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martedì 30 settembre 2014

L'arroganza dei sindacati

Cari amici ed amiche,

leggete l'articolo scritto su "Panorama" da Michele Tiraboschi che è intitolato "L'art.18  è un simbolo e per questo va abolito.
Dell'articolo è interessante l'introduzione:

"Il dato è tratto: modernizzazione o conservazione? Era questo l'interrogativo sollevato da Marco Biagi nel lontano 2002, poche ora prima dell'assassinio per mano delle Brigate rosse e della imperiosa manifestazione della Cgil al Circo Massimo contro la riforma del lavoro di Silvio Berlusconi".

L'articolo 18 è il simbolo di questi sindacati che,  a fronte di una politica incapace di affrontarli per come si deve (un po' per scarso decisionismo e un po' certe connivenze elettorali),  hanno fatto il bello ed il cattivo tempo.
Essi hanno contribuito non solo a fare sì che il mercato del lavoro non sia stato riformato ma che anche lo stesso lavoro non sia stato innovato.
Mentre in altri Paesi, per esempio, si è fatta molta innovazione tecnologica, qui in Italia si è rimasti agli anni '50 e mancano la tecnologia e la ricerca.
In questa mancanza, i sindacati hanno contribuito parecchio, in nome di un  "nuovo luddismo".
Anche nella mentalità questi sindacati sono vecchi.
Basti sentire parlare i loro esponenti.
Essi parlano ancora di "padroni" contro i "lavoratori".
Proprio perché questa è una società tecnologica, tale visione dei sindacati è oramai desueta.
Inoltre, ricordo che anche l'imprenditore (quello che il sindacato chiama "padrone") è un lavoratore.
Egli apre l'azienda e fa sì che questa vada avanti, facendo lavorare la gente.
L'imprenditore non sta nel suo ufficio (o a casa sua) a grattarsi i testicoli, a solleticare il suo ego, a fare vacanze da sogno  e a contare il denaro ma gestisce i conti (per evitare di fallire) e mantenere la sua azienda efficiente.
L'Italia è rimasta indietro e questo fa male, poiché in fatto di creatività noi italiani siamo primi.
Con questo loro atteggiamento, i sindacati contribuiscono a bloccare l'Italia.
Proseguo questa discussione, invitandovi a leggere un altro articolo di "Panorama" che è intitolato "Riccardo Muti lascia Roma. La figuraccia è planetaria".
L'articolo è stato scritto da Maddalena Bonaccorso.
Com'è noto, il 21 settembre scorso, il maestro Riccardo Muti ha lasciato l'Opera di Roma.
Qui i sindacati hanno grosse responsabilità.
Addirittura, i sindacalisti sono entrati nel suo camerino con modi poco urbani prima dell'Ernani nel novembre 2013.
Non contenti di ciò, nel luglio scorso, quei signori hanno fatto fallire la Bohème (opera di Giacomo Puccini) alle Terme di Caracalla.
In questa occasione, l'opera era andata in scena con un solo pianista che accompagnava i cantanti, mentre parte del pubblico se ne andava.
Tutto è avvenuto perché i "signori sindacalisti" volevano comandare e fare lobby.
Così, Muti ha lasciato.
I sindacalisti si debbono mettere in testa una cosa: o accettano il dialogo ed accettano che quel mondo del lavoro che si ostinano a difendere non c'è più o dovranno rispondere del fallimento dell'Italia.
L'articolo 18 va abolito.
Oggi esso tutela una minoranza, a scapito della maggioranza di chi lavora.
Questo non è accettabile.
Cordiali saluti.







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