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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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sabato 28 giugno 2014

In Italia non si investe nella tecnologia

Cari amici ed amiche,

leggete l'articolo de "Il Giornale" che è intitolato "Questo non è un Paese per la tecnologia".
In Italia non si investe nella tecnologia né si usa la tecnologia.
Secondo recenti studi, nel mese di marzo di quest'anno, è stato calcolato che il 34% degli italiani non sa usare internet.
In Gran Bretagna solo l'8% dei cittadini britannici non sa usare internet.
Inoltre, il 95% del territorio italiano è collegato in rete ma solo la metà delle famiglie paga l'abbonamento.
Estendiamo la situazione verso altri settori, come le infrastrutture e le biotecnologie.
Per esempio, l'Italia è molto avanzata per ciò che riguarda le gallerie stradali.
Basti pensare alla tecnologia con cui è stata ampliata la galleria di Nazzano, un tunnel lungo 337 metri che è posto sull'Autostrada A1 Milano-Napoli, sul tratto compreso tra Orte e Roma nord.
Si è riusciti ad ampliare una galleria senza chiuderla al traffico.
Parliamo anche delle biotecnologie.
Esse sono una risorsa per studiare le cure delle malattie o i miglioramenti dell'agricoltura.
Questo è un male.
In tutti i Paesi che sono sviluppati si usano largamente le tecnologie.
Per esempio, Israele è molto avanzato per ciò che concerne l'insieme delle biotecnologie.
Negli Stati Uniti d'America si stanno facendo le ricerche per ricavare il carburante dal CO2.
Anche in Uruguay si investe molto nelle tecnologie.
Qui in Italia, la culla della cultura, non si riesce a fare ciò, nonostante il fatto che le risorse non manchino.
Sicuramente, la colpa di ciò è della nostra mentalità.
Noi italiani tendiamo ad investire tanto nelle materie umanistiche (che per carità di Dio vanno valorizzate) mentre trascuriamo la scienza e le tecnologie in generale.
Noi italiani dobbiamo cambiare cultura.
Per esempio, l'informatica dovrebbe essere insegnata correttamente fin dalle Scuole Medie.
Anzi, io farei iniziare l'insegnamento fin dalle Scuole Elementari.
Bisognerebbe investire di più nelle scuole ad indirizzo scientifico.
Io, ad esempio, avevo iniziato ad andare nelle Scuole Superiori nel 1994.
La scuola che avevo scelto era l'Istituto Professionale per i Servizi Sociali "Don Primo Mazzolari" di Mantova.
Oggi, quella scuola è accorpata all'Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato (IPSIA) "Leonardo da Vinci" di Mantova.
Io avevo scelto quella scuola per diplomarmi in chimica e biologia e diventare "tecnico di laboratorio chimico-biologico".
Ora, quando io mi ero iscritto a quella scuola era iniziato il "Progetto '92", ossia un nuovo corso.
Io avevo iniziato l'anno con questo nuovo corso e vedevo gli alunni delle classi che c'erano prima della mia che invece studiavano secondo quello vecchio.
Il "Progetto '92" prevedeva meno di ore di laboratorio, meno ore di chimica e biologia, l'insegnamento della chimica organica nel terzo anno e non nel secondo e più ore di materie umanistiche, come l'insegnamento della lingua italiana e della storia.
Ora, senza volere nulla togliere all'insegnamento della lingua italiana (poiché bisogna anche sapere scrivere e parlare correttamente) o a quello della storia (per carità di Dio, noi dobbiamo sapere da dove proveniamo), quando si frequenta una scuola del genere lo si fa per imparare ad usare le burette, fare analisi chimiche quantitative e qualitative, conoscere virus, batteri e protozoi e quant'altro possa riguardare le scienze.
Quella scuola non era mica un liceo classico.
La chimica è una disciplina molto difficile.
Essa è divisa in tante branche (come la chimica analitica, quella organica, la biochimica, la chimica inorganica e la chimica fisica) ed è complessa.
Lo stesso vale per la biologia.
Le ore erano troppo poche.
Sarebbe stato corretto aumentare le ore di studio, con più giorni di tempo prolungato a settimana, anziché due.
Inoltre, era scarso l'insegnamento dell'informatica.
E' mancata anche l'interdisciplinarità. Per esempio, sarebbe stato più corretto fare sì che fossero state più ore di insegnamento della lingua inglese funzionale alle materie di indirizzo, come la chimica e la biologia.
Ergo, si sarebbero dovute conoscere meglio le terminologie in inglese di ciò che riguardava chimica e biologia.
Sia chiaro, la colpa di ciò era del sistema e non della scuola e degli insegnanti, che dovevano adeguarsi a quel corso di studi imposto dal Ministero dell'Istruzione.
Come disse il presidente Berlusconi, bisogna applicare le "tre I": inglese, industria ed informatica.
La scuola di oggi non è funzionale all'industria e non insegna a sufficienza l'inglese e l'informatica.
Un'altro problema è senza dubbio il mondo del lavoro.
In Italia, vi sono troppe aziende che non cercano manodopera specializzata.
Questo avviene perché esse non sono in grado di operare, a causa delle troppe tasse, della troppa burocrazia, della giustizia che non funziona e nella scarsità di infrastrutture.
Perciò, anziché vivere e prosperare, in questo contesto le aziende preferiscono sopravvivere.
Questo le spinge, per esempio, a non fare ricerca al loro interno e ad assumere l'immigrato e non il giovane italiano diplomato o laureato.
Io ne so qualcosa, essendo diplomato, specializzato ed attualmente senza lavoro.
Riguardo alle infrastrutture, qui in Italia non si riesce a costruire una ferrovia, un ponte, un'autostrada, una galleria o un acquedotto senza che in paese arrivi un comitato che protesta, bloccando i lavori.
Basti pensare ai No TAV in Val di Susa.
Anche il rifiuto dell'uso dell'energia nucleare è stato un grosso errore.
Non lo dico solo perché sono un sostenitore convinto dell'energia nucleare ma anche perché un altro motivo di arretratezza dell'Italia è il costo elevato dell'energia elettrica, che noi importiamo da Paesi come Francia, Svizzera e Slovenia.
Queste cose debbono finire.
Oltre a ciò, gli ultimi governi hanno scoraggiato ogni uso della tecnologia.
Basti pensare alla "Google tax" imposta dal governo Renzi.
La "Google tax" è una tassa odiosa che impone ai colossi dell'informatica di avere una partita IVA italiana.
Ciò limiterà gli investimento da parte di colossi coma la Google.
Questo è causa di declino per l'Italia.
Cordiali saluti.







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Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".