Ieri è stato il Venerdì Santo, giorno della morte di Gesù Cristo sulla croce.
Ci sono state processioni.
A Mantova, ad esempio, c'è stata la processione con il Preziosissimo Sangue.
Oggi, invece, inizia la Pasqua vera e propria.
Il sepolcro in cui fu riposto il corpo di Gesù fu trovato vuoto.
Questo giorno segna il punto più alto della tradizione cristiana.
Essa si fonda, infatti, sulla morte e sulla resurrezione di Gesù.
Chi non riconosce la morte e la resurrezione di Gesù non può essere definito cristiano.
Tutto ciò fu necessario.
Vi invito a leggere questo pezzo della "Summa Theologica" di San Tommaso d'Aquino che mi è stata inoltrato dall'amico Mario Padovano su Facebook:
"Respondeo dicendum quod conveniens fuit Christum sepeliri. Primo quidem, ad comprobandum veritatem mortis, non enim aliquis in sepulcro ponitur, nisi quando iam de veritate mortis constat. Unde et Marci XV legitur quod Pilatus, antequam concederet Christum sepeliri, diligenti inquisitione cognovit eum mortuum esse. Secundo, quia per hoc quod Christus de sepulcro resurrexit, datur spes resurgendi per ipsum his qui sunt in sepulcro, secundum illud Ioan. V, omnes qui in monumentis sunt, audient vocem filii Dei, et qui audierint, vivent. Tertio, ad exemplum eorum qui per mortem Christi spiritualiter moriuntur peccatis, qui scilicet absconduntur a conturbatione hominum. Unde dicitur Coloss. III, mortui estis, et vita vestra abscondita est cum Christo in Deo. Unde et baptizati, qui per mortem Christi moriuntur peccatis, quasi consepeliuntur Christo per immersionem, secundum illud Rom. VI, consepulti sumus cum Christo per Baptismum in mortem.
RISPONDO: Era conveniente che Cristo fosse sepolto. Primo, per dimostrare la realtà della sua morte: poiché nessuno viene deposto nel sepolcro, se non quando se n'è constatata la morte. Infatti nel Vangelo si legge che Pilato, prima di permettere il seppellimento di Cristo, volle assicurarsi bene che fosse morto.
Secondo, perché la resurrezione di Cristo dal sepolcro dà la speranza di risorgere per mezzo suo a coloro che giacciono nei sepolcri, secondo le parole evangeliche: "Tutti coloro che sono nella tomba udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno".
Terzo, per essere il prototipo di coloro che per la morte di Cristo muoiono al peccato, cioè di coloro che "sono sottratti ai turbamenti degli uomini". Di qui le parole di S. Paolo ai Colossesi: "Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio". Cosicché i battezzati, i quali per la morte di Cristo sono morti al peccato, sono come sepolti in Cristo con l'immersione nell'acqua, secondo l'affermazione paolina: "Noi per il battesimo siamo stati sepolti con Cristo nella morte".
Respondeo dicendum quod modus sepulturae Christi ostenditur esse conveniens quantum ad tria. Primo quidem, quantum ad confirmandam fidem mortis et resurrectionis ipsius. Secundo, ad commendandam pietatem eorum qui eum sepelierunt. Unde Augustinus dicit, in I de Civ. Dei, laudabiliter commemorantur in Evangelio qui corpus eius, de cruce acceptum, diligenter atque honorifice tegendum sepeliendumque curarunt. Tertio, quantum ad mysterium, per quod informantur illi quiChristo consepeliuntur in mortem.
RISPONDO: Le circostanze della sepoltura di Cristo risultano convenienti per tre motivi. Primo, perché adatte a confermare la fede nella sua morte e nella sua resurrezione. - Secondo, perché mettono in evidenza la pietà di coloro che lo seppellirono. Di qui le parole di S. Agostino: "Sono ricordati con lode dai Vangeli coloro che, accogliendone il corpo deposto dalla croce, provvidero con cura e con onore a coprirlo e a seppellirlo". - Terzo, perché conformi al mistero, che si compie in coloro i quali "sono con Cristo consepolti nella morte".
Respondeo dicendum quod non fuit conveniens corpus Christi putrefieri, vel quocumque modo incinerari. Quia putrefactio cuiuscumque corporis provenit ex infirmitate naturae illius corporis, quae non potest amplius corpus continere in unum. Mors autem Christi, sicut supra dictum est, non debuit esse cum infirmitate naturae, ne crederetur non esse voluntaria. Et ideo non ex morbo, sed ex passione illata voluit mori, cui se obtulit sponte. Et ideo Christus, ne mors eius naturae infirmitati adscriberetur, noluit corpus suum qualitercumque putrefieri, aut qualitercumque resolvi, sed, ad ostensionem virtutis divinae, voluit corpus illud incorruptum permanere. Unde Chrysostomus dicit quod, viventibus aliis hominibus, his scilicet qui egerunt strenue, arrident propria gesta, his autem pereuntibus, pereunt. Sed in Christo est totum contrarium, nam ante crucem, omnia sunt maesta et infirma; ut autem crucifixus est, omnia clariora sunt facta, ut noscas non purum hominem crucifixum.
RISPONDO: Non era conveniente che il corpo di Cristo andasse in putrefazione, o che comunque si riducesse in cenere. Poiché la putrefazione di un dato corpo deriva dalla fragilità della sua natura, che non è più in grado di conservarlo nella sua integrità. Ora, la morte di Cristo, come sopra abbiamo detto, non doveva avvenire nell'infermità della natura, perché non si credesse che non era volontaria. Ecco perché egli volle morire non di malattia, ma per supplizi inflitti dall'esterno, cui si era assoggettato spontaneamente. Perciò Cristo, non volle che il suo corpo fosse soggetto in qualche modo alla putrefazione e alla dissoluzione, perché la sua morte non fosse attribuita all'infermità della natura: ma per mostrare la virtù divina, volle che quel corpo restasse incorrotto. Di qui le parole del Crisostomo: "Per gli altri uomini che compirono grandi cose, le gesta arrisero loro mentre erano vivi: ma morti loro perirono con essi. In Cristo avvenne tutto il contrario: prima della croce tutto in lui è meschino ed infermo; ma dopo che fu crocifisso tutto è splendido, perché tu riconosca che non è un puro uomo quel crocifisso".
Respondeo dicendum quod ipsum tempus quo Christus in sepulcro mansit, effectum mortis eius repraesentat. Dictum est enim supra quod per mortem Christi liberati sumus a duplici morte, scilicet a morte animae et a morte corporis. Et hoc significatur per duas noctes quibus Christus in sepulcro permansit. Mors autem eius, quia non fuit ex peccato proveniens sed ex caritate suscepta, non habuit rationem noctis, sed diei. Et ideo significatur per diem integram qua Christus fuit in sepulcro. Et sic conveniens fuit quod Christus una die et duabus noctibus esset in sepulcro.
RISPONDO: Il tempo in cui Cristo rimase nel sepolcro sta a indicare gli effetti della sua morte. Orbene, sopra abbiamo detto che la morte di Cristo ci ha liberati da due tipi di morte, dalla morte dell'anima e da quella del corpo. E questo viene indicato dalle due notti da lui trascorse nel sepolcro. La sua morte invece, non essendo dovuta al (proprio) peccato, ma essendo stata accettata per amore, non aveva aspetto di notte, ma di giorno. Perciò essa viene indicata dall'intero giorno che Cristo rimase nel sepolcro. Era quindi conveniente che Cristo restasse nel sepolcro un giorno e due notti.".
Tutto ciò fu necessario, per la salvezza dell'umanità.
Fu il sacrificio dei sacrifici.
Non dobbiamo pensare, però, che Cristo sia morto per gli altri.
Anche noi, infatti, pecchiamo.
La sua resurrezione fu il riscatto per tutta l'umanità.
Come Mosè riscattò il popolo ebraico, facendolo passare nel Mar Rosso, così Cristo riscattò noi, morendo sulla croce, risorgendo e facendoci passare dal peccato alla salvezza.
Visto il paragone fatto e visto che è vicina la Pasqua ebraica, agli amici di religione ebraica dico:
"Shabbat Shalom, ve hag Pesach Sameach Lekullam!".
Anche nostro Signore Gesù Cristo capirà, visto che l'ebraico era (ed è ) la sua lingua e visto che lui era (ed è, visto che risorse) un ebreo.
Christus heri, hodie et semper.
Cordiali saluti e buona Pasqua.
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