6 Novembre 2016 XXXII Domenica T.O./C dal Vangelo di Luca (Lc 20, 27-38)
Che cosa sarà l’uomo dopo la morte? E il problema fondamentale dell’esistenza. Il problema posto dai sadducei a Gesù non era un interrogativo marginale.
Essi hanno chiesto a Gesù il senso di ciò che è per l’uomo essere al mondo. La risposta di Gesù è categorica: Dio non potrebbe chiamarsi Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, e dei tanti che ci hanno preceduto, se questi non fossero viventi in Lui. Dio è un Dio vivo per uomini vivi. Da questa certezza nasce la gioia e la pace. Noi cristiani siamo i testimoni della risurrezione: dicendo che il nostro Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, noi facciamo un’affermazione che non riguarda solo l’aldilà, ma anche il presente. Dio dei vivi, di chi già oggi è veramente vivente, impegnato fino in fondo nella vita per migliorare la situazione della umanità. Vita che non può finire perché è la stessa vita di Dio, vita che quindi continua al di là della morte fisica.
Essi hanno chiesto a Gesù il senso di ciò che è per l’uomo essere al mondo. La risposta di Gesù è categorica: Dio non potrebbe chiamarsi Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, e dei tanti che ci hanno preceduto, se questi non fossero viventi in Lui. Dio è un Dio vivo per uomini vivi. Da questa certezza nasce la gioia e la pace. Noi cristiani siamo i testimoni della risurrezione: dicendo che il nostro Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, noi facciamo un’affermazione che non riguarda solo l’aldilà, ma anche il presente. Dio dei vivi, di chi già oggi è veramente vivente, impegnato fino in fondo nella vita per migliorare la situazione della umanità. Vita che non può finire perché è la stessa vita di Dio, vita che quindi continua al di là della morte fisica.
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