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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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venerdì 17 gennaio 2014

Anche il Santo Padre mangia kosher

Cari amici ed amiche.

Leggete l'articolo del sito "ADN KRONOS" che è intitolato "Dai carciofi alla giudia a 'concia', papa Francesco pranza col menu kosher".

Ringrazio dello spunto l'amico e socio Morris Sonnino.
Riporto quello che dice l'articolo: Papa Francesco ha ospitato la delegazione argentina e l'ha invitata a mangiare in un ristorante del quartiere ebraico di Roma, il Ba' Ghetto.
Hanno mangiato un pranzo a base di cibi kosher, come i famosi carciofi alla giudia, la "concia" di zucchine e gli aliciotti con l'indivia.
Uno dei proprietari del locale, Amit Dabush è stato entusiasta del pranzo del Papa.
Ha detto che il Santo Padre è stato gentilissimo e gli ha regalato un bicchiere del Kiddush, un calice usato per le preghiere ebraiche.
Ora, la cucina kosher (termine che dall'ebraico significa "puro") è una cucina che ha regole precise.
In essa sono bandite carni come quella di suino, quella di coniglio e quella di cavallo, come i crostacei ed i molluschi.
Inoltre, non accetta abbinamenti tra carne e latticini e le carni debbono essere macellate senza lasciare il sangue.
Nella cucina romana ed italiana, però, c'è un influsso kosher.
Per esempio, i fritti risentono dell'origine ebraica.
Non mi riferisco solo al famoso carciofo alla giudia (che sono un classico della cucina ebraico-romana) ma anche alle "favette", le frittelle di carnevale che si fanno qui nel Mantovano, al famoso fritto napoletano o i cappidduzzi di ricotta, tipici dolci siciliani che nella zona del Messinese, la zona di mia madre, vengono chiamati anche pasticciotti.
Sono tutti fritti con olio fondo.
Questa tecnica proviene dalla cultura ebraica, anche sei poi era stata cambiata e riadattata.
Per esempio, qui da noi, nel Mantovano,  si usa friggere nello strutto, il grasso di maiale, poiché in passato tanti anni fa non ci si poteva permettere l'olio d'oliva.
Ricordo che Mantova era stata una città con una fiorente comunità ebraica, come varie città siciliane, da Messina a Siracusa, ove vi è il quartiere chiamato "Giudecca".
La cucina ebraica italiana è di origine sefardita.
Gli ebrei sefarditi sono quegli ebrei che provengono dalla Spagna, che in ebraico si chiama Sefarad.
Essa risente molto degli influssi mediterranei, come l'uso di mandorle e miele.
La nostra pasticceria è ricca di questi ingredienti.
Non si può non vedere un'influenza ebraica nella Sbrisolona Mantovana, una torta nata in ambiente contadino (e che a prima vista potrebbe non avere nulla di ebraico) ma che si raffinò nel tempo e a cui furono aggiunte le mandorle, che non sono tipiche della Pianura Padana.
Tra l'altro, pare che gli ebrei abbiano portato una versione della sbrisolona nei colli piacentini.
Questi ebrei erano di Piacenza ma essi potrebbero essere stati legati alla comunità mantovana.
Non si può non parlare della Sfogliata di Finale Emilia, un sorta di torta salata che nacque nella comunità ebraica di Finale Emilia (in Provincia di Modena) e che un pasticcere ebreo portò all'attenzione dei finalesi, dopo la sua uscita dalla comunità ebraica, la sua conversione al cattolicesimo ed il suo matrimonio con una ragazza cattolica.
La cucina è cultura.
Non basta mangiare ma bisogna anche conoscere e sapere.
Con questo articolo, faccio gli auguri di felice Capodanno degli Alberi (Tu BiShvat) agli amici di fede ebraica, a cui auguro anche un felice sabato.
Cordiali saluti.




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