Su "Atlantico Quotidiano" vi è un articolo di Gianluca Spera che è intitolato "Dal campo largo al vicolo stretto (e litigiosetto): rigorismo sanitario unico collante".
Ne riporto questo stralcio:
"In questo inizio di campagna elettorale, caratterizzato da molto tatticismo e poca strategia, non si parla di programmi ma la scena è dominata dalle ipotesi di alleanze più o meno allargate. In particolare, grande è la confusione che regna nel centrosinistra ancora traumatizzato dalla fine prematura del governo Draghi, che ha portato inevitabilmente alla “rottura irreversibile” con quel che resta della galassia pentastellata a conduzione contiana.
Un vicolo stretto
Ma a Enrico Letta, proclamatosi front runner della coalizione, aver spezzato il legame con la compagine grillina (ritenuta responsabile della caduta dell’Esecutivo) non è stato sufficiente per rimettere in sesto il suo campo largo che assomiglia sempre più a un vicolo stretto. D’altronde, la velleità di costruire un’alleanza disomogenea che tenga insieme tutto e tutti, da Fratoianni a Brunetta, sconta delle prevedibili difficoltà e non assicura neppure un risultato elettorale apprezzabile,
Le tre punte
Infatti, da una parte, c’è la pressione di chi vuole assicurarsi un posto nel listino essendo rimasto senza partito o militando in formazioni che farebbero fatica a raggiungere il quorum. Non a caso, i più attivi in questa fase convulsa sono due ministri ancora in carica, Luigi Di Maio e Roberto Speranza. Il primo filtra con Beppe Sala, sindaco di Milano, e si rivolge a Tabacci per il simbolo.
Il secondo ha già aderito al progetto unitario “con grande convinzione”. Come se avesse avuto un’alternativa. Non a caso, Letta ha indicato proprio Di Maio e Speranza come punte di diamante della nascente coalizione.
L’altra sarebbe Carlo Calenda che, forte di alcuni sondaggi favorevoli, vuol far pesare il suo consenso tanto è vero che si è proposto addirittura come candidato premier. Questo ha fatto storcere il naso a molti, soprattutto nella sinistra più massimalista che percepisce Calenda come un “liberista” (cosa su cui ci sarebbe parecchio da discutere)".
Un vicolo stretto
Ma a Enrico Letta, proclamatosi front runner della coalizione, aver spezzato il legame con la compagine grillina (ritenuta responsabile della caduta dell’Esecutivo) non è stato sufficiente per rimettere in sesto il suo campo largo che assomiglia sempre più a un vicolo stretto. D’altronde, la velleità di costruire un’alleanza disomogenea che tenga insieme tutto e tutti, da Fratoianni a Brunetta, sconta delle prevedibili difficoltà e non assicura neppure un risultato elettorale apprezzabile,
Le tre punte
Infatti, da una parte, c’è la pressione di chi vuole assicurarsi un posto nel listino essendo rimasto senza partito o militando in formazioni che farebbero fatica a raggiungere il quorum. Non a caso, i più attivi in questa fase convulsa sono due ministri ancora in carica, Luigi Di Maio e Roberto Speranza. Il primo filtra con Beppe Sala, sindaco di Milano, e si rivolge a Tabacci per il simbolo.
Il secondo ha già aderito al progetto unitario “con grande convinzione”. Come se avesse avuto un’alternativa. Non a caso, Letta ha indicato proprio Di Maio e Speranza come punte di diamante della nascente coalizione.
L’altra sarebbe Carlo Calenda che, forte di alcuni sondaggi favorevoli, vuol far pesare il suo consenso tanto è vero che si è proposto addirittura come candidato premier. Questo ha fatto storcere il naso a molti, soprattutto nella sinistra più massimalista che percepisce Calenda come un “liberista” (cosa su cui ci sarebbe parecchio da discutere)".
Ricandida personaggi che hanno condotto una politica discutibile, come i ministri Di Maio e Speranza.
Sembra che Letta voglia riproporre una coalizione simile a quella che nel 2006 vinse le elezioni con uno scarto di soli 24.000 voti alla Camera dei Deputati e che al Senato ebbe la maggioranza solo per effetto del voto estero.
Il Governo che espresse, presieduto da Romano Prodi, cadde solo dopo due anni.
Coalizioni di questo tipo nascono solo per battere l'avversario e non per governare.
Questo è veramente triste.
Oltretutto, un Governo espresso da una coalizione simile sarebbe un Governo preda dell'immobilismo.
Infatti, i veti incrociati terrebbero il Governo nell'immobilismo perché le anime al suo interno sarebbero troppo variegate.
Le differenze in un'alleanza sono una ricchezza ma solo quando ci sono dei nobili intenti in comune e ci sono dei valori di fondo in comune.
Ergo, ci si deve alleare per dare un buon governo all'Italia.
Per fare ciò servono delle affinità.
Invece, quando gli unici scopi di un'alleanza sono solo il potere e la voglia di mantenere lo status quo, senza neppure avere dei valori comuni, nascono solo guai.
Non si fa politica contro qualcuno per il bene della gente.
Sembra che al Nazareno (sede del Partito Democratico) non lo abbiano capito e che tuttora non lo vogliano capire.
I democratici sono così pieni di odio per il centrodestra che sono disposti anche a vendere l'anima al diavolo in persona pur di centrare la vittoria.
Il problema è il fatto che, come ho scritto prima, da simili accozzaglie non può nascere nulla di buono per l'Italia.
I veri irresponsabili sono il Partito Democratico e quelli che stanno con esso.
Ai loro esponenti interessano solo il potere e le poltrone.
Se l'Italia andasse in malora non piangerebbero.
Anzi, si metterebbero a ridere perché dimostrerebbero di essere in grado di infinocchiare un popolo con le loro promesse.
Letta vuole fare il "campo largo" ma tale progetto rischia di diventare un casino.
Dal "campo largo" al casino il salto è breve e il casino potrebbe essere un problema per noi italiani, se questa accozzaglia governasse.
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