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sabato 24 febbraio 2018

Li ignavi et lu diavulu/ Gli ignavi ed il diavolo

Accussì...comu di razia...
certu dipincìu...et di sapiri...
mastru Signorelli 'n Urb Vetus...
pì lu 'Nfernu la chiamata...
su lo Stige...cum Chárōn...
unu diavulu si vidi...
cum una bannera...da 'ngannaturi..
accussì 'n sequi li ignavi...
si vidunu comu ogni piccaturi.

Italiano:

Così...come di grazia...
certo dipinse...e di sapere...
mastro Signorelli in Orvieto...
per l'Inferno la chiamata...
sullo Stige...con Caronte...
un diavolo si vede...
con una bandiera...da ingannatore...
così in seguire gli ignavi...
si vedono...come ogni peccatore.

Questa mia poesia (scritta in maccheronico-siciliano ed in siciliano) è ispirata all'opera di Luca Signorelli, nella cappella di San Brizio del duomo di Orvieto.
L'opera fa parte del ciclo pittorico di tale cappella ed è intitolata "Salita al Paradiso e chiamata all'Inferno".
La poesia parla del particolare della "chiamata all'Inferno" in cui si vedono gli ignavi che vanno dietro ad un demonio con uno stendardo.
Signorelli (1470-16 ottobre 1523) fu certamente influenzato da Dante Alighieri.
Nella sua "Divina Commedia", canto III, versi 31-51, Dante scrisse questi versi:

" E io ch'avea d'error la testa cinta,

dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?".

Ed elli a me: "Questo misero modo
tengon l'anime triste di coloro
che visser sanza infamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
delli angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".

E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidïosi son d'ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa"
".

Io penso che l'ignavia sia una grave colpa.
L'ignavia è il non prendere parte nelle questioni.
Anzi, l'ignavia è una forma di viltà di chi "per quieto vivere" non si esprime.
Purtroppo, chi è ignavo rischia di diventare complice di chi fa apertamente del male.
La storia è piena di questi casi.
Penso (ad esempio) a chi non fece nulla per evitare certe situazioni gravi nella Germania nazista.
Penso anche a chi, nell'Unione Sovietica, non fece nulla per evitare altre situazioni gravi.
Mi viene in mente anche chi nel mondo islamico non fa nulla per combattere chi semina il terrore come mi viene in mente chi tace di fronte al martirio dei cristiani nel mondo.
A volte, bisogna anche "sporcarsi le mani" ed opporsi a certe cose.
Mi viene in mente il discorso fattomi ieri dal prete chi poi mi ha confessato.
Vedendo il mio berretto (il quale mi è stato inviato dalla cara amica Stephanie Caracciolo nel suo viaggio in Canada, che è rosso e che ha la scritta "Canada") mi ha detto che ho un "cappello cardinalizio" e che uno dei voti dei cardinali è proprio quello di schierarsi in difesa della Santa Chiesa e del Papa anche a costo della propria vita.
Questo è il contrario dell'ignavia.
Quando si può fare qualcosa per evitare fatti gravi si deve agire, anche di nascosto e senza gesti plateali.
Chi non agisce diventa complice di chi commette l'azione indegna. 






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