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giovedì 19 aprile 2012

In Turchia con gli stessi diritti di tutti-Commento all'articolo dell'Osservatore Romano

Cari amici ed amiche.

Leggete l'articolo dell'Osservatore Romano che è intitolato "In Turchia con gli stessi diritti di tutti":

ANKARA 16. Un incontro che «lascia ben sperare», anche perché il desiderio dei cattolici in Turchia è quello di avere una Costituzione che sia «come una madre che abbraccia tutti i suoi figli». È un clima di rinnovata fiducia quello che si respira all’indomani dell’incontro che i rappresentanti della Conferenza episcopale turca hanno avuto con i membri della commissione parlamentare di Ankara che si occupa di redigere una nuova Carta costituzionale.

Dopo l’audizione del 20 febbraio scorso con il Patriarca ortodosso Bartolomeo, lunedì 16 è stata la volta dei rappresentanti di altre comunità, inclusi i cattolici, e di vari segmenti della società civile per ascoltare i loro suggerimenti. Al centro dei colloqui, per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’annosa questione del riconoscimento giuridico, il cui non accoglimento costituisce un grosso ostacolo allo sviluppo dell’azione pastorale.

Secondo un comunicato emesso dalla Conferenza episcopale turca, si è trattato di una riunione «trascorsa in un clima sereno» e che «lascia ben sperare». Infatti, «con pazienza, dai colloqui intercorsi fra le due parti, si intravedono possibilità di raggiungere buone intese». Nel corso dell’incontro i rappresentanti della Chiesa cattolica hanno avuto modo di esporre i «problemi» e le «richieste da inserire nella nuova Costituzione che si sta preparando». E com’è noto, la «richiesta principale», inserita nel contesto della libertà religiosa, è appunto il riconoscimento giuridico. Da parte loro i rappresentanti del Governo — prosegue la nota dell’episcopato — «hanno comunque sottolineato che tale richiesta non dipende dalla nuova Costituzione, ma può essere accolta con una legge particolare. Nei prossimi incontri si prenderanno in considerazione i problemi delle proprietà delle Chiese, delle scuole, degli ospedali, e di altri beni di cui la Chiesa cattolica latina attualmente possiede i titoli di proprietà. Con pazienza dai colloqui intercorsi fra le due parti, si intravedono possibilità di raggiungere buone intese».

All’incontro ha partecipato l’arcivescovo di Izmir, Ruggero Franceschini, presidente dell’episcopato, accompagnato dall’amministratore apostolico dell’esarcato apostolico di Istanbul, Louis Pelâtre, e dall’esarca patriarcale di Antiochia dei Siri, Yusuf Sağ. «Speriamo che la nuova Costituzione — ha detto all’agenzia Fides il rappresentante siro-cattolico — metterà in evidenza le libertà. Vogliamo una Costituzione che accetti e abbracci tutti come una madre con i suoi figli. Non abbiamo aspettative diverse da quelle dei musulmani turchi: come siriaci che vivono su questa terra da 4.500 anni, ci aspettiamo di avere gli stessi diritti dei cittadini musulmani turchi». Incoraggiante è la prospettiva espressa anche da monsignor Franceschini all’agenzia Sir. «Ho registrato un clima molto positivo intorno alla nostra principale richiesta, quella di ottenere il riconoscimento giuridico della Chiesa in Turchia. Trovo giusta la sottolineatura dei rappresentanti del Governo, per i quali tale richiesta non dipende dalla nuova Costituzione, ma può essere accolta con una legge particolare. Nei prossimi incontri si prenderanno in considerazione i problemi delle proprietà delle Chiese, delle scuole, degli ospedali, e di altri beni».

Infatti, un eventuale riconoscimento giuridico permetterebbe alla Chiesa di rientrare in possesso di un discreto numero di immobili che faciliterebbero anche l’attività pastorale. «Purtroppo — afferma ancora il presidente dei presuli cattolici — la nostra è una Chiesa numericamente piccola, che ha bisogno di un maggior numero di personale, non solo per la celebrazione della messa, ma anche per comporre quella ossatura necessaria a portare avanti la pastorale ordinaria. Ci vuole una pastorale che presti attenzione agli ammalati, alle famiglie, ai giovani. Quello che in una Chiesa occidentale è prassi normale, qui diventa indispensabile ed estremamente prezioso»
.

Ringrazio l'amico Angelo Fazio che ha messo l'articolo su Facebook.
Io ritengo che l'Unione Europea stia affrontando la questione dell'adesione della Turchia ad essa con troppa leggerezza.
E' vero che la Turchia è un Paese laico ma è altrettanto vero che, nonostante la laicità, ci sono ancora delle contraddizioni.
Ad esempio è ancora in vigore una legge dell'Impero Ottomano che impedisce la costruzione di luoghi di culto non musulmani (sinagoghe e chiese) a ridosso di una pubblica via.
La Basilica di Santa Sofia (che nel 1453 venne trasformata in moschea) oggi è un museo ma non è stata restituita ai cristiani.
Sarebbe stato giusto restituire la basilica ai cristiani e favorire, per esempio, la costruzione di nuove sinagoghe e chiese.
La chiesa di San Paolo a Tarso è in mano allo Stato e non si celebrano messe in essa.
Nella Repubblica Turca di Cipro Nord, le chiese chiudono e vengono trasformate in moschee, musei o in edifici con altre funzioni. 
Inoltre, in Turchia vi è ancora la difficoltà nel riconoscimento del Genocidio Armeno, un crimine pari alla Shoah per efferatezza e la questione dei rapporti con lo Stato di Israele.
A ciò, si unisce anche la recrudescenza del fondamentalismo islamico che portò alla morte di preti cattolici, come don Andrea Santoro e monsignor Luigi Padovese e i rischi che corrono coloro che scelgono liberamente di convertirsi al Cristianesimo.
Non voglio demonizzare nessuno ma voglio solo fare sì che tutti voi riflettiate. 
L'Europa non può non tenere conto di tutto ciò.
Cordiali saluti.



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