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mercoledì 4 aprile 2012

SANTA GIANNA BERETTA MOLLA, UNA VERA EROINA

Cari amici ed amiche.

Oggi, voglio fare contente le persone che mi seguono da Magenta (Milano), tra le quali c'è l'amica Irene Bertoglio. Infatti, parlerò di una loro nota conterranea.
Il 28 aprile ci sarà l'anniversario di Santa Gianna Beretta Molla (4 ottobre 1922-28 aprile 1962).
Ella morì per dare alla luce sua figlia
Lei fu una delle persone che incarnò il vero spirito cristiano.
Il cristiano è disposto anche a dare la propria vita per gli altri.
Questa è la più alta manifestazione dell'amore.
Come Cristo diede la sua vita noi, così ogni cristiano è tenuto a fare altrettanto.
Gianna Beretta Molla fece esattamente questo.
Anzi, fece la cosa moralmente più alta, dando la propria vita per la propria figlioletta.
Qual è quella madre che non darebbe la propria vita, pur di salvare il proprio figlio?
Per tutta questa tesi, credo che valga quanto scritto nel testo di Sant'Agostino che è intitolato "La pienezza dell'amore-dai "Trattati di Giovanni"".
Ringrazio l'amico Giovanni Covino che su Facebook me l'ha inoltrato.
Esso recita:

"Il Signore, o fratelli carissimi, ha definito la pienezza dell'amore con cui dobbiamo amarci gli uni gli altri con queste parole: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Ne consegue ciò che il medesimo evangelista Giovanni dice nella sua lettera: Cristo «ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli», (1 Gv 3, 16) amandoci davvero gli uni gli altri, come egli ci ha amato, fino a dare la sua vita per noi.
Questo appunto si legge nei Proverbi di Salomone: Quando siedi a mensa col potente, considera bene che cosa hai davanti; e poni mano a far le medesime cose che fa lui (cfr. Pro 23, 1-2).
Ora qual è la mensa del grande e del potente, se non quella in cui si riceve il corpo e il sangue di colui che ha dato la vita per noi? E che significa assidersi a questa mensa, se non accostarvisi con umiltà? E che vuol dire considerare bene che cosa si ha davanti, se non riflettere, come si conviene, a una grazia sì grande? E che cosa è questo porre mano a far le medesime cose se non ciò che ho detto sopra e cioè: come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo essere disposti a dare la nostra vita per i fratelli? E` quello che dice anche l'apostolo Pietro: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2, 21). Questo significa fare le medesime cose. Così hanno fatto con ardente amore i santi martiri e, se non vogliamo celebrare inutilmente la loro memoria, se non vogliamo accostarci infruttuosamente alla mensa del Signore, a quel banchetto in cui anch'essi si sono saziati, bisogna che anche noi, come loro, siamo pronti a ricambiare il dono ricevuto.
A questa mensa del Signore, perciò, noi non commemoriamo i martiri come facciamo con gli altri che riposano in pace, cioè non preghiamo per loro, ma chiediamo piuttosto che essi preghino per noi, per ottenerci di seguire le loro orme. Essi, infatti, hanno toccato il vertice di quell'amore che il Signore ha definito come il più grande possibile. Hanno presentato ai loro fratelli quella stessa testimonianza di amore, che essi medesimi avevano ricevuto alla mensa del Signore.
Non vogliamo dire con questo di poter essere pari a Cristo Signore, qualora giungessimo a rendergli testimonianza fino allo spargimento del sangue. Egli aveva il potere di dare la sua vita e di riprenderla, mentre noi non possiamo vivere finché vogliamo, e dobbiamo morire anche contro nostra voglia. Egli, morendo, uccise subito in sé la morte, mentre noi veniamo liberati dalla morte solo mediante la sua morte. La sua carne non conobbe la corruzione, mentre la nostra, solo dopo aver subito la corruzione, rivestirà per mezzo di lui l'incorruttibilità alla fine del mondo. Egli non ebbe bisogno di noi per salvarci, ma noi, senza di lui, non possiamo far nulla. Egli si è mostrato come vite a noi che siamo i tralci, a noi che, senza di lui, non possiamo avere la vita.
In fine, anche se i fratelli arrivano a dare la vita per i fratelli, il sangue di un martire non viene sparso per la remissione dei peccati dei fratelli, cosa che invece egli ha fatto per noi. E con questo ci ha dato non un esempio da imitare, ma un dono di cui essergli grati.
I martiri dunque, in quanto versarono il loro sangue per i fratelli, hanno ricambiato solo quanto hanno ricevuto dalla mensa del Signore. Manteniamoci sulla loro scia e amiamoci gli uni gli altri, come Cristo ha amato noi, dando se stesso per noi.
".

Forse, tante persone del giorno d'oggi, che definiscono "eroine" quelle donne che parlano di "sesso libero" e di "aborto" dovrebbero ricredersi.
Non c'è nulla di eroico nel fare morire il proprio figlio o nel fare sesso senza regole.
In ciò c'è solo cupidigia.
Concludo dicendo che, leggendo la storia di questa grande santa, si possa capire meglio la Pasqua.
Cordiali saluti.

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