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mercoledì 2 gennaio 2019

Dobbiamo tornare al pensiero di Margaret Thatcher

Su "Controverso Quotidiano", vi è un articolo intitolato "Il liberalismo muore di macroeconomia. Ha bisogno di tornare alla Thatcher".
Ne riporto questo stralcio:

"Scrive il Financial Times (24/12/2018)

“Quando penso alla crisi del nostro sistema liberale, mi viene in mente un incontro quasi 20 anni fa che feci a Berlino con Wolfgang Kartte, ex presidente dell’Ufficio tedesco dei cartelli. Gli chiesi perché lui e i suoi successori hanno spesso assunto una visione così conservatrice sui casi di concorrenza e in particolare perché erano così sprezzanti nei confronti delle argomentazioni economiche. Come la maggior parte dei responsabili delle politiche economiche in Germania, Kartte, morto nel 2003, era un avvocato. Ha detto che considerava il suo lavoro come aiutare il piccolo a difendersi dal grande. Questo era il lavoro di un avvocato, non di un economista. Inoltre, ha detto che non era interessato a livellare il campo di gioco, come dice la metafora, ma inclinarlo in favore del piccolo. La crisi del liberalismo moderno ha elementi simili”. Lo scrive Wolfgang Münchau. “Le società più piccole pagano più tasse in relazione al proprio reddito rispetto alle grandi multinazionali. Le politiche economiche che sono seguite alla crisi finanziaria hanno finito per ampliare le differenze di ricchezza. I grandi flussi migratori hanno creato insicurezza, così come l’arrivo di nuove tecnologie. Quando chiami gli elettori ‘deplorevoli’ aggiungi la beffa al danno. Kartte era un ordoliberale tedesco vecchio stile, una scuola di pensiero nata dopo il crollo della democrazia tedesca nei primi anni ’30. I loro leader intellettuali hanno spiegato meglio di chiunque altro come l’ordine liberale tedesco degli anni ’20 sia crollato e come abbia spinto la maggior parte della popolazione a non sostenerlo. La Repubblica di Weimar ha favorito il grande. Gli shock macroeconomici – iperinflazione e depressione – hanno contribuito in larga misura all’alienazione politica delle classi medie. Ma non erano le uniche cause. Il periodo vide anche un aumento dei cartelli industriali che minacciavano la sopravvivenza dei piccoli commercianti e imprenditori. Quando gli ordoliberali raggiunsero finalmente il potere nella Germania del dopoguerra, iniziarono a inclinare il campo di gioco nella direzione opposta creando un’infrastruttura aziendale e finanziaria per sostenere le piccole e medie imprese”
.".

Vi sono due scuole di capitalismo: quella anglosassone, in cui vi sono anche piccoli imprenditori, e quello tedesco-giapponese, che invece è caratterizzato da interventi dello Stato e da grandi capitali bancari.
Il capitalismo tedesco-giapponese è il modello europeo che oggi è in grave crisi.
Infatti, quel modello europeo è diventato costoso per i cittadini e ha fatto fallire i piccoli imprenditori, favorendo i colossi.
Le banche non si fidano più a fare i prestiti ai piccoli imprenditori, perché temono di non riuscire a riavere i soldi.
Questo ha innescato un circolo vizioso.
Forse, noi dovremmo scegliere i capitalismo anglosassone, quello che fu propugnato da Margaret Thatcher, un capitalismo in cui lo Stato interviene meno ed i piccoli imprenditori possono respirare ed affrontare il sistema.
Con uno Stato più leggero, i cittadini sono meno tassati e le piccole imprese possono respirare meglio.
Così, le banche possono prestare ai piccoli imprenditori i loro soldi con meno apprensione.
Questo migliorerebbe anche la qualità del lavoro.
Oggi, infatti, ci sono sempre meno imprenditori e quindi c'è sempre meno lavoro.
I pochi imprenditori rimasti hanno potere di ricatto sui dipendenti.
Essi possono imporre le loro condizioni ai dipendenti, dicendo a loro: "Se vi sta bene, accettate queste nostre condizioni. Se non vi sta bene, andatevene!".
Se ci fossero più imprenditori (e quindi se ci fosse più concorrenza) il potere di ricatto sarebbe minore.
Infatti, con più concorrenti, prima di dire ad un dipendente: "Se ti sta bene, accetta queste mie condizioni. Se non ti sta bene, vattene!", un imprenditore ci penserebbe due volte.
Il dipendente licenziato potrebbe andare da un suo concorrente con il know how appreso nella sua azienda e fregarlo.
Anzi, quell'ex-dipendente potrebbe anche sputtanare il suo ex-datore di lavoro.
In un sano capitalismo, anche i dipendenti sono clienti e (in una visione corretta) il cliente ha spesso ragione.
Oggi, non si può fare così, per i motivi prima citati.
Da questa situazione nasce la povertà.

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Il peggio della politica continua ad essere presente

Ringrazio un caro amico di questa foto.