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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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lunedì 19 gennaio 2015
Prodi al Quirinale, perché no?
Cari amici ed amiche,
leggete l'articolo sul quotidiani "Libero" che è intitolato "Perna: Prodi al Quirinale? Dalle Br al Kgb, passando per De Benedetti e Agnelli: perché Romano non può andare al Quirinale".
L'articolo è stato scritto da Giancarlo Perna.
Dell'articolo è interessante questa parte:
" Difetta invece della neutralità che sarebbe così bella in chi sta sul Colle. E' infatti accanito partigiano della sinistra di cui è stato campione contro il Cav, da lui battuto ben due volte (1996 e 2006). Tuttavia, il vero problema di Prodi è l’ambiguità che si annida tra le pieghe della sua personalità.
Tutti conoscono la seduta spiritica del 2 aprile 1978 che si svolse nei pressi di Bologna durante il rapimento Moro. Una tazzina di caffè, mossa dagli spiriti, batté la parola "Gradoli" in risposta alla domanda: "Dov’è che le Br tengono sequestrato Moro?". L’indomani, Prodi corse nella sede Dc romana ed espose la sentenza del tavolino. La notizia si rivelò esatta poiché Moro era effettivamente stato prigioniero in uno stabile di via Gradoli a Roma. A causa di equivoci però, l’imbeccata non bastò a salvare la vita dell’ostaggio. Ma questa è un’altra storia. Il nodo è che Prodi ha sempre sostenuto, nonostante l’infantilismo della scusa, di avere saputo unicamente dagli spiriti il luogo del sequestro.
Nessuno gli ha mai creduto pensando invece che coprisse un informatore in carne e ossa. I più - da Andreotti, al ds Pellegrino, all’ex vicepresidente del Csm, Galloni - ipotizzarono che la soffiata fosse venuta dai collettivi affini alle Br dell’Università felsinea di cui Prodi era esimio docente. Un sospetto sulfureo con il quale il Nostro convive senza farsi uscire un fiato da oltre quarant’anni.
Prodi ha continuato a fare lo gnorri pure quando, nel 2005, emerse che nel rapimento Moro c’era forse lo zampino del Kgb. Qui si apre il capitolo dei presunti rapporti tra Romano e lo spionaggio sovietico. Un dossier che si è infittito nell’ultimo decennio. Per ragioni di spazio, basterà riferire che l’ex spia dell’Urss, Alexander Litvinenko (poi uccisa a Londra col polonio), avrebbe detto: "Il nostro agente in Italia è Prodi» e che un altro ex Kgb, Oleg Gordievsky, dichiarò in un’intervista al senatore Paolo Guzzanti, già presidente della Commissione Mitrokin: "Non ho mai saputo se Prodi fosse o no reclutato dal Kgb ma, tra il 1981 e 1982, nel Kgb era popolarissimo: lo trovavano in sintonia e dalla parte dell’Unione sovietica". Mi chiedo come si concilino questi risvolti da spy story con le ambizioni quirinalizie del nostro eroe, rimaste intatte anche dopo la clamorosa bocciatura a Camere riunite del 2013. Speriamo ci si rifletta e passiamo al resto. Il prof Prodi, dopo essere stato ministro dell’Industria in quota dc all’età di 39 anni, fu a lungo presidente dell’Iri, il falansterio dell’industria di stato. Un settennato - 1982-1989 - denso di storie. Al termine, si vantò in tutte le salse di avere risanato l’Istituto, riportandolo in utile dopo decenni. Ma Enrico Cuccia, il gran vegliardo della finanza, lo rimbeccò: "Ha solo imputato a riserve le perdite della siderurgia, perdendo come negli anni precedenti". Un modo dotto di dargli del millantatore. Quello che fece, in realtà, fu altro: utilizzare il suo immenso potere per favorire, con i soldi di tutti, chi piaceva a lui. Nell’ordine: Carlo De Benedetti, suo amico personale; Gianni Agnelli, icona dei poteri forti; se stesso.".
Che Romano Prodi sia di sinistra è cosa nota.
Egli definì Margaret Thatcher la "madre della crisi", nel giorno della sua morte, mentre eresse il modello tedesco di capitalismo ad esempio di virtù.
A dire del professore originario di Scandiano (ma residente a Bologna), Margaret Thatcher portò squilibri nella sanità e nel mondo.
Prodi non ama molto i sistemi del capitalismo anglosassone.
Di quest'ultimo, egli disse:
"Due sono gli archetipi del capitalismo che si sono scontrati nell'ultima generazione all'interno dell'economia di mercato, e cioè il modello anglosassone e quello germanico giapponese...La proprietà, espressione sintetica per indicare le regole di mercato e il controllo dell'operatività si presenta come fondamentale per lo sviluppo e l'efficienza del sistema industriale.Da questo punto di vista, il capitalismo anglosassone è caratterizzato da un azionariato anonimo, fortemente mobile e quasi sempre disinteressato alla gestione quotidiana delle imprese. E' fragile e onnipotente insieme. Fragile perché vive nell'ossessione che la proprietà dell'azienda possa subire assalti dall'esterno e onnipotente in quanto nei momenti di crisi il potere degli azionisti nei confronti dei dirigenti diventa assoluto.
Un elemento di forza di questo modello è la capacità di reazione alle evoluzioni del mercato finanziario; d'altronde, proprio questo forte collegamento con il mondo della finanza induce a privilegiare la prospettiva del breve periodo, a evitare gli investimenti in ricerca e sviluppo, finendo con il compromettere la competitività dell'impresa.
Nel modello germanico (...) la grande impresa è generalmente posseduta da un intreccio di azionisti formati da grandi banche, società di assicurazione, da fondazioni legate all'impresa, fondi collegati ai dipendenti o ai sindacati.
I successi della Germania e soprattutto del Giappone hanno imposto il capitalismo germanico come una concreta alternativa al modello anglosassone.
Il capitalismo italiano, infine, appare caratterizzato da una struttura proprietaria fragile, inadeguata alle sfide del mercato internazionale!"
In pratica, Prodi è per il potere bancario e tecnocratico del modello tedesco.
Ora, ricordo che il modello tedesco è quello che ci sta strangolando sul piano economico.
Inoltre, uno come Prodi non può rappresentare l'unità del nostro Paese, proprio per la sua storia politica.
Cordiali saluti.
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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