Sul blog dell'Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie, ho letto questo articolo initolato "Le condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie nel 1860, partecipa anche tu al dibattito. Frascani replica a Saltarelli".
L'ho trovato interessante e ho ritenuto giusto commentarlo.
Innanzitutto, va sfatato il mito della mafia come ente legato ai Borboni.
La mafia fu anti-borbonica.
Guarda caso, essa fu molto forte nella Sicilia occidentale, proprio in quella parte dell'isola in cui le forze anti-borboniche furono forti.
Al contrario, la mafia si fece sentire meno nella Sicilia orientale, le attuali Province di Messina e di Catania, dove c'era una borghesia legata ai Borboni.
Tra l'altro, lo stesso discorso vale per la camorra napoletana.
In quegli anni fu in voga un detto napoletano che recita:
"Nui nun simmo cravunare/ Nui nun simmo realiste/ Nui facimmu 'e camurriste/ Iammo 'n culo a chillu e a chiste".
In italiano, questo detto recita:
"Noi non siamo carbonari/ Noi non siamo realisti/Noi facciamo i camorristi...".
Ho omesso di tradurre l'ultima parte per rispetto vostro.
Penso che abbiate già capito il suo significato.
In seguito, le varie forme associazioni criminali divenero il fulcro delle spedizioni garibaldine del 1860 e del 1861.
Inoltre, durante il Regno delle Due Sicilie a Palermo si formò una discreta colonia inglese che portò ricchezza.
Anche a Napoli non si stava così male come vuole fare credere la storiografia ufficiale.
Del resto, tanto non Nord quanto nel Sud dell'Italia, le spedizioni garibaldine non furono condotte dal popolo da ma da gruppi di intellettuali, massoni e gruppi finanziari ad essi legati.
Il brigantaggio (di cui parla il libro di Fernando Riccardi "Brigantaggio postunitario. Una storia tutta da scrivere") iniziò dopo il 1861, quando le popolazioni del Sud iniziarono a ribellarsi al fatto che il nuovo governo italiano avesse imposto delle misure che mortificarono l'economia meridionale.
Per questo, io penso che la storia italiana debba essere riscritta.
Cordiali saluti.
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