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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino

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sabato 9 giugno 2018

Quel mancato scisma toscano...

Ieri, si è festeggiato il Sacro Cuore di Gesù ed oggi si festeggia il Cuore Immacolato di Maria.
Ebbene, oggi faccio un breve sunto storico su un fatto che mise in discussione queste ricorrenze.
Il fatto avvenne nel 1786 e la città in cui questo evento si verificò fu la città toscana di Pistoia.
A condurre questo fatto fu un uomo, il vescovo della città toscana Scipione de' Ricci.
Scipione de' Ricci (19 gennaio 1740-27 gennaio 1810) fu vescovo della città di Pistoia e di Prato dal 1780 al al 1791, anno in cui si dimise.
Egli aderì al giansenismo, un movimento fondato dal vescovo di Ypres Cornelis Otto Jansen, meglio conosciuto da noi come Giansenio (28 gennaio 1585-6 maggio 1638).
Giansenio scrisse un'opera intitolata "Augustinus", secondo cui la Chiesa avrebbe dovuto accettare il principio della predestinazione e del rigore.
Inoltre, essa diceva anche di diffidare di certi culti che erano visti come abusi liturgici, come certi culti mariani, il culto dei santi e in seguito il culto del Sacro Cuore e riteneva che il popolo cristiano fosse il vero depositario dell'infallibilità.
Con la bolla "Cum occasione" di Papa Innocenzo X (al secolo Giovanni Battista Pamphilj, 6 maggio 1574-7 gennaio 1655) la dottrina in questione fu definitivamente dichiarata eretica, dopo essere già stata condannata in precedenza dal Santo Uffizio.
Ora, con l'appoggio del Granduca di Toscana Leopoldo II di Lorena (5 maggio 1767-1 marzo 1792) il vescovo de' Ricci decise di portare avanti un sinodo con cui avrebbe riformato la Chiesa in Toscana secondo i dettami giansenisti.
Questi furono i decreti emanati:


  • Sulla fede: la professione di fede di Pistoia è ortodossa; si attacca però il culto del Sacro Cuore, ritenuto una adorazione illegittima perché separa e divide l'unica persona del Cristo, adorando l'umanità separata dalla divinità;
  • Sulla Chiesa: la Chiesa ha il compito di conservare il deposito della fede e della morale, la cui verità sta nell'antichità (le aggiunte posteriori sono false); la vera Chiesa è la comunità dei pastori di Cristo di cui il papa è soltanto il capo ministeriale;
  • Sulla grazia e sulla predestinazione: gli ultimi secoli hanno oscurato la verità, per cui bisogna ritornare all'antichità, in particolare alla dottrina di sant'Agostino;
  • Sui sacramenti: come Trento, riconosce il numero di sette, e per ognuno ne stabilisce la dottrina: 
  1. battesimo: il sinodo si sofferma in particolare sul battesimo dei bambini, obbligatorio entro le 24 ore dalla nascita, anche senza il consenso dei genitori;
  2. eucaristia: si evitano le discussioni per spiegare la presenza reale (non si parla mai di transustanziazione); si abolisce la comunione eucaristica fuori dalla messa; si introduce la lingua volgare e la lettura ad alta voce delle preghiere della Messa;
  3. penitenza: il sinodo, sulla scia del Ricci (che pensava ad un'unica confessione nella vita, come nella chiesa antica), si mostrò molto rigorista;
  4. estrema unzione: il fondamento è la lettera di Giacomo; per il sinodo, la dottrina attuale (il sacramento si deve ricevere solo alla fine della vita) è un abuso posteriore introdotto nella Chiesa;
  5. ordine: il sinodo ne parla a lungo, lodando il Granduca Leopoldo per le sue riforme in questo campo;
  • Sulla preghiera: il sinodo mette in guardia dalle false devozioni (Sacro Cuore, Via Crucis), regola le altre (specialmente quelle mariane), condanna l'adorazione di false immagini miracolose, obbliga a togliere dalle chiese ogni immagine o statua che non siano quelle che fanno riferimento ai misteri di Cristo; si sopprimono gli altari laterali nelle chiese;
  • Sul culto pubblico: onori al sovrano, ufficio dei defunti ogni domenica in parrocchia, riforma del breviario, riduzione delle novene, delle processioni, delle feste; trasferimento delle feste in domenica.
  • Sulle conferenze ecclesiastiche e sui sinodi.
Questi decreti avrebbero cambiato la Chiesa nel Granducato di Toscana ed avrebbero prefigurato uno scisma da Roma, se non ci fossero state le proteste del clero e del popolo pistoiese, che oltretutto si infuriò con il vescovo perché questi screditò il culto della Sacra Cintola.
Il Concilio nazionale che si celebrò a Firenze nel 1787 avrebbe dovuto dare il via libera ai decreti di Pistoia.
Invece, esso fu uno smacco per de' Ricci, dato che il clero si oppose.
Inoltre, nel 1790, il granduca fu chiamato a Vienna a succedere a suo fratello, l'imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II d'Asburgo (13 marzo 1741-20 febbraio 1790).
Nel 1791, il vescovo de' Ricci si dimise e si ritirò a vita privata.
Nel 1794, con la bolla Auctorem fidei, Papa Pio VI (Giovanni Angelico Braschi, 25 dicembre 1717-29 agosto 1799) condannò ottantacinque tesi del Sinodo di Pistoia, bollandone sette come eretiche ed altre come "scismatiche, erronee, sovversive, false, temerarie, capricciose, ingiuriose alla Chiesa e alla sua autorità, conducenti al disprezzo de' sacramenti e delle pratiche di Santa Chiesa, offensive alla pietà dei fedeli, che turbavano l'ordine delle diverse chiese, il ministero ecclesiastico, la quiete delle anime, che si opponevano ai Decreti Tridentini, offendevano la venerazione dovuta alla Madre di Dio, i diritti de' concili generali". 
Il vescovo de' Ricci fu perdonato da Papa Pio VII (al secolo Barnaba Niccolò Luigi Chiaramonti, 14 agosto 1742-20 agosto 1823) nel 1805, dopo un'abiura delle sue idee.

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