Presentazione

Presentazione
Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

Il mio libro sul Covid

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

Il mio libro

Il mio libro

Il mio libro

giovedì 9 gennaio 2014

Alcune dispute sulle possibili origini pellerossa del sistema federale degli Stati Uniti

Cari amici ed amiche.

Il mio collaboratore ed amico Angelo Fazio mi ha inoltrato questo suo saggio:

"Circolano suggestive ipotesi circa le origini dell’attuale sistema federale degli Stati Uniti d’America.

Vi è chi sostiene che dietro al riuscitissimo esperimento messo in atto dai padri fondatori dell’America, (ovvero la scelta delle ex colonie britanniche nord-americane di legarsi politicamente in una federazione di stati dopo l’indipendenza ottenuta dall’ex madre-patria), vi sia stata nientedimeno che un’influenza dei nativi americani.

Più precisamente degli irochesi, un’etnia pellerossa originaria degli Appalachi che, all’arrivo dei primi coloni europei nel XVII secolo, occupava il territorio dell’attuale stato di New York e parte dell’odierno suolo meridionale canadese.

Gli irochesi, ben noti per essere delle tribù di estrazione guerriera (spesso erano infatti impegnati in lotte con altri indiani), occupavano un ruolo molto particolare nelle epoche precedenti alla nascita degli Stati Uniti. Essi erano dotati di un sistema politico-decisionale molto più complesso rispetto a quello degli altri indiani che componevano il variopinto mosaico delle “cinquecento nazioni pellerossa” e, dal XIV secolo in poi, le tribù irochesi erano legate da un sistema di confederazione.

La “Lega delle nazioni irochesi” (o semplicemente “Confederazione Irochese”) era basata sulla loro organizzazione in clan, su appartenenze matrilineari e sulle fedeltà che ne derivavano. Le nazioni irochesi erano in tutto sei: Mohawk, Oneida, Onondaga, Cayuga, Seneca e Tuscarora.

Questa organizzazione era nata nel XIV secolo per volere del capo irochese Deganawidah (“Il Grande Pacificatore”) che istituì la Lega per porre freno al disastroso fenomeno degli scontri fra le tribù, attraverso la diffusione della “Gayanashagowa” (la “Grande legge di pace” su cui si basava le Confederazione irochese).

“Il Grande Pacificatore”, in questa opera, era affiancato da un tale Hiawatha, altro capo irochese che condivideva questi principi. Eravamo attorno al 1570.

Ne conseguì che gli irochesi diventarono una fiorente realtà politica, commerciale e militare, che si poneva certamente ad un livello ben superiore rispetto a quella delle altre nazioni indiane. In seguito, le tribù irochesi svilupparono dei meccanismi decisionali molto complessi e adeguati alla loro realtà.

Ma in che modo gli irochesi e le loro tradizioni possono collocarsi alle origini del sistema federale degli Stati Uniti, visto che, durante la guerra di indipendenza, la maggior parte di loro si alleò militarmente con la Gran Bretagna (tranne gli Oneida e buona parte dei Tuscarora)?

Si sa anche di alcune vittorie che gli irochesi filo-britannici in armi conseguirono contro gli americani. Ovviamente, il conflitto si concluse per loro (e, soprattutto per gli alleati inglesi) con una sconfitta, (come è risaputo), nel 1783 e con la fondazione degli Stati Uniti.

Nel corso del conflitto, un corpo di combattenti volontari irochesi che sostenevano le giubbe rosse inglesi (questi indiani erano comandati dal loro capo politico-militare Joseph Brant e inquadrati nelle truppe del generale John Butler) aveva tenuto testa agli americani nel Delaware, infliggendogli anche una sonora sconfitta nella battaglia del Minisink, il 22 luglio 1779.

Sempre nel corso del 1779, George Washington aveva l’ordine al suo esercito di distruggere tutto ciò che era indiano e per questo il generale (e futuro primo presidente degli Stati Uniti) si guadagnò presso gli irochesi il soprannome di “distruttore della città”.

Dopo l’autonomia sancita dalle ex colonie britanniche in Nord-America, gli irochesi risiedenti nel territorio americano si trasferirono in buona parte nell’Ontario e nel Québec (due delle attuali provincie canadesi). Praticamente, dopo la guerra, si consumò una sorta di “secessione irochese” fra il grosso di chi aveva sostenuto gli inglesi e chi si era schierato con i coloni: i primi (la fazione guidata da Brant) si trasferirono in buona parte in Canada, i secondi rimasero nei territori statunitensi.


Teniamo conto inoltre che, alla fine del conflitto, il problema degli Irochesi e della loro sovranità non fu tenuto in considerazione ne dagli americani ne dagli inglesi che, nel trattato di Parigi, non ne fecero alcun cenno, con grande delusione dei diretti interessati (che si ritennero delusi dai britannici per il mancato mantenimento da parte loro della promessa di protezione). Era dato per scontato da entrambi i contraenti che le terre degli irochesi si ponevano sotto la giurisdizione statunitense.

In seguito, il “Trattato di Forth Stanvix” (siglato precedentemente dai nativi americani con le autorità dell’impero britannico, nel 1768, allo scopo di definire i confini), venne adattato ai rapporti fra gli irochesi e le neonate autorità americane.

Quindi, alla luce di ciò, sembrerebbe difficile immaginare un qualche tipo di influenza irochese sulla costruzione federale degli Stati Uniti. Ma in realtà c’è di più.

Sappiamo che, molti anni prima, nel 1754 si era tenuto il Congresso di Albany, un evento molto importante della storia delle colonie nord-americane di Sua Maestà britannica che qualche decennio dopo avrebbero sancito l’indipendenza.

Ad Albany (attuale capoluogo dello stato di New York) i delegati presero delle decisioni molto importanti e influenti per l’evoluzione degli eventi che avrebbero portato alla nascita degli Stati Uniti d’America.

In quella assise prese parte, in rappresentanza della Lega irochese, un tale Canatassego, capo-tribù della nazione Onondaga. Egli era decisamente stanco di dover trattare ogni cosa con i funzionari di ogni singola colonia, quindi propose ai rappresentanti coloniali di costituire un sistema federale, adducendo come esempio proprio il buon funzionamento della Confederazione.

Qui Canatassego, per mostrare la bontà dell’idea, si avvalse di un simbolo: un fascio di sei frecce (una per ogni nazione irochese) che rappresentava la forza e la coesione della Lega.

L’idea piacque a Benjamin Franklyn (filosofo, inventore e importantissimo padre costituente degli Stati Uniti) che la adottò e la portò di fronte ai delegati coloniali per sottoporla a votazione. Era il cosiddetto “documento di Albany”, che proponeva per la prima volta di legare le colonie nord-americane in un sistema politico di tipo federale.

Il piano venne respinto dalle assemblee coloniali, ma era stato fatto il primo significativo passo verso la realizzazione di una struttura politica unitaria per le colonie.

L’appuntamento era solo rimandato. Qualche decennio dopo ci sarà l’acquisizione dell’indipendenza delle colonie e l’adozione da parte loro di un sistema federale.

Questo era stato elaborato dai coloni americani (a guerra in corso) nel Secondo Congresso Continentale del 1781, tramite la promulgazione degli “Articoli della Confederazione”.

La Costituzione degli Stati Uniti, completata nel 1787, era la conclusione del percorso iniziato ad Albany nel 1754.

Era la nascita di quella che sarebbe divenuta la più importante potenza mondiale che, nel bene e nel male, avrebbe inciso sulle sorti dell’Occidente e del mondo intero.

Innanzitutto, pur non sapendo come realmente andarono le cose, abbiamo una prova visiva da non sottovalutare, la quale dimostrerebbe che la Lega Irochese diede un qualche contributo nell’ispirare i padri costituenti nell’America. Tale prova è costituita nientedimeno che dal simbolo nazionale degli Stati Uniti che, come è risaputo, è un’aquila.

Nella sua zampa sinistra l’aquila che rappresenta gli Stati Uniti tiene un fascio di frecce, ovvero proprio il simbolo che il capo-tribù Canatassego utilizzò ad Albany nel 1754 per caldeggiare la sua proposta ai delegati coloniali di dotarsi un sistema federale, mostrando loro la forza della Confederazione Irochese e la bontà di un siffatto sistema politico. In seguito, il numero delle frecce è aumentato.

Si sa anche di un altro aneddoto: i patrioti di Boston che gettarono in mare un carico di thè, come atto dimostrativo (episodio che diede inizio alla guerra di indipendenza) erano vestiti da Mohawk.

Ad inizio del XX secolo, il congresso degli Stati Uniti diede una parvenza di riconoscimento ai meriti degli irochesi (i cui discendenti vivono oggi perlopiù in Canada, ma cospicui gruppi tuttora si trovano confinati nelle riserve negli Stati di New York, dell’Oklahoma e del Wisconsin).

E da questo tentativo da parte delle autorità politiche americane nacque un vivace dibattito fra storici e antropologi esperti di cultura irochese, che si schierarono a pro o a contro, rispetto a quella che venne definita “teoria dell’influenza culturale”. Ne nacque una diabriba dottrinale che infiammò il mondo accademico statunitense negli anni successivi.

Gli autori “contro” si ribellarono con veemenza ad ogni riconoscimento di questo tipo, poiché ritenevano che ciò che aveva ispirato i padri fondatori degli Stati Uniti era da ricercarsi altrove: il Libro dei Giudici della Bibbia, la Lega Achea, la Costituzione della Confederazione Elvetica o il sistema della repubblica delle Provincie Unite d’Olanda.

Inoltre questi studiosi argomentarono accusando gli autori favorevoli all’influenza pellerossa di aver artificiosamente “cucito” tutti i documenti nei quali i funzionari coloniali tessevano le lodi agli irochesi, escludendo volontariamente quelli nei quali invece li definivano “ignoranti”, “rozzi” o “assassini”.

Inoltre, a detta degli autori scettici, quando i rappresentanti della nazioni irochesi si presentavano di fronte alle assemblee coloniali lo facevano per porre lamentele e non certo per proporre soluzioni costruttive!

Un commentatore del “New Yorker” asserì dalle pagine del suo giornale che “questo discorso non è solo falso, ma anche pericoloso!”.

Per contro, gli autori favorevoli a siffatta ipotesi tengono a precisare che, secondo la loro opinione, l’influenza delle nazioni irochesi fu solo parziale e l’architettura della Lega non fu ripresa in toto nel sistema della nascente nazione americana.

In effetti, Thomas Jefferson aveva simpatia per il sistema generalmente egualitario che caratterizzava tutti gli indiani (sosteneva che gli ricordava molto quello delle tribù germaniche). Tuttavia, non lo riteneva applicabile al popolo americano, visto che i meccanismi dei pellerossa erano, a suo dire, più adeguati a popolazioni nomadi e sparse in un determinato territorio che non a quelle evolute che risiedono stabilmente in un luogo.

Inoltre, questi autori schierati a "pro" della teoria dell’influenza culturale aggiungono che i fondatori dell’America non avevano alcuna esperienza diretta con altre realtà federali: è assurdo dunque, secondo loro, ritenere che non vi sia stato nessun tipo di influenza da parte delle nazioni irochesi!

Fra i contrari abbiamo Elisabeth Tooker, un’autrice scettica che fa notare come gli irochesi davano un potere molto rilevante alle donne nelle loro assemblee, mentre la Costituzione Americana, inizialmente, non affidava loro alcun ruolo (neppure il diritto di voto che sarebbe stato esteso molto tempo dopo). Inoltre, sempre secondo la Tooker, il sistema irochese prevedeva molte decisioni unanimi, al contrario del modello americano che predilige invece solitamente il metodo maggioritario.

Chi si è schierato con convinzione a favore, è invece lo studioso Bruce Johansen, secondo cui è difficile negare una simile influenza. Johansen si spinse oltre, fino ad affermare addirittura che "fu solo dopo che i coloni inglesi e francesi entrarono in stretto contatto con gli indiani e i loro usi, che essi cominciarono a sentirsi veramente parte di un nuovo popolo e di una nuova nazione!".

Un’attivista politico di etnia pellerossa, tale Wine Deloria (deceduto da pochi anni a questa parte) ha ravvisato una certa sterilità in questa polemica, da lui vista come una controversia creata ad arte dai vari autori “allo scopo difendere ognuno il proprio orticello”. Una questione di copyright e poco più insomma…
".

Angelo è davvero fantastico.
Spero di valorizzarlo, facendo leggere i suoi saggi.
E' interessante e forse potrebbe gettare una luce nuova sulla storia americana e del Canada.
I nostri libri di storia dipingono i coloni inglesi come accaparratori e gente che di fatto fece un genocidio.
Il fatto che il sistema federale americano (come quello del vicino Canada) possa avere un'origine "indiana" dimostra che queste tesi sono infondate.
Il genocidio, infatti, non è solo l'eliminazione fisica di un popolo ma anche la distruzione del suo patrimonio culturale e delle sue leggi.
Il fatto che il sistema federale americano possa avere un'origine "indiana" dimostra che le teorie contro i coloni inglesi ed europei sono false.
Al contrario, i coloni europei impararono molto anche dalle popolazioni indigene.
Questa non fu una distruzione.
Anzi, fu una fusione tra il sistema degli indigeni e la cultura europea.
Certo, tra Stati Uniti d'America e Canada ci fu (e c'è ancora oggi) una differenza.
Gli Stati Uniti d'America nacquero come confederazione di stati completamente indipendente dalla madrepatria britannica.
Ci fu anche una guerra.
Il Canada,  invece, fu formato da Americani che rimasero legati a Sua Maestà.
Ancora oggi c'è questa distinzione.
Il capo di Stato del Canada non è un Presidente ma è un Governatore Generale, che rappresenta la monarchia britannica.
A parte questo aspetto, questi due grandi Paesi nord-americani hanno tanti punti in comune.
Essi furono formati da persone lungimiranti che seppero prendere il meglio della cultura dei popoli indigeni e quello della cultura europea per costruire il "Nuovo Mondo".
Questo fu anche l'"anticorpo" con cui si poté (e tuttora si può) contrastare il "virus" che sta colpendo, per esempio, l'America del Sud: l'ideologia terzomondista, l'ideologia che mischia marxismo e cultura indigena, una cultura indigena (o meglio un nazionalismo) che (attraverso il marxismo) viene vista come antitetica rispetto a quella europea.
Anzi, la cultura indigena viene usata per distruggere quella europea. 
Basti pensare alla rimozione della statua di Cristoforo Colombo che si trovava vicino alla Casa Rosada a Buenos Aires,  in Argentina.
In Nord America, Colombo viene celebrato, con il Columbus Day. 
Un esempio di queste ideologie malate di cui ho parlato è rappresentato dai Tupamaros che governano l'Uruguay, dal partito di Hugo Chavez in Venezuela, da quello di Dilma Rousseff in Brasile o dal governo argentino di Christina Fernandez de Kirchner. 
Per questo, gli Stati dell'America del Nord vanno ammirati!
Cordiali saluti. 


 

7 commenti:

  1. fucilone scusami, ma c'è stata una fusione di culture mi spighi che fine hanno fatto tutti quei milioni di indiani che prima vivevano in america? Voglio dire, alla fine un miminum di fusione ci sarà pure stata ma rappresenta sicuramente l'aspetta più piccolo di una storia che presenta un aspetto preponderante: un genocidio (fisico innanzitutto e di conseguenza anche culturale). Ti rammento che per i puritani di allora gli indiani andavano uccisi perché praticavano stregoneria (era il periodo dei "falò" delle streghe). Insomma, ti ripeto ciò che altrove ti ho scritto: cerchi sempre di leggere i fatti dalla prospettiva della tua parte ossia nel modo che più si confà al tuo mondo. Non puoi mettere in risalto aspetti minoritari (buoni per il tuo mondo) e obliterare quasi del tutto quelli preponderanti (che gettano un'ombra sulla cultura del tuo mondo). Semplicemente concludi per dare una visione parziale ai fatti e ciò è innanzitutto ingiusto. Ribadisco, sforzati di leggere i fatti anche dalla prospettiva degli "altri" e ne uscirai migliorato...credo. Pérché renderesti un servigio all'umanità e non a una parte di essa.
    Saluti.

    RispondiElimina
  2. Angelo Fazio, il mio collaboratore (nonché amico), ha studiato nella SIOI, Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale.
    Quindi, Angelo non è certamente un ignorante ed è molto ferrato in materia di geopolitica e storia.
    Tra l'altro, è anche un giovane.
    Certamente, i puritani fecero dei crimini. Anzi, a loro tempo, essi fecero più roghi dell'Inquisizione.
    Però, che la società americana possa avere ricevuto un'influenza da quella indigena può essere vero.
    Tu stai attaccando la tua stessa società, quella società che tu chiami "il mio mondo oscuro e violento".
    Tu vivi in questo "mio mondo oscuro e violento".
    Se non ti piace, vattene!
    Vattene in Arabia Saudita o in Iran.
    Saluti.

    RispondiElimina
  3. E' vero che vennero commessi crimini orrendi contro gli indiani. Questo è un dato di fatto come è un dato di fatto gli Stati Uniti siano un bene per l'umanità e ti prego di risparmiarmi/risparmiarci i tuoi deliri anti americani.

    Poi mi fa piacere vedere quanto sei costante nel rompere le scatole ad Antonio anche se questi ti ha espressamente chiesto di smetterla!

    RispondiElimina
  4. Brava Francesca!
    L'America ci liberò dai nazisti.
    Quanti giovani americani morirono per liberarci dai nazisti?
    A Dario non piace il "mio mondo".
    Però, lui vive in questo "mio mondo violento" , l'Occidente forgiato con il Cristianesimo e libero.
    Se non gli piace se ne vada!
    Vada in Iran a dire quello che dice qui.
    Qui può dire certe cose.
    In Iran gli faranno la pelle!

    RispondiElimina
  5. Può essere vero ma i padri fondatori furono fortemente influenzati dall'inglese John Locke e dal francese Montesquie, dai quali acquisirono la nozione di legge naturale e di diritti dati da Dio all'uomo e la struttura repubblicana e federale che poi hanno dato al paese.

    RispondiElimina
  6. Aggiungo: questa visione portata da Locke e da Montesquieu era stata temperata dalla tradizione giudaico-cristiana.

    RispondiElimina

Translate

Liberiamo l'Europa dall'ideologia "Green"

Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questa foto presa dalla pagina Facebook di Christian Ricchiuti, esponente di Fratelli d'Italia.