Non abbiamo una memoria condivisa!

Su "Il Giornale" vi è la toccante storia di Graziella Gianolla, una sopravvissuta all'eccidio delle foibe, che fu rapita dai partigiani comunisti di Tito che tentarono di slavizzarla.
Passò dei momenti terribili.
Alla sera, ella fu costretta ad assistere a scene di sesso libero tra partigiani.
Ora una cosa deve essere detta: qui in Italia manca una memoria condivisa.
La storiografia italiana non garantisce una memoria condivisa.
Per esempio, di ciò che fecero i nazisti e dei fascisti si dice ogni cosa mentre non si parla dei crimini dei comunisti.
Questo è il dato di fatto ed impedisce all'Italia di avere una memoria condivisa in cui tutti possano riconoscersi.
Per avere una memoria condivisa servono due cose.
La prima cosa da mettere in atto è la "pietas", ossia il riconoscere anche a coloro che furono sconfitti una dignità.
Non tutti coloro che furono sconfitti agirono per le idee che animarono i loro capi ma per altri motivi.
Per esempio, alcuni di loro agirono perché costretti o per mantenere la famiglia.
Quindi, una persona che vuole andare a pregare sulla tomba del nonno repubblichino deve avere il diritto di fare ciò.
La seconda cosa da fare è ammettere che tutti commisero delle azioni atroci.
Ergo, anche i comunisti debbono ammettere pubblicamente e condannare ciò che i loro padri fecero a loro tempo e chiedere scusa.
Come la destra italiana condannò le Leggi Razziali e tutte le altre azioni indegne fatte dai nazisti e dai loro sodali, così i comunisti debbono condannare quello che fecero i partigiani rossi.
Ancora oggi, essi non hanno fatto ciò e questo atteggiamento arrogante dei comunisti non porterà nessuna pacificazione.
Gli slogan e lo striscione con cui ieri, a Macerata, è stata infangata la memoria delle vittime delle foibe è un insulto al buonsenso ed offende il senso civico.