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mercoledì 6 aprile 2016

Caso Regeni, l'Egitto dovrebbe chiarire ma...

Cari amici ed amiche,

come riporta "Il Giornale", il racconto sulla morte di Giulio Regeni, il giovane scomparso in Egitto il 25 gennaio scorso e trovato morto successivamente, tira in ballo pezzi dello Stato egiziano.


Come racconta Repubblica, da cui ha attinto "Il Giornale",  che raccoglie le informazioni da un anonimo della polizia segreta egiziana, i vertici egiziani vengono incastrati da tre macabri dettagli confermati dalla autopsia.

"L'ordine di sequestrare Giulio Regeni - scrive l'Anonimo - è stato impartito dal generaleKhaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza". E' il distretto in cui Regeni scompare il 25 gennaio. Subito dopo il ritrovamento del cadavere, Shalabi si spende prima per far passare la tesi dell'incidente stradale, poi per far credere a un delitto a sfondo omosessuale. "Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza Nazionale - continua - e fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per ventiquattro ore". Ma cosa succede nella caserma di Giza? L'anonimo lo racconta nei minimi particolari. Dopo essere stato "privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell'Ambasciata italiana", arriva il primo violentissimo pestaggio. Da Regeni vogliono sapere "la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando.

Passano i giorni. Tra il 26 e il 27 gennaio, su "ordine del Ministero dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar", Regeni viene trasferito "in una sede della Sicurezza Nazionale a Nasr City". In questo frangente interviene anche il capo della Sicurezza Nazionale, Mohamed Sharawy, che "chiede e ottiene direttive dal ministro dell'Interno su come sciogliergli la lingua. E così cominciano 48 ore di torture progressive". Regeni viene"picchiato al volto", "bastonato sotto la pianta dei piedi", "appeso a una porta" e "sottoposto a scariche elettriche in parti delicate", "privato di acqua, cibo, sonno", "lasciato nudo in piedi in una stanza dal pavimento coperto di acqua, che viene elettrificata ogni trenta minuti per alcuni secondi". I carcerieri non riescono a trovare quello che cercano. Tanto che interviene "il consigliere del Presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l'ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari, anche questa a Nasr city, perché venga interrogato da loro". Secondo l'anonimo sentito da Repubblica, "i Servizi militari vogliono dimostrare al Presidente che sono più forti e duri della Sicurezza Nazionale".


Finito in mano ai Servizi militari Regeni "viene colpito con una sorta di baionetta" e pestato a ripetizione tanto che gli stati di incoscienza diventano sempre più lunghi. "I medici militari visitano il ragazzo e sostengono che sta fingendo di star male e che la tortura può continuare - continua l'anonimo - questa volta con lo spegnimento di mozziconi di sigaretta sul collo e le orecchie". Regeni non resiste oltre e crolla. "A nulla valgono i tentativi dei medici militari di rianimarlo - racconta ancora - viene messo in una cella frigorifera dell'ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne". Durante una riunione in cui sono presenti "Al Sisi, il ministro dell'Interno, i capi dei due Servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja", viene deciso di "far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore". Il cadavere viene, quindi, "trasferito di notte dall'ospedale militare di Kobri a bordo di un'ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria".

In primo luogo, si dovrebbe capire cosa stesse facendo Giulio Regeni in Egitto.
Giulio Regeni era lì per motivi di studio o per altro?
Se si va in un Paese in cui ci sono situazioni di tensione e si va lì per fare politica, certi rischi ci sono.
In secondo luogo, se proprio Regeni era in Egitto per fare politica ed aveva fatto qualcosa che lo aveva reso sgradito agli occhi delle autorità egiziane, queste ultime avrebbero dovuto prenderlo, metterlo sul primo aereo per Roma o per Milano e rimandarlo qui in Italia sano e salvo, come hanno fatto gli israeliani con Samantha Comizzoli.
Comunque, l'Italia deve chiedere chiarezza riguardo a Regeni e l'Egitto deve dare delle spiegazioni.
Cordiali saluti. 






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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".