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lunedì 25 giugno 2018

Immigrazione: ecco perché do ragione a Salvini

Sono contento del fatto che l'Uruguay abbia finito il suo girone in testa e si sia qualificato agli ottavi di finale della Coppa del Mondo che si sta disputando in Russia.
Faccio il tifo per l'Uruguay sia per una questione sportiva (la squadra vale) sia per una questione "culturale".
Il 44% degli uruguayani è di origini italiane.
Ora, parto da questo argomento per trattare il vero tema della questione.
Qualcuno (qui a Roncoferraro) mi ha posto questa domanda: "Come mai tu, che sei di origini meridionali, appoggi le politiche migratorie implementate dall'attuale ministro degli Interni Matteo Salvini?".
Rispondo in modo molto semplice, dicendo che proprio per via delle mie origini faccio il tifo per Salvini.
Mio padre è abruzzese e mia madre è siciliana.
Io sono nato a Mantova.
Ora, non mi sento pienamente mantovano ma non mi sento neppure pienamente siciliano.
Riguardo all'Abruzzo, dico che non mi sento quasi per nulla abruzzese, non per un'antipatia nei confronti di quella bellissima regione (con tanta bella gente) ma perché in essa sono stato relativamente poco.
Il grosso di me è diviso tra la Lombardia e la Sicilia.
Ora, tra il Nord ed il Sud dell'Italia vi è una grossa differenza di storia e di cultura.
Per esempio, un palermitano che va a vivere a Milano deve cambiare completamente il suo stile di vita, esattamente come lo deve fare un veronese che si trasferisce a Napoli o un trentino che si trasferisce a Reggio Calabria.
Se ci sono già delle differenze tra noi italiani, figuriamoci se non ce ne sono tra noi italiani ed i marocchini, i tunisini o i senegalesi che arrivano qui in Italia.
Io mi sono sempre schierato per la difesa di un'identità di un popolo proprio perché un popolo senza identità è destinato ad estinguersi.
Per esempio, ammiro molto gli Americani, i quali pur essendo tutti figli di coloni inglesi, di di schiavi neri e di immigrati si riconoscono tutti nel valore rappresentato dalla loro bandiera e dalle parole "In God we trust".
Ammiro anche gli Israeliani, i quali pur provenendo da tante zone dell'Europa (penso agli ebrei sefarditi e agli askenaziti) si riconoscono in simboli come la Stella di David.
Ho citato questi due popoli non per caso ma perché essi hanno un forte senso della patria e dell'identità culturale.
Provate a toccare, per esempio, l'apple pie agli Americani e sentirete le loro risposte.
Gli Americano tengono persino alla loro apple pie (torta di mele) perché è un loro simbolo.
Per vivere, un popolo deve avere il senso dell'identità.
Non a caso, io mi sono schierato tra coloro che hanno condannato l'Unione Europea per il fatto di non avere nella Costituzione il riferimento alle radici giudaico-cristiane.
Un popolo ha bisogno della sua identità.
Un'immigrazione incontrollata, a fronte di questo relativismo europeo,  rischia non solo di creare problemi di natura sociale ed economica ma anche di natura culturale.
Il relativismo fa molto male, anche perché non è detto che i migranti accettino i nostri valori e si integrino nella nostra società.
Penso ai musulmani, la cui religione è anche un sistema giuridico incompatibile con il nostro.
Guarda caso, i figli degli immigrati musulmani (anch'essi seguaci di quella religione) spesso e volentieri sono "border line".
Non sanno se essere musulmani o se essere cittadini dei Paesi in cui vivono.
Spesso e volentieri, a fronte del relativismo europeo, essi si radicalizzano nell'Islam creando i problemi che sono noti a tutti.
Termino, festeggiando nuovamente la vittoria dell'Uruguay.
Ricordo che ho già pronto un articolo per la rivista "La Civetta" che parla degli italiani in Uruguay e della loro storia, con tanto di dedica alla mia amica carissima e socia in questo blog Stephanie Caracciolo, la cui amicizia fraterna è preziosa.




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