Su "Atlantico Quotidiano", vi è un articolo intitolato "Leadership, religione e libertà: cosa Papa Bergoglio dovrebbe imparare dalla Regina Elisabetta".
Ne riporto questo stralcio:
"La “leadership” (se così possiamo definire un pontificato) di Francesco è sicuramente una delle più discusse nella storia della Chiesa, e la sua presa e il controllo su quanto sta accadendo appaiono meno saldi che nelle mani dei predecessori. L’aura di sacralità che avvolgeva i pontefici (basti ricordare Pio XII, chiamato Pastor Angelicus) ora è stata sostituita da un velo di moralismo che ha ben poco di cristiano e che non è in realtà molto diverso da quello in cui si ammantano i leader delle sinistre occidentali.
La Chiesa sembra oggi preferire, almeno per voce della sua guida, il dialogo con i governi a quello con le anime. La dimensione spirituale lascia oggi il posto a una dimensione materiale, come materiali sono i fini della stragrande maggioranza dei discorsi papali: si parla sempre invariabilmente di “qualcuno di potente” che dovrebbe fare “qualcosa”. L’appello a un valore come la solidarietà, che è fondante della nostra civiltà occidentale, perde totalmente di significato se rivolto a un governo: lo Stato non dà scelta ai cittadini in merito alle tasse, e la solidarietà è tale quando viene dall’individuo, non quando all’individuo viene imposta.
Parlare ai governi e alla società è il modo più sicuro per non arrivare alle anime: rivolgersi a pure entità impersonali non tocca il cuore del cristiano che oggi come non mai ha bisogno di spiritualità, di un messaggio di speranza e di vicinanza in un momento terribile per la nostra società.
Non è un azzardo affermare, come ha fatto Charles Moore dalle colonne del Telegraph, che l’ultima leadership religiosa rimasta nella civiltà cristiana occidentale è quella della Regina Elisabetta.
Naturalmente i ruoli non sono paragonabili: Elisabetta è sul trono dal 1952, è un capo di Stato e si trova lì per diritto ereditario: il suo volto è stampato su una buona fetta della moneta in circolazione nel mondo in questo momento, e certamente quando pensiamo a lei non la colleghiamo subito alla dimensione religiosa.
La Regina però non perde mai di vista il suo dovere come capo della Chiesa anglicana: i suoi discorsi, che conciliano questa figura con quella del capo di Stato, contengono sempre un riferimento a quei valori condivisi e comuni che hanno fatto grande il Regno Unito. L’ultimo Queen’s Speech ne è stato un esempio: la capacità di questa donna di riuscire a parlare direttamente alle persone, di fare appello ai loro migliori sentimenti senza scadere nell’eccesso e nella banalità è disarmante se paragonata alle goffe uscite del Papa e alle sue continue intromissioni in faccende politiche che, in quanto tali, non lo riguardano".
La Chiesa sembra oggi preferire, almeno per voce della sua guida, il dialogo con i governi a quello con le anime. La dimensione spirituale lascia oggi il posto a una dimensione materiale, come materiali sono i fini della stragrande maggioranza dei discorsi papali: si parla sempre invariabilmente di “qualcuno di potente” che dovrebbe fare “qualcosa”. L’appello a un valore come la solidarietà, che è fondante della nostra civiltà occidentale, perde totalmente di significato se rivolto a un governo: lo Stato non dà scelta ai cittadini in merito alle tasse, e la solidarietà è tale quando viene dall’individuo, non quando all’individuo viene imposta.
Parlare ai governi e alla società è il modo più sicuro per non arrivare alle anime: rivolgersi a pure entità impersonali non tocca il cuore del cristiano che oggi come non mai ha bisogno di spiritualità, di un messaggio di speranza e di vicinanza in un momento terribile per la nostra società.
Non è un azzardo affermare, come ha fatto Charles Moore dalle colonne del Telegraph, che l’ultima leadership religiosa rimasta nella civiltà cristiana occidentale è quella della Regina Elisabetta.
Naturalmente i ruoli non sono paragonabili: Elisabetta è sul trono dal 1952, è un capo di Stato e si trova lì per diritto ereditario: il suo volto è stampato su una buona fetta della moneta in circolazione nel mondo in questo momento, e certamente quando pensiamo a lei non la colleghiamo subito alla dimensione religiosa.
La Regina però non perde mai di vista il suo dovere come capo della Chiesa anglicana: i suoi discorsi, che conciliano questa figura con quella del capo di Stato, contengono sempre un riferimento a quei valori condivisi e comuni che hanno fatto grande il Regno Unito. L’ultimo Queen’s Speech ne è stato un esempio: la capacità di questa donna di riuscire a parlare direttamente alle persone, di fare appello ai loro migliori sentimenti senza scadere nell’eccesso e nella banalità è disarmante se paragonata alle goffe uscite del Papa e alle sue continue intromissioni in faccende politiche che, in quanto tali, non lo riguardano".
Mi viene in mente una battuta ironica.
Sentire certi discorsi di Papa Francesco mi fa pensare che ci sia una rivincita di re Enrico VIII (28 giugno 1491-28 gennaio 1547).
Battute ironiche a parte, preciso una cosa: io non attacco Papa Francesco come capo della Chiesa cattolica.
Ci mancherebbe altro. Anch'io sono cattolico.
Però, io critico Jorge Mario Bergoglio come politico.
Politicamente, la gestione di questo Papa è molto discutibile.
Anzi, per certi versi, l'attuale pontefice si comporta più da politico che non capo della maggiore confessione cristiana.
Infatti, il pontificato è un sacrificio di sé stessi.
Chi diventa Papa deve sacrificare le sue opinioni per il bene della Chiesa.
Purtroppo, Jorge Mario Bergoglio (in questo caso non lo chiamo Papa Francesco per non mettere in discussione questa figura come capo della Chiesa) sta commettendo degli errori.
Un esempio è stato l'accordo con il governo cinese.
L'attuale pontefice dovrebbe pubblicare il testo di quell'accordo.
Infatti, il governo cinese continua a perseguitare i cristiani e la Chiesa cattolica locali.
Un accordo dovrebbe preludere ad una fine delle persecuzioni. Invece, le chiese che non si piegano alle pretese del regime continuano ad essere chiuse.
Dunque, qualcosa non torna.
Inoltre, questo continuo parlare di migranti ed il continuo dire di farli entrare anche se sono clandestini rischiano di fare perdere veramente la bussola alla barca di San Pietro.
Anche il fatto che l'attuale Pontefice non abbia riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele ci deve fare riflettere.
Israele è garanzia per i cristiani, che in quello Stato possono godere di diritti e di piena libertà di culto.
Invece, il Papa non ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele mentre ha ricevuto Abu Mazen, discutibile leader dell'Autorità Nazionale Palestinese.
Ha ribadito ciò anche firmando una lettera con il re del Marocco.
Anche riguardo a questo tema qualcosa non torna.
Il Papa parla ai governi.
Però, parlare ai governi e parla di temi come la politica estera e l'ambiente non è parlare alle anime.
Inoltre, egli ha nominato persone ideologicamente vicine a lui nel Collegio cardinalizio.
Ora, il Papa è di tutti e deve rappresentare tutti.
La Chiesa ha varie anime al suo interno.
Escluderne alcune solo perché non sono ideologicamente vicine rischia solo portare a situazioni molto tristi per la Chiesa.
Un Papa che si butta troppo in politica rischia di trascurare l'aspetto spirituale del suo ruolo.
La storia stessa lo dice.
La storia stessa lo dice.
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