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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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mercoledì 20 marzo 2013

Australia, una Chiesa cattolica in crescita

Vescovo James  Quinn (che fu in carica dal 1859 al 1881)  
Cari amici ed amiche.

Vi invito a visitare la pagina di Facebook intitolata "No Cristianofobia", una pagina che è correlata al sito omonimo.
Questa pagina, che mi è stata segnalata dall'amica Francesca Padovese, è quella dell'osservatorio sulla cristianofobia, un fenomeno che purtroppo sta diventando sempre più evidente non solo nei Paesi islamici ma anche in quelli comunisti e, purtroppo, in Occidente, anche se in modo assai più sottile.
Intanto, però, in un Paese c'è un sentimento religioso sempre più forte.
Sto parlando dell'Australia.
Quando pensiamo all'Australia, pensiamo ai canguri, ai koala, alla montagna dell'Uluru, al Teatro dell'Opera di Sydney, alla cantante Kylie Minogue o all'attore (e figlio di un noto Primo Ministro di cui avevo parlato) Julian Mc Mahon.
In Australia, però, c'è un'altra cosa: una Chiesa cattolica che oggi è in crescita.
Nata nel XVIII secolo (con la spedizione di James Cook del 1770)  come colonia penale dell'Impero Britannico,  l'Australia ospitò molti cittadini britannici che dovevano scontare delle pene.
Ora, questi cittadini britannici erano per lo più protestanti, anglicani e presbiteriani.
Quindi, l'Australia nacque come Paese protestante, anche se nuclei cattolici erano già presenti, per la presenza di prigionieri irlandesi.
Successivamente, però, ci fu un fatto nuovo.
Vennero molti europei di religione cattolica, soprattutto irlandesi ed italiani ma anche francesi, spagnoli, croati e polacchi.
Per tutto il secolo XIX e l'inizio del XX ci fu una massiccia immigrazione cattolica.
Questo fece nascere una Chiesa cattolica australiana, tanto che William Bernard Ullathorne (1806-1889) fece pressioni su Papa Grogorio XVI ad istituire le circoscrizioni ecclesiastiche dell'Australia.
Ullathorne fu il vicario generale del vescovo William Morris (1794-1872) che fu il vescovo delle missioni australiane.
La Chiesa cattolica australiana venne divisa in sette arcidiocesi (che sono l'Arcidiocesi di Adelaide, l'Arcidiocesi di Brisbane, l'Arcidiocesi di Melbourne, l'Arcidiocesi di Perth, l'Arcidiocesi di Sydney, l'Arcidiocesi di Hobart e l' Arcidiocesi di Canberra e Goulburn) 32 diocesi e 1.390 parrocchie.
Gli italiani contribuirono molto a fare crescere la Chiesa cattolica australiana.
Nel blog di "Migrantes Australia", ho trovato un articolo molto interessante che è intitolato "Gli italiani nella Chiesa d'Australia":

"Gli italiani nella chiesa cattolica australiana. La chiesa cattolica in Australia è nata dagli irlandesi, in parte galeotti, in parte liberi emigrati. La sua gerarchia e i suoi preti per molti decenni vennero inviati dall’Irlanda ed essi fondarono comunità “istituzionalmente solide, ortodosse e di spiccata identità irlandese” (A. Paganoni, Valiant struggles and benign neglect, CMS, New York, 2003, p. 239 ). “Forse vale la pena affermare che l’Australia era tanto strettamente e caparbiamente britannica quanto la sua chiesa era strettamente e caparbiamente irlandese”, motivo per cui “l’arrivo di tanti immigrati di lingua diversa dall’inglese, trovò la Chiesa largamente impreparata. Bisognava trovare la soluzione per integrarli, con il processo dell’assimilazione” (A. Paganoni, ibid., p. 239). Tuttavia la chiesa ha dovuto amaramente prendere atto che i cattolici italiani non erano assimilabili e che non venivano in realtà a duplicare e triplicare il numero dei fedeli delle esistenti comunità parrocchiali e tanto meno ad aumentare l’influenza della popolazione cattolica nelle questioni australiane. Gli italiani, da parte loro, si sentivano estranei, guardati alla stregua di pagani, nonostante provenissero dalla terra dei Papi. La gerarchia cattolica si trovava così tra due fuochi: tra la necessità di non perdere i cattolici italiani e l’opportunità di non annacquare l’identità irlandese della chiesa cattolica australiana. C’erano certamente dei solenni documenti pontifici (primi fra i quali la Costituzione Apostolica Exul Familia di Pio XII, 1952 e il Motu Proprio di Paolo VI De Pastorali Migratorum Cura,
1969) che avrebbero dovuto guidare la gerarchia australiana, ma essa non era così ben disposta a seguirli interamente. Chiamare preti italiani era possibile, e lo fece, ma si trovò subito piuttosto ingarbugliata nell’inventare la pastorale adatta per gli italiani, il metodo di applicazione di questa pastorale e l’accordo con i missionari degli emigrati e, talvolta, con i laici. La paura o, per meglio dire, il terrore delle parrocchie nazionali sul modello statunitense, che avrebbero potuto incunearsi nella rigidità delle incolori parrocchie irlandesi, ebbe il maggior peso nella scelta pratica di provvedimenti giuridici e pastorali che i vescovi avrebbero alla fine dovuto prendere. “Dopo un breve tentativo di introdurre in diocesi qualche sacerdote per gli emigrati che da una qualsiasi canonica australiana organizzasse un’assistenza il più attiva possibile usando varie parrocchie territoriali, si passò, per gli italiani almeno, a uno schema più realistico ed efficace: dare la completa e tradizionale amministrazione di parrocchie territoriali ad alcuni di questi missionari, con la clausola chiara e pubblica di estendere da qualsiasi sede fissa e indipendente, il proprio ministero anche agli italiani residenti in altre parrocchie (…). Il beneficio maggiore di questo schema era di costringere il missionario italiano ad una piena riuscita nella parrocchia territoriale e a un impegno di emulazione con le altre parrocchie in modo da giustificare la sua presenza sotto ogni aspetto: linguistico, amministrativo e pastorale (A. Lorigiola, Parrocchie Nazionali e Parrocchie Territoriali, esperimento di fusione in Australia, in Collana “Sussidi”- 1, Problemi di storia, sociologia e pastorale dell’emigrazione, CSER, 1965, p. 130). La parrocchia territoriale, gestita da un parroco straniero, possibilmente con uno o più assistenti altrettanto stranieri, diveniva gradualmente un centro di attrazione per tutti gli italiani dei dintorni, dove trovavano ogni tipo di assistenza, compresa quella sociale, della quale avevano più necessità del pane quotidiano. Qui arrivavano da altre parrocchie inviti per messe in lingua italiana, confessioni periodiche, matrimoni, funerali, missioni annuali, tridui, feste patronali, così da rendere questa parrocchia un centro di irradiazione pastorale intenso. Da qui potevano partire anche iniziative dirette a una seria e precisa organizzazione del movimento italiano di apostolato laico da costituire in altri centri parrocchiali. È opportuno osservare che, grazie anche alla politica del multiculturalismo, i missionari degli italiani hanno potuto agire con una maggiore libertà, ampliata dalla loro paziente politica del “passo dopo passo” e del “fare senza esibire” documenti pontifici. In questa maniera i parroci australiani, e i Vescovi, hanno potuto constatare che gli italiani non erano meno fedeli degli irlandesi, a patto che fossero messi nella condizione di poter vivere la loro religiosità alla maniera nella quale era stata loro trasmessa. Senza il freno dell’identità irlandese, la Chiesa d’Australia avrebbe potuto sbocciare con maggior freschezza e vigore. Allo stesso tempo i cattolici italiani d’Australia hanno dimostrato che la fede dovrebbe portare a una religiosità più calda e umana e meno rigida e formalistica.
Entro lo schema di parrocchie territoriali “de jure” e nazionali “de facto”, alcune di esse sono divenute famose soprattutto per l’impegno sostenuto dall’Ordine dei Cappuccini e dalla Congregazione Scalabriniana, accreditata questa seconda anche di spettacolari interventi nell’assistenza degli italiani anziani fino al momento di andare oltre la linea di confine della vita. Quanti italiani avrebbero lasciato la religione cattolica senza l’aiuto dei sacerdoti italiani non si può certo stabilire, anche perché bisogna tenere in massimo conto la differenza tra fede e pratica esterna della religione. Ad ogni buon conto, l’importante è che essi sono ormai parte viva dei circa 6 milioni di cattolici che costituiscono oggi la Chiesa australiana. La maggior parte non è praticante, tuttavia nei censimenti, alla voce “religione di appartenenza” risponde “cattolica romana”
.".

Basti pensare anche alla statua del vescovo James Quinn (di chiare origini irlandesi) che fu fatta dall'artista italiano Achille Simonetti nel 1892 nella cattedrale di Santo Stefano a Brisbane.
Oggi, la Chiesa cattolica australiana rappresenta il 28% della popolazione e conta più di 5.000.000 di fedeli,  1.883 presbiteri, 85 diaconi permanenti. 2.244 religiosi e 6.948 religiose. 
Oggi la Chiesa cattolica australiana è la prima Chiesa cristiana d'Australia.
Quella anglicana rappresenta 17,1% degli australiani.
Il numero di cattolici sarà destinato a crescere, anche in funzione della Costituzione Apostolica "Anglicanorum Coetibus", che fu voluta da Papa Benedetto XVI il 4 novembre 2009 e che riunisce a Roma gli anglicani tradizionalisti.  
Proprio in Australia vi è l'Ordinariato personale della Croce del Sud
Questo risveglio religioso (che sembra latente) spiega il fatto che migliaia di giovani siano andati nella Giornata Mondiale della Gioventù che si è tenuta a Sydney nel 2008, la canonizzazione di Suor Mary Mc Killop, la nascita di chiese dedicate a santi importanti (come San Gabriele dell'Addolorata, presso le comunità abruzzesi) e la decisione del Parlamento australiano di dire no ai matrimoni gay.
Anche l'affermazione di John Howard (Primo Ministro dal 1996 al 2007) va in questo senso.
Questa affermazione recita:

"GLI IMMIGRATI NON AUSTRALIANI DEVONO ADATTARSI! Prendere o lasciare, sono stanco che questa nazione debba preoccuparsi di sapere se offendiamo alcuni individui o la loro cultura. La nostra cultura si è sviluppata attraverso lotte, vittorie, conquiste portate avanti da milioni di uomini e donne che hanno ricercato la libertà.
La nostra lingua ufficiale è l’INGLESE, non lo spagnolo, il libanese, l’arabo, il cinese, il giapponese, o qualsiasi altra lingua. Di conseguenza, se desiderate far parte della nostra società, imparatene la lingua!

La maggior parte degli Australiani crede in Dio. Non si tratta di obbligo di cristianesimo, d’influenza della destra o di pressione politica, ma è un fatto, perché degli uomini e delle donne hanno fondato questa nazione su dei principi cristiani e questo è ufficialmente insegnato. E’ quindi appropriato che questo si veda sui muri delle nostre scuole. Se Dio vi offende, vi suggerisco allora di prendere in considerazione un’altre parte del mondo come vostro paese di accoglienza, perché Dio fa parte delle nostra cultura.

Noi accetteremo le vostre credenze senza fare domande. Tutto ciò che vi domandiamo è di accettare le nostre, e di vivere in armonia pacificamente con noi.

Questo è il NOSTRO PAESE; la NOSTRA TERRA e il NOSTRO STILE DI VITA. E vi offriamo la possibilità di approfittare di tutto questo. Ma se non fate altro che lamentarvi, prendervela con la nostra bandiera, il nostro impegno, le nostre credenze cristiane o il nostro stile di vita, allora vi incoraggio fortemente ad approfittare di un’altra grande libertà australiana: IL DIRITTO AD ANDARVENE. Se non siete felici qui, allora PARTITE. Non vi abbiamo forzati a venire qui, siete voi che avete chiesto di essere qui. Allora rispettate il paese che VI ha accettati
".

L'Australia ci sta dando una bella lezione.
Cordiali saluti. 




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