Il fondatore ed amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg ha annunciato che il social-network da lui fondato ha "smesso di raccomandare gruppi militanti o politici negli Stati Uniti con l'avvicinarsi delle elezioni".
Ora, questa politica di Facebook sarà estesa a tutti.
Zuckerberg ha annunziato ciò "per scoraggiare conversazioni divisive".
A casa mia, questa scelta si chiama censura.
Annunzio da subito che se dovessi subire nuove censure, io sarei pronto a lasciare Facebook.
Infatti, Facebook non è una testata giornalistica (la quale ha una legittima linea editoriale) ma è una piattaforma aperta a tutti.
Ergo, ognuno può pubblicare ciò che vuole a patto che non violi la legge.
Per sanzionare i contenuti illegali vi è già la legge.
Penso, per esempio, al reato di diffamazione.
Una persona che diffama un'altra può essere punita dalla legge dello Stato.
Quelli come me non stanno su Facebook per parlare del gatto e del cane o della torta o del piatto di pasta, con tutto il rispetto per il gatto, per il cane o per tutto il resto.
Ultimamente, pubblico anche foto di cucina, visto che mi piace dilettarmi ai fornelli.
Però, io parlo anche di politica, oltre che di cultura.
Ho delle idee politiche ed una tessera di partito, come semplice militante, e dunque esprimo le mie idee.
Perché mai non dovrei esprimere le mie idee?
Mi fa specie che un americano come Zuckerberg, da sempre attento alle libertà individuali, voglia tappare la bocca alla gente.
Mi risulta che l'America sia un'altra cosa.
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