San Francesco d'Assisi ed il sultano al Kamil, complesso museale di San Francesco di Montefalco (Perugia), Benozzo Gozzoli (1452) |
In realtà, la storia è ben diversa.
Come riporta il sito "Documentazione.info", San Francesco fu sì un uomo di pace ma non fu un pacifista.
Vi riporto questa parte:
"Quando si parla di rapporti tra mondo cristiano e mondo islamico, capita spesso che qualcuno citi il caso di san Francesco (1181-1226), più o meno in questi termini: «Si dovrebbe testimoniare il Vangelo come fece Francesco, in sottomissione e silenziosa discrezione; e quindi non si dovrebbe cercare di convertire nessuno, come san Francesco non voleva che si facesse». Ebbene, è corretta una simile visione?
All'origine del Francesco buonista un libro di Miccioli
Innanzitutto va detto che questa interpretazione del pensiero e dell’azione del santo di Assisi deriva in particolare da un libro notevole e influente, scritto dallo storico Giovanni Miccoli e intitolato Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana. In quel volume Miccoli sostenne che Francesco voleva «realizzare una presenza cristiana priva di ogni ricerca di proselitismo». In altri termini, il santo assisiate avrebbe visto ogni tentativo di annuncio attivo del Vangelo - orientato cioè alla conversione del non cristiani — come una sorta di “ingerenza”, persino di violenza e di contrario allo spirito evangelico, intriso di sottomissione, rinuncia, povertà “assoluta” e testimonianza “pura”.
Le fonti presentano una realtà diversa
Per sostenere questa tesi Miccoli cita la Regola non bollata (cioè non approvata dalla Chiesa, stesa tra il 1209 e il 1221) che al capitolo 16 recita: «I frati che vanno tra gli infedeli [e in specie tra i saraceni] possono vivere e comportarsi con loro, spiritualmente, in due modi. Un modo è che non suscitino liti o controversie, ma siano soggetti, per amore di Dio, a ogni umana creatura, e confessino di essere cristiani». Queste parole, certamente di Francesco, sembrano confermare quella lettura; tuttavia è necessario proseguire nel testo di quello stesso capitolo 16, che aggiunge immediatamente: «Un altro modo è che, quando vedessero che piace al Signore, annuncino la parola di Dio, affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore; e siano battezzati e diventino cristiani, poiché chi non nasce dall’acqua e dallo Spinto Santo, non può entrare nel regno di Dio».
Il cristianesimo integrale di San Francesco
Si tratta di parole molto chiare, che indicano al frate francescano (e, potremmo dire, al cristiano in genere) la necessità di cogliere le occasioni propizie per testimoniare esplicitamente e “attivamente” la buona novella, «affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore». Sono contenuti essenziali del Cristianesimo, ovvero la Trinità e la figura umana e divina di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’umanità. E si badi che si tratta proprio di quei punti che l’Islam nega esplicitamente: per l’Islam, infatti, Allah è Dio uno e indivisibile e l’idea cristiana della Trinità è un’assurdità quando non, peggio, una forma di idolatria, ovvero di abominio da distruggere. Ed è poi vero che il Corano riconosce in Cristo un grande profeta, precursore di Maometto; ma appunto Cristo, in quest’ottica, non è nient’altro che un uomo, per quanto eccezionale (inferiore comunque a Maometto), e non può in alcun modo essere Dio. Tanto è vero che, per il Corano, Cristo non è mai morto in croce e quindi non è neppure — e tantomeno — resuscitato.
La spinta apostolica e missionaria
Sono punti essenziali di diversità tra Cristianesimo e Islam, che Francesco mostra di conoscere esattamente e di voler mettere a fuoco nell’attività missionaria del suoi frati. Lo scopo, poi, non è “semplicemente” di testimonianza, o meglio lo è nel suo senso più pieno, orientato cioè alla salvezza delle anime, che devono essere «battezzate» e «diventare cristiane», il che significa necessariamente staccarsi dal corpo dell’Islam per entrare nel corpo storico e mistico della Chiesa e di Cristo. Mi paiono parole nette, che smontano da sé il preteso “irenismo” a oltranza di Francesco: il santo di Assisi sperava e voleva che anche i musulmani (come gli altri infedeli) conoscessero la Grazia di Cristo, quella stessa che lo aveva toccato da giovane e gli aveva radicalmente trasformato l’esistenza.
Il proselitismo
Come ha ben scritto Claudio Leonardi, uno del massimi esperti mondiali della mistica cristiana medievale, «Francesco non ha timore di fare proseliti: il proselitismo, cioè la conversione e l’ingresso dell’infedele tra i fedeli di Cristo e della Chiesa, è nella logica della predicazione e di ogni azione apostolica, anche se la conversione resta solo opera divina».
San Francesco tra i musulmani
Quanto abbiamo visto sin qui riguarda soprattutto il pensiero e la parola scritta di Francesco. Tuttavia egli si pose questo problema anche dal punto di vista pratico: volle cioè portare personalmente il Vangelo in terra islamica. Dopo un paio di tentativi falliti, fu nel 1219 che il santo riuscì a entrare in contatto con gli infedeli, durante la quinta crociata. L’episodio è a volte liquidato come un evento minore e secondario della sua biografia, perché Francesco rimase solo qualche giorno presso i musulmani, senza peraltro ottenere un particolare successo. Ma, anche in questo caso, è una lettura riduttiva: che un uomo del Medioevo provi per tre volte a superare il “confine”, geografico e spirituale, che divideva la Cristianità del tempo dal mondo islamico; che lo faccia a suo rischio e pericolo, accompagnato solo da un altro frate (di nome Illuminato); che cerchi di parlare — e ci riesca! — con il sultano d’Egitto, ovvero con l’autorità somma del potere islamico in quel momento; e infine che torni indietro sano e salvo... beh, son tutte cose eccezionali, non secondarie, come scrisse Dante nella Divina Commedia (Paradiso 11,100-105).
L'incontro con il sultano
Orbene, che cosa accadde? Nel giugno del 1219 Francesco e Illuminato raggiunsero il campo dei crociati che assediavano Damietta da qualche tempo. Tra la fine di quell’estate e l’inizio dell’autunno, i due frati attraversarono la “terra di nessuno” che divideva i crociati dai musulmani e chiesero di parlare con il sultano al-Kamil, discendente del grande Saladino. Sul fatto che i due si incontrarono e che, tramite interpreti, si parlarono, nessuno oggi dubita più. Ciò che divide gli storici è semmai il contenuto del loro discorso, che diventa altamente dibattuto per il suo valore simbolico.".
Dunque, accostare San Francesco a certi personaggi progressisti del mondo d'oggi è quantomeno ridicolo.
San Francesco era certamente un uomo di pace ma non abiurò mai le sue convinzioni.
Anzi, le portò avanti con forza.
Egli si mosse anche per convertire le persone.
Dunque, l'idea di un "San Francesco hippy" è solo una bufala.
Auguro un felice onomastico a coloro che si chiamano Francesco e Francesca. In particolare, auguro buon onomastico all'amica e collaboratrice Francesca Padovese, e all'amico e collaboratore Francesco Antonio Rossi con stima ed amicizia.
San Francesco non era hippy.
RispondiEliminaEgli ha dato direttive precise, come ad esempio sugli animali: essi vanno rispettati, perché fan parte del Creato.
Ora, rispetto non significa non mangiarli, come dicono i radical chic e gli hippy di oggi. Rispetto significa allevarli con considerazione. E questo rispetto manca nel mondo d'oggi: gli allevamenti intensivi li hanno trasformati in cose, non più animali. E così non va: è contrario al cristianesimo, non rispetta il Creato, dunque non rispetta Dio.
Sono orgoglioso di portare il nome del Santo di Assisi.
Buon onomastico a tutti i Francesco!
Veramente, l'uomo è stato messo a capo del creato da Dio stesso.
RispondiEliminaLo dice anche la Bibbia.
L'agricoltura e l'allevamento rientrano in ciò.
Allevare non è incompatibile col rispetto. Sono gli allevamenti intensivi ad essere in contrasto col rispetto per il Creato. Infatti in essi gli animali sono maltrattati al punto da non esser più considerati tali, ma cose. E questo non va bene. Il Santo a cui devo il mio nome ha insegnato rispetto per il Creato, lo seguo particolarmente. San Francesco diceva che l'uomo è a capo del Creato, ma proprio in quanto capo ne è responsabile e primo protettore. E lì dentro gli animali non sono rispettati, né protetti: sono cose. E ciò è male, perché chi non rispetta il Creato non rispetta Dio. Gli animali vanno allevati, mangiati e impiegati per il lavoro, ma sempre rispettati.
RispondiEliminaTrovo San Francesco un Santo speciale. Non per togliere nulla agli altri, ma gli voglio bene particolarmente.
Se si vuole dare da mangiare a tante persone servono grandi allevamenti e grandi campi coltivati.
RispondiEliminaNon tutti possiedono una cascina presso la quale potere coltivare la terra ed allevare qualche bestia.
Il buon Dio è rispettato comunque.
Gli allevamenti intensivi servono a produrre carne in eccesso che in gran parte viene buttata nel cestino.
RispondiEliminaDietro gli allevamenti intensivi c'è il consumismo, non il bisogno alimentare. Non siamo mica in Africa.
E in ogni caso io mi attengo agli insegnamenti di San Francesco, non li modifico a piacimento.
Nessun cristiano deve trattare il Creato senza responsabilità né protezione. È peccato, non è giusto.
Per chiarezza: naturalmente non sono contrario ai grandi allevamenti in sé. Questi in effetti sono necessari o quanto meno utili per produrre cibo.
RispondiEliminaPerò ci sono allevamenti e allevamenti.
Una cosa sono i grandi allevamenti che mantengono gli animali, anche al chiuso, però ad esempio a terra e semi liberi di muoversi. In tal modo gli animali sono rispettati.
Ben diversi sono gli allevamenti che trattano gli animali come cose e cioè ad esempio chiusi in micro gabbie che non danno loro la possibilità nemmeno di girarsi o di non toccare mai terra. E ancor più terribili sono gli allevamenti di galline ovaiole ove i pulcini se maschi vengono buttati nella spazzatura. Come spazzatura, appunto, gli animali non sono spazzatura.
Queste cose sono legali.
Questo è il non rispetto a cui io mi riferisco, a questa mancata protezione e a questa mancanza di responsabilità verso creature che il buon Dio ci ha messo a disposizione.
Non è giusto per il mero profitto trasformare gli animali in cose. L'uso sì, abuso no.
Si può sempre migliorare.I pulcini maschi possono essere fatti crescere e riutilizzati per la riproduzione o per la macellazione.
RispondiEliminaIl brodo di cappone è molto buono.
Però, nel fare il grande allevamento non c'è niente di strano.
Invece di scandalizzarsi per i grandi allevamenti, lei dovrebbe indignarsi per certe pratiche, come le macellazioni rituali islamiche.
Che sono queste macellazioni islamiche? Non le conosco. E poi parlavamo di San Francesco che è un nostro Santo e che noi cristiani dovrebbe guidare. Questo era il senso del mio discorso, perché lei aveva scritto l'articolo nel giorno del Santo. Non c'è motivo di irritarsi.
RispondiEliminaPer il resto allora siamo d'accordo.
I grandi allevamenti che rispettano gli animali non pongono problemi. Pongono problemi quelli che non li rispettano e che li trattano come cose. Essi andrebbero regolamenti perché è inammissibile davvero. Bene la sua soluzione per i pulcini, lo Stato dovrebbe imporre di non buttarli. Restano però gli spazi angusti per maiali ecc. Il settore andrebbe regolamentato interamente, perché è frontalmente in collisione con gli insegnamenti di San Francesco. E noi di conseguenza dovremmo evitare di mangiare quelle cose lì.
Nelle macellazioni islamiche, gli animali vengono sgozzati e muoiono tra atrocità.
RispondiEliminaIo mi incavolerei più per quelle cose lì, visto che le fanno anche qui in Italia, che non per gli allevamenti.
Però gli animali si uccidono sgozzandoli. Anche noi li uccidiamo così: dalle cascine agli allevamenti intensivi. Poi non so che altro fanno gli islamici...anzi glielo chiedo, sono curioso.
RispondiEliminaBalle!
RispondiEliminaIo ho visto come si ammazzano i maiali. Vengono uccisi con un marchingegno che spara un perno nella testa. Il maiale muore sul colpo e senza soffrire.
Ricordo che le macellazioni in cascina vengono fatte in presenza del veterinario.
'Balle'! Si calmi un pochino, perché si pone così?
RispondiEliminaLa mia famiglia e i miei compaesani sgozzano i maiali dall'alba dei tempi. Le porcherie avvengono negli allevamenti intensivi, non nelle cascine o nelle campagne del sud...
Pure sono stato in una cascina e ho visto uccidere dei maiali.
RispondiEliminaPrima gli "spara" un colpo in testa con una pistola con proiettile captivo, così da ucciderli senza farli soffrire.
Poi, li si sgozzano e li si sezionano, con il veterinario.
Queste sono le regole:
Questi gli obblighi da rispettare:
• non si possono macellare più di due suini per nucleo familiare; chi intende macellare un numero superiore di animali dovrà presentare domanda motivata al Sindaco e riceverne autorizzazione scritta;
• si devono avvisare della macellazione (con un anticipo di almeno 24 ore, anche telefonicamente) gli uffici del Servizio Veterinario dell’Ausl (via Amendola 2 Reggio Emilia - tel. 0522 335425) per ottenere l'autorizzazione;
• il proprietario è tenuto a non consumare e a non rimuovere alcuna parte del suino prima dei controlli veterinari;
• l’abbattimento degli animali deve essere eseguito con metodi consentiti dalla legge e da personale di comprovata esperienza;
• i veterinari dell’Ausl eseguiranno la visita al domicilio del richiedente;
• la macellazione e le visite di ispezione dai veterinari ufficiali addetti al servizio si devono effettuare nei giorni feriali dalle 8 alle 17; il sabato dalle 8 alle 12;
• il costo del servizio di ispezione sanitaria è di 9 euro per ogni capo macellato, maggiorato delle spese di trasporto del personale veterinario. La somma dovrà essere pagata al ricevimento della fattura, secondo le seguenti modalità:
- con bollettino di conto corrente postale allegato alla fattura;
- alle casse automatiche nelle strutture dell’Ausl, utilizzando il codice a barre inserito nella fattura;
• le infrazioni alle presenti disposizione sono punibili con le penalità previste dalle vigenti leggi sanitarie.
Queste sono le regole. Può trovarle sulla "Gazzetta di Reggio".