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martedì 30 gennaio 2018

Come se ci fosse un gusto sadico a preparare un futuro difficile. Nota di Vito Schepisi



Ringrazio l'amico Vito Schepisi di questa sua nota:
"Se si potesse distruggere tutto ciò che non ci aggrada, la Terra sarebbe un luogo impossibile in cui vivere.
Si chiama civiltà, invece, quella che consente a ciascuno di fare le proprie scelte, senza doverne dar conto a qualcuno, purché si agisca nei limiti delle leggi e del rispetto delle libertà altrui.
Si chiama libertà, si chiama democrazia, si chiama civiltà.
La civiltà è nel divenire continuo di quelle scelte che - con il contributo della scienza, del pensiero e delle condizioni di vita, oltre che per la crescita e l'affinarsi delle conoscenze e della cultura - delineano i tratti dei popoli e dei paesi.
Non si può pensare, stando così le cose, che tutto possa integrarsi e tutto possa confondersi.
Non sarebbe giusto per nessuno.
Nè si può pretendere che chi ha più sensibilità e più capacità di comprendere la bellezza del multiculturalismo, e si adegui a farsene interprete, liberandosi dall'isolamento culturale e dai condizionamenti ancestrali, debba subire la pressione spesso arbitraria e violenta di chi resta caparbiamente ancorato alle proprie tradizioni ed ai propri usi.
E vale per tutti.
La violenza contro le donne, inoltre, sia fisica che psichica, ed il plagio, in Italia costituiscono reato.
Quando si parla di integrazione e di multiculturalismo, pertanto, è necessario sapere di cosa si stia parlando. Non certo slogan per i paladini del "politicamente corretto", perchè parlare e agire senza pensare è da stupidi.
Oggi, come per l'informazione e le merci, tutto è diventato così veloce. Non si può pensare, pertanto, che una nazione debba attendere secoli perché si presenti integrata, compatta e attiva nel perseguire i fini per i quali sia i popoli che gli stati si sono formati.
L'esperienza dell'integrazione in tutti gli orizzonti del mondo, bisogna pur dirlo, è fallita dopo interi secoli di convivenza e di conflitti.
Non possiamo permettercelo.
In Italia siamo già indietro e arranchiamo per non lasciarci travolgere dallo schiacciasassi del globalismo.
Non si può parlare di integrazione se non c'è lavoro e se i flussi migratori corrono più veloci di un sistema organizzativo dignitoso per l'accoglienza, la sistemazione e l'impiego.
Non si può parlare di multiculturalismo, se la politica dell'intolleranza e del rancore crea ghetti logistici e culturali in cui si c'è la tendenza a ripararsi e creare un sistema di vita diverso da quello del Paese di accoglienza, nè si può pensare che questo multiculturalismo possa crescere nella diffusa indulgenza verso l'illegalità e l'abuso.
Si sta consolidando questa impressione angosciosa in cui si ha la percezione della presenza di un gusto sadico nel preparare un futuro difficile.
Speriamo che sia solo ignoranza e incoscienza e non anche cinica determinazione
.".


La nota è un commento ad un articolo de "Il Giornale" che è intitolato "La Spezia, islamico brucia i vestiti e distrugge i trucchi alla moglie".
L'articolo è stato scritto da Ivan Francese e parla di un immigrato marocchino che ha bruciato i vestiti ed i trucchi della moglie perché non ritenuti consoni con i precetti dell'Islam.
Ora, pongo questa serie di domande: dove sono le femministe?
Dove sono le femministe, le quali tanto attaccavano la Chiesa, accusandola di misoginia?
Dove sono le femministe, le quali tanto invocavano la laicità?
Dove sono i progressisti, i quali attaccavano noi cattolici, accusandoci di "oscurantismo"?
In nome dell'"accoglienza", noi abbiamo ripudiato i nostri costumi ed i nostri valori.
Però, gli altri, quelli che sono da noi accolti,  non fanno altrettanto.
Anzi, si permettono anche di contestare i nostri valori.
Noi che facciamo?
Noi non difendiamo i nostri valori.
Questa è la strada per andare a finire male.

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