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sabato 7 ottobre 2017

Lotta alla mafia, piano con le parole

Prendo uno stralcio dal mio articolo scritto su "La Civetta", la rivista dell'Associazione Culturale "Pensiero e Tradizione",  che è intitolato "Falcone e Borsellino 25 anni dopo":
"Termino, dicendo che bisogna evitare di mettere la lotta alla mafia nel tritacarne dello discussione politica tra partiti.
Le divisioni tra la gente comune sono controproducenti rispetto alla lotta a questo male.
Oggi, la mafia è presente in Sicilia (specialmente nelle Province di Palermo, Catania, Ragusa, Trapani, Caltanissetta ed Agrigento) ed è presente nel resto d'Italia e all'estero.
Pensiamo agli Stati Uniti d'America, ove si ricordano mafiosi come Al Capone e Lucky Luciano.
Quindi, essa non è solo un problema siciliano
".

Per il resto dell'articolo, prendete la rivista, contattando la professoressa Barbara Spadini all'e-mail barbaraspadini@virgilio.it, la quale presiede la succitata associazione.
Coloro che la pensano come me sono spesso tacciati di "delegittimare l'operato dei magistrati".
Questo non è affatto vero.
Io non ho mai delegittimato il lavoro dei magistrati.
Anzi, ci sono stati (e ci sono ancora) dei magistrati che hanno creduto (e che credono) nella giustizia, senza secondi fini e senza volere fare la solita battaglia ideologica.
Pensiamo al Beato Rosario Livatino, a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino.
Essi hanno fatto le loro battaglie contro la mafia non per mania di protagonismo o per fare una carriera politica ma per amore della propria terra, la Sicilia, e della giustizia.
I risultati si sono visti.
Purtroppo, certi magistrati di oggi non stanno seguendo questa strada ma hanno preferito seguire l'onda della politica e hanno buttato il tema della lotta alla mafia in questa caciara, offuscando quanto di buono è stato fatto.
I casi di magistrati che hanno scelto la politica sono noti.
Così facendo, la lotta alla mafia è stata svilita.
Questo ha tolto credibilità a tutta la magistratura.


Su "Panorama" vi è un articolo di Keyser Soze che è intitolato "Anche Renzi attacca il codice antimafia: cose dell'altro mondo".
Keyser Soze è un uomo delle istituzioni che da mesi su "Panorama" racconta la politica, dal di dentro. Lo pseudonimo è preso dal film "I soliti sospetti".
Dell'articolo riporto questo stralcio:

"Duro anche un ex magistrato come Luciano Violante, con alle spalle una militanza nella sinistra, abbia intravisto nella filosofia alla base della legge addirittura il "virus del nazismo": "I nazisti ragionavano così: perché aspettare che un comunista o un ebreo commettono un reato? Lo faranno, tanto vale arrestarli prima".

Questo nuovo codice antimafia rischia di creare una cultura del sospetto che può danneggiare l'impresa.
Insomma, la demagogia e l'ideologia rischiano di mandare al macero tutto il lavoro fatto da grandi magistrati che per lottare contro la mafia ci hanno rimesso anche la vita.


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