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venerdì 22 aprile 2016

Referendum costituzionale: le ragioni del no

Cari amici ed amiche,

questo autunno ci sarà il referendum sulla riforma costituzionale voluta dal premier Matteo Renzi.
Un articolo de "Il Giornale" riporta il parere di oltre cinquantasei giuristi che spiegano le ragioni del no a tale riforma.
Riporto questo stralcio dell'articolo:

"Oltre cinquanta costituzionalisti, capeggiati da Valerio Onida, si schierano contro la riforma, su cui in autunno gli italiani saranno chiamati a esprimersi con il referendum confermativo. Sono cinquantasei, per l'esattezza, da Francesco Paolo Casavola a Gianmaria Flick, da Franco Gallo a Gustavo Zagrebelsky, per citare solo alcuni dei firmatari che hanno redatto un documento in sette punti, in cui manifestano "preoccupazione" perché il testo della riforma si presenta "come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare ("abbiamo i numeri") anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo".

La preoccupazione dei giuristi verte anche sul fatto che il processo di riforma, "pur originato da condivisibili intenti di miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, si è tradotto infine, per i contenuti ad esso dati e per le modalità del suo esame e della sua approvazione parlamentare, nonché della sua presentazione al pubblico in vista del voto popolare, in una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell'appannamento di alcuni dei criteri portanti dell'impianto e dello spirito della Costituzione". I costituzionalisti osservano quindi che "se il referendum fosse indetto - come oggi si prevede - su un unico quesito, di approvazione o no dell'intera riforma, l'elettore sarebbe costretto ad un voto unico, su un testo non omogeneo, facendo prevalere, in un senso o nell'altro, ragioni politiche estranee al merito della legge". Insomma, c'è il rischio, anzi la certezza, che il voto sulla Carta si trasformi in voto politico sul governo. Sarebbe invece profondamente diverso se agli italiani fosse data la possibilità di "votare separatamente sui singoli grandi temi in esso affrontati (così come se si fosse scomposta la riforma in più progetti, approvati dal parlamento separatamente)".

I 56 costituzionalisti firmatari del documento spiegano: "Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l'anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo ma di fronte alla prospettiva che la legge costituzionale di riforma della Costituzione sia sottoposta a referendum nel prossimo autunno, i sottoscritti docenti, studiosi e studiose di diritto costituzionale, ritengono doveroso esprimere alcune valutazioni critiche. Alla luce dei motivi esposti nel documento pur essendo noi convinti dell'opportunità di interventi riformatori che investano l'attuale bicameralismo e i rapporti fra Stato e Regioni l'orientamento che esprimiamo è contrario, nel merito, a questo testo di riforma. Ciò peraltro senza nemmeno riequilibrare dal punto di vista numerico le componenti del parlamento in seduta comune, che è chiamato ad eleggere organi di garanzia come il Presidente della Repubblica e una parte dell'organo di governo della magistratura: così che queste delicate scelte rischierebbero di ricadere anch'esse nella sfera di influenza dominante del Governo attraverso il controllo della propria maggioranza, specie se il sistema di elezione della Camera fosse improntato (come lo è secondo la legge da poco approvata) a un forte effetto maggioritario""
.

Personalità come Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky non sono di centrodestra.
In poche parole, una riforma dal genere porterebbe al governo una minoranza e (di fatto) restringerebbe gli spazi di democrazia, con un Senato non più elettivo ed una Camera eletta con una legge elettorale che darebbe una maggioranza ad un partito, a prescindere dal numero di voti presi.
Di fronte a ciò, non ci sarebbe neppure un contro-potere a riequilibrare le cose.
Le opposizioni non avrebbero garanzie.
Ricordo che il Parlamento elegge il presidente della Repubblica e fare eleggere il presidente della Repubblica ad un Parlamento che di fatto non rispecchierebbe il responso delle urne potrebbe essere pericoloso.
Cordiali saluti.

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