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venerdì 11 aprile 2014

Il complottismo




Cari amici ed amiche.

Il mio collaboratore ed amico Angelo Fazio (che ringrazio) mi ha portato all'attenzione questo articolo scritto dal professor Massimo Introvigne sul sito del CESNUR ed intitolato "La malattia dell'Occidente. L'11 settembre e le teorie del complotto".
Di questo articolo è interessante la parte che recita:

"Le teorie del complotto e la visione "complottista" della storia sono oggetto di una vastissima letteratura (1), e hanno trovato negli ultimi anni il loro principale studioso nel sociologo americano Michael Barkun (2). La sociologia maggioritaria definisce il "complottismo" come il tentativo, per definizione minoritario, di conservare in diversi campi del sapere umano — ma principalmente nella storia e nella scienza — elementi del rejected knowledge, della «conoscenza scartata», cioè le ipotesi che la comunità scientifica nella sua vasta maggioranza — mai nella totalità, perché l’espansione del numero delle cattedre e dei docenti fa sì che se ne trovi sempre anche qualcuno a sua volta complottista —, dopo averle esaminate, ha respinto come spiegazioni false o inadeguate della realtà. Il complottista immagina che il rigetto della teoria cui è affezionato non sia avvenuto perché, seguendo i suoi normali e consueti modi di funzionamento, la comunità scientifica è riuscita a "falsificarla", nel senso di provarla come falsa, ma perché la maggioranza degli studiosi — nonché dei mediache riportano le loro conclusioni, e delle istituzioni politiche, professionali e religiose che ne tengono conto — partecipa a un vasto complotto dietro cui si celano «sette» misteriose ma potentissime, interessi inconfessabili o poteri capaci di punire con la morte chiunque non obbedisca.

Mentre "microcomplotti", che coinvolgono un numero relativamente limitato di persone, si verificano quotidianamente in molteplici ambiti — è possibile ed è avvenuto, per esempio, che una decina di colleghi gelosi si mettano d’accordo per impedire a un docente di farsi strada pubblicando un suo articolo su una rivista prestigiosa — i "macrocomplotti" di cui propriamente postula l’esistenza il complottista e che dovrebbero coinvolgere migliaia o anche milioni di persone sono tecnicamente impossibili. Come già metteva in luce la «sociologia del segreto» del sociologo tedesco Georg Simmel (1858-1918), un segreto può essere davvero mantenuto solo da un numero ristretto di persone, al più, qualche centinaio: un segreto noto a migliaia di persone non è più tale, perché è statisticamente certo che qualcuno lo svelerà (3). Il complottismo non ha dunque alcuna plausibilità scientifica: ma ha un grande interesse sociologico, perché è sempre il sintomo di profondi disagi — personali quando si tratta di manie individuali, sociali quando le teorie del complotto sono condivise da migliaia di persone — che vanno studiati e affrontati come tali.

Un esempio clamoroso di come il "complottismo" — come sostiene precisamente Barkun — non sia affatto scomparso, ma anzi cresca, in una società che pure è caratterizzata da una sempre maggiore divulgazione dei risultati delle scienze sia naturali sia umane, storia compresa, è costituito dai sessanta milioni di copie vendute del romanzo dello scrittore americano Dan Brown Il Codice da Vinci (4), che sia l’autore presenta, sia — volendo credere a indagini demoscopiche svolte in vari paesi — una parte importante dei lettori percepisce non come una semplice opera di fiction ma come il disvelamento di un grande complotto che avrebbe occultato la verità sulle origini del cristianesimo e della Chiesa Cattolica. La tesi centrale di Brown è che Gesù Cristo non avrebbe mai preteso di essere Dio, avrebbe sposato Maria Maddalena da cui avrebbe avuto una figlia, e ai suoi discendenti carnali, gli ultimi dei quali sopravviverebbero ancora oggi — non agli apostoli e ai loro successori — avrebbe voluto lasciare la guida della Chiesa. Questa verità sulle origini del cristianesimo sarebbe stata nascosta da un complotto sia delle Chiese cristiane sia della comunità scientifica, dove peraltro, fin dal secolo XIX, le cattedre di Storia del Cristianesimo sono spesso occupate da laicisti o da marxisti, non da cristiani
."

Purtroppo, quando vi sono situazioni di gravi catastrofi, si parla di presunta complotti.
Un esempio fu la la fine dei Cavalieri Templari, nel 1312.
L'ordine fu sciolto da Papa Clemente V (1264-1314), per volere del re di Francia Filippo IV detto "Il Bello" (1268-1314) che li accusò di idolatria ed eresia e di volere distruggere la Chiesa cattolica.
In realtà, il re di Francia volle prendersi le ricchezze di questi cavalieri.
Un esempio fu quanto accadde durante la pestilenza del XIV secolo, quando gli ebrei furono accusati di avere portato la peste.
Morirono parecchie persone innocenti.
Anche regimi sanguinari e maligni, come il nazismo, si fondarono sul complottismo.
In realtà, il complottismo è una questione psicologica.
Quando si crea una grave situazione c'è chi cerca sempre "quel qualcuno o quel qualcosa a cui scaricare ogni colpa".
Lo stesso discorso vale anche per l'11 settembre.
Gli attentati dell'11 settembre 2001 furono causati dai terroristi islamici.
Eppure, c'è chi (per esempio) dice che essi siano stati opera del Mossad, il servizio segreto israeliano, per mettere contro Occidente ed Islam.
Una cosa del genere non può avere senso.
Ricordo che, per esempio, che nelle Torri Gemelle morirono 404 ebrei.
Questo smentisce chi dice che il Mossad abbia avvisato i dipendenti del World Trade Center di fede ebraica, per non farli andare a lavorare in quel giorno.
Eppure, ci sono persone che, vedendo la drammaticità dell'evento, non ragionano ma si mettono a fare congetture su presunti complotti giudaico-massonici per cercare un colpevole a tutti i costi, anche se il colpevole c'è già, tirando fuori teorie che (nella migliore delle ipotesi) sono ridicole.
Ci possono essere interessi particolari che possono danneggiare altri.
Però, parlare di grossi complotti e di grandi disegni è alquanto eccessivo.
Cordiali saluti. 

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