I brillantini non mancavano mai. C' erano a Natale nelle cartoline, nei bigliettini che mi arrivavano da Milano, e c'erano a Pasqua per gli stessi motivi, i miei non venivano o poco nemmeno per le feste, quindi mi facevano sentire la loro presenza con piccole prove scritte postali.
Come per il panettone a Natale, arrivavano sempre da Milano anche a Pasqua, colombe e uova di cioccolata che io e nonna si tenevano ricurate fino proprio all'ultimo giorno.. si “incignavano” solo il giorno di festa e si mangiavano facendo , come diceva lei “ a miccino” che vuol dire consumare con parsimonia.
La festa c'era comunque che si fosse da sole o in compagnia, e c'erano le funzioni ecclesiastiche alle quali io e lei non si mancava mai.. si partecipava a tutte ..e la partecipazione iniziava già dal “Sepolcro”istallato almeno una settimana prima.
Veniva chiamato così un allestimento in chiesa, bellissimo secondo me.. per terra delle persone apposite tracciavano un disegno che prendeva tutta la parte centrale della navata, coloratissimo, costituito da agnelli giganteschi o da calici intorno a palmizi e fonti di acqua. Era fatto con segatura colorata, lo sapevo perchè curiosa ero andata a spiare zitta zitta da sola un pomeriggio prima della festività. Chiaro che non si poteva poi né toccare né attraversare, infatti in chiesa ci si spostava a dir messa ad un altare di lato, e tutti per passare, persino i preti, ne rasentavano i bordi camminando piano per andare dietro l'abside.
Il tutto era contornato in verticale da un' impalcatura, come i gradini di uno stadio, ricoperta da vegetazione, da piante verdi o fiorite di tutti i tipi, che saliva molto in alto fino a coprire in buona parte la grandezza dell'abside. Inutile dire la bellezza.. rimanevi senza fiato! E poi il bello era che partecipavi.. “ Che ni do' quest'anno bimba al sepolcro..” diceva nonna guardando le sue piante.. perchè arrivava il sacrestano coi chierichetti, e con un carrettino passava dalle case e raccattava le piante più belle che avessero le massaie, tutti davano qualcosa pur di partecipare all'insieme , perchè poi il bello era proprio questo.. in chiesa mi divertivo a vedere dov'erano le mie di piante e le donnine facevano a gara a chi riconosceva le loro “ Quella lì devesse della Stampalia.. è troppo bella..” dicevano magari indicando un azalea gigantesca tutta fiorita.. oppure c'erano camelie di famiglie facoltose che pareva che oltre i soldi avessero anche le piante migliori .. noi, me e nonna s'aveva di solito pianti verdi belle sode con grosse foglione ricche e larghe e ni si dava quelle ..erano tre o quattro vasi che partivano su quel carrettino , ma ritornava tutto, non si regalavano le piante, si prestavano e poi tolto il sepolcro venivano restituite.
Quello che non mi piaceva della Pasqua e della chiesa in quei giorni, era l'aspetto lugubre, certo la Morte del Cristo cosa poteva dare di diverso... le campane venivano “ legate” si diceva, cioè dal giovedì santo non suonavano più fino al sabato notte, nemmeno la campanella per le funzioni si usava, ma un aggeggio che produceva un suono come dei mortaretti che scoppiano in una scatola.. e quello era, una specie di scatola di legno, dove una manovella, azionata da un chierichetto, dava quei suoni in sostituzione ...dei drappi scuri coprivano tutte le statue e un Crocefisso enorme veniva esposto sdraiato in mezzo alla chiesa.. si passava intorno a baciare le ferite del costato della statua.. a me faceva impressione quell'uomo a bocca aperta con gli occhi rivolti al cielo, cosparso di sangue e con quella corona di spine, ma quella era la passione del Redentore venuto a morire per noi.. non lo capivo bene, come non capivo la Resurrezione, che dello stesso uomo sarebbe avvenuta la Domenica di Pasqua appunto.
Però la Resurrezione mi piaceva, quella si. Da sabato notte, dalla messa di mezzanotte, tutto tornava normale, anzi il festivo era clamoroso.
Via tutto il nero, via il lugubre, il suono delle le campane sciolte si stendeva in tutta la campagna. La chiesa illuminata, il coro col maestro Lotti, in cima sull'organo, dal quale partiva una musica giustamente celestiale.. candele.. incensi.. addobbi coloratissimi..
I preti si sprecavano .. non ne bastava uno, ce n'erano sempre due o tre in quelle funzioni.. si alzavano, si sedevano, si agitavano sgonnellando avanti e indietro, coperti da ombrelli speciali e dorati, portati dai miei amici chierichetti; anche quelli si sprecavano, c'eran tutti quel giorno e coi preti formavano un contesto clamoroso che nella mia immaginazione dava un risultato straordinario.. mi sarei aspettata che ad un certo punto si alzassero le tonache preti e chierichetti e si mettessero a ballare, perchè quello mi pareva la scena, un teatro con un racconto tutto suo al quale poi poteva seguire anche l'applauso da parte di noi fedeli spettatori.
La Domenica poi partivo in bicicletta, tutta infiocchettata e col vestito nuovo, di solito a Pasqua si rinnovava, per la messa di mezzo, con un bel panierino attaccato al manubrio contenente le uova che dovevano essere benedette.. niente di colorato o strano, solo semplici uova di gallina, che venivano lasciate davanti al prete, sulla balaustra per la benedizione.. ce n'erano interi canestri e sporte di paglia, ma zeppe zeppe, il tutto a seconda delle famiglie; più erano numerose, più numerose le uova.. una festa che poi continuava a casa dove trovavo un buon mangiarino e tovaglia rigorosamente bianca ricamata, tovaglioli, servizio di piatti bono, anzi lo esigevo.. “ O noi chi siamo- brontolavo nonna se si dissociava- un si deve fa' festa se siam sole?”
Le uova, quelle benedette, quelle che nonna aveva cotto come arrivavo a casa , e che c'erano in tutte le famiglie, noi bambini si tenevano per ultime quel giorno.. si finiva il desinare, si aprivano quelle di cioccolata , se c'erano, si apriva il dolce di colomba, e poi ci si trovava tutti fuori nel campo ognuno con il suo ovetto o più d'uno fra le mani.. ci si giocava.. si diceva infatti “ Andare a ruzzolare l'uovo” e quello si faceva, si buttava giù per il viottolo che porta al rio, per la discesa quell'uovo benedetto, usandolo, come una palla, una bilia, o una boccia, insomma ruzzolandolo per il prato e facendo a gara a chi lo mandava più lontano.. ogni tanto si strusciava con della erbina o dei fiori che lo coloravano e quando alla fine non ne poteva più e ormai era tutto crepato allora ce lo gustavamo sbucciandolo e festeggiando finendola così la nostra Pasqua di Resurrezione...
Ed era lì che allora in parte capivo il significato di quella parola..Resurrezione.. lì in mezzo alla natura, perchè mi pareva che nella natura fosse la risposta..era quello forse, il risveglio ecco, ciò che vedevo intorno in quei giorni di primavera.. erba fragrante sotto i piedi, verdissima, distese di margherite, prati di trifoglio dolcissimo, e germogli, susini, peschi, ciliegi in fiore, campi di grano che cresceva..coniglini nelle stalle, pulcini sulle aie, api che ronzavano.. la natura risorgeva in quel momento in un'esplosione di colori e di profumi che inebriava e mi faceva battere il cuore di vita fino quasi a sentirmi scoppiare.. quello doveva essere ciò che intendevano i preti in quell'insegnamento.. quel risorgere di Nostro Signore, era anche il nostro stesso medesimo, il nostro svegliarci alla vita, e rinascere, risorgere, come la natura faceva da sempre, e quel che sentivo bastava, non capivo ancora bene se saremo risorti del tutto o se del tutto saremo rinati, ma di sicuro se ci fosse riuscito di tenerlo presente almeno un po'... non saremo mai morti.
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