tutti i punti di vista: territorio, popolazione, ricchezze naturali. Però fino a qualche tempo fa certi fattori inutilizzavano in maniera quasi completa tutto questo potere.

Il legame che potrebbe unire i maomettani di tutto il mondo sarebbe, evidentemente, la religione del Profeta. Però questa si presentava divisa, debole, e totalmente sprovvista di uomini notabili nelle sfere del pensiero, del comando, o dell'azione. Il maomettanismo vegetava e questo sembrava bastare perfettamente allo zelo degli alti dignitari dell'Islam. Lo stesso piacere per la stagnazione e per la vita semplicemente vegetativa era un male da cui era colpita anche la vita economica e politica dei popoli maomettani dell'Asia e dell'Africa.







Nessun uomo di valore, nessuna idea nuova, nessuna impresa veramente grande poteva affermarsi in questa atmosfera. Ogni nazione maomettana si chiudeva su se stessa, indifferente ad ogni cosa che non fosse il piacere tranquillo e piccolo della vita quotidiana. Così ognuno viveva in un mondo proprio, diversificato dagli altri dalle loro tradizioni storiche profondamente diverse, tutti separati dalla loro reciproca indifferenza, incapaci di capire, desiderare e realizzare un'opera comune.

In questo quadro religioso e politico così deprimente, lo sfruttamento delle ricchezze naturali del mondo maomettano, ricchezze che considerate nel loro insieme costituivano uno dei maggiori potenziali del globo, era manifestamente impossibile. Tutto, quindi, non era altro che rovina, disaggregazione e torpore.

Così l'Oriente trascinava i suoi giorni mentre l'Occidente arrivava allo zenit della sua prosperità. Dall'era vittoriana, un'atmosfera di giovinezza, di entusiasmo e di speranza soffiava nell'Europa e nell'America. I progressi della scienza avevano rinnovato gli aspetti materiali della vita occidentale. Le promesse della Rivoluzione trovavano credito e negli ultimi anni del XIX secolo vi erano coloro che aspettavano il XX secolo come l'età dell'oro dell'umanità.

È chiaro che un occidentale messo in questo ambiente si rendeva conto profondamente dell'inerzia e dell'impotenza dell'Oriente. Parlargli della possibilità di rinascita del mondo maomettano gli sarebbe sembrato qualcosa di così irrealizzabile e anacronistica quanto il ritorno agli abbigliamenti, ai metodi di guerra, e alla mappa politica del Medioevo
.".

Ringrazio il mio caro amico Angelo.
Con la caduta dell'Impero Ottomano, nel 1918, si pensò che il fondamentalismo non rappresentasse più una minaccia .
Questo (unito alla secolarizzazione) fece sì che l'Europa e l'Occidente abbassassero la guardia.
In realtà, il mondo islamico di allora si poteva paragonare ad un ammasso di braci che sotto covavano ancora un fuoco.
L'Occidente e l'Europa, però, non se ne accorsero in tempo.
Così, per avere maggiore manodopera, vennero accolti nei Paesi stranieri immigrati di religione islamica.
Oggi, però, noi Europei ed Occidentali rischiamo di pagare un prezzo troppo alto.
Per sue caratteristiche, l'Islam non è una religione che si integra in una società come la nostra poiché nella sua visione più ortodossa ogni cosa è vista come espressione dell'Islam stesso.
Non c'è una separazione tra mondo secolare e mondo spirituale, cosa che c'è nella visione cristiana.
Quindi, quello che non è pienamente conforme al dettame coranico nell'Islam potrebbe non essere accettato e potrebbe essere dichiarato da combattere.
Di fronte a ciò, questa Europa scristianizzata e questa cristianità lacerata dalle divisioni rischia di non trovare una risposta.
Il problema è stato a lungo sottovalutato e solo il fattaccio dell'11 settembre 2001 lo ha reso palese.
Purtroppo, sembra che l'Occidente stia continuando a sbagliare, continuando a parlare di "laicità" (senza intendere cosa sia realmente il concetto di laicità), di "pace" e di "tolleranza", quando (spesso e volentieri) questo principio non è rispettato dall'altra parte.
Queste idee della "pace a tutti i costi" è presente anche in certa parte del mondo cattolico.
Qui da noi continuano a sorgere moschee mentre (salvo in qualche caso) nei Paesi musulmani non si fanno le chiese per i cristiani che (ricordo) sono in molti di quei territori da prima della religione islamica.
Da subito, l'Occidente avrebbe dovuto esigere la reciprocità.
Stiamo peccando di presunzione?
La risposta è affermativa.
Noi abbiamo creduto di potere fare a meno di Dio, recidendo le nostre radici che affondano nella tradizione giudaico-cristiana.
Ad un popolo che non ha più le sue radici un altro può imporre le proprie.
Così vi sono stati casi di Occidentali che si sono fatti musulmani credendo alla storiella secondo cui tutti gli uomini nascono di religione islamica e poi si fanno corrompere dagli errori dell'Ebraismo o del Cristianesimo.
Una persona forte nei propri valori non può credere ad una storia simile.
Evidentemente, qui c'è una decadenza.
Quante Torri Gemelle dovranno crollare per capire che stiamo sbagliando?
Quanti cristiani dovranno morire in Medio Oriente per capire che stiamo sbagliando?
Recuperiamo alla svelta le nostre radici e piantiamola con i pacifismi di vario genere.
Cordiali saluti.








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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screenshot del Corriere della Sera.