Ho acquistato il libro di Riccardo Calimani che è intitolato "Storia dell'ebreo errante".
Ne riporto questo pezzo del prologo:
"Perché gli ebrei, unico tra i popoli antichi, sono sopravvissuti per duemila anni fino ai giorni nostri, nonostante persecuzioni continue e gravissime?
Greci e romani, assiro-babilonesi e persiani, popoli antichi di grande civiltà, imperi ricchi e potenti non esistono più: solo il piccolo popolo della Bibbia, vera e propria patria portatile, è riuscito a superare tante tempeste e tante trasformazioni.
Come è stato possibile tutto ciò?
Qual è stata la storia di questi uomini erranti dal momento in cui, nel 70 d.C., il loro Stato nazionale è stato cancellato e Gerusalemme espugnata?
In un arco di quasi venti secoli di sofferte vicende umane, leggenda e storia hanno dato un volto allo stereotipo dell'ebreo.
Perché anche oggi questa anomalia suscita diffidenza, ammirazione, curiosità e sospetto?
Occorre cominciare da lontano, in anni molto remoti, per individuare i primi elementi di una storia veramente singolare, unica".
Io preferisco sintetizzare il tutto, affermando che gli ebrei hanno avuto il coraggio di difendere le loro radici.
Noi abbiamo lo stesso coraggio?
Io ne dubito.
Tra di noi, ci sono persone che (per esempio) fanno togliere i crocifissi dalle scuole, per "non offendere chi non è cristiano".
Non si fanno fare le recite natalizie nelle scuole, sempre per "paura di offendere chi non è cristiano".
Inoltre, si ha paura di dire che "un'immigrazione senza regole non va bene" perché i soliti benpensanti sono pronti a lanciare l'accusa di razzismo.
Posso anche andare oltre ma mi fermo qui.
Gli ebrei non hanno vergogna di dire che sono ebrei.
Noi abbiamo vergogna di dire ciò che noi siamo come popolo e come civiltà.
Questo ci condannerà.
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