Cari amici ed amiche,
leggete l'articolo scritto da Stefano Caviglia sulla rivista "Panorama" e che parla della spesa pubblica.
Il premier Matteo Renzi ha promesso di tagliare la spesa pubblica (che nel 2013 era pari ad 827.000.000.000 di Euro) e questa è ancora oggi alta.
Purtroppo (per l'Italia), questo governo non è in grado di ridurre la spesa pubblica.
Per esempio, alla voce "Iniziative su beni e servizi", le famose slides dell'ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli avevano stima un taglio della spesa di circa di 800.000.000 di Euro nel 2014 e 2,3 miliardi di Euro per il 2015, che nella migliore delle ipotesi non sono già più interamente disponibili e nella peggiore stanno per sparire del tutto insieme ad altri risparmi e alle diminuzioni di tasse cui dovrebbero essere destinati.
La spesa pubblica è alta ed il governo presieduto da Matteo Renzi va a tagliare le cose importanti e non gli sprechi.
Ad esempio, esso ha tagliato la ambasciate ed i consolati, creando problemi agli italiani all'estero.
Ha tagliato i commissariati di Polizia postale, mettendo a rischio la sicurezza di internet.
Ha abolito i Consigli provinciali ma non le Province con tutti i suoi apparati burocratici.
Inoltre, si tagliano anche i fondi da dare alle Regioni.
Per esempio, alla Regione Veneto (una regione virtuosa) verranno tagliati ben 240.000.000 di Euro e questa rischia di dovere chiudere degli ospedali.
Alla Campania verranno tolti circa 200.000.000 di Euro nei fondi del FAS, il Fondo per le aree sottosviluppate.
Mentre il governo fa ciò, non viene tagliato ciò ciò che si deve tagliare.
Così, restano i carrozzoni burocratici e tutti quegli organi di sottogoverno che sono inutili.
Sempre su "Panorama", il professore Gustavo Piga ha scritto un articolo intitolato "Qualcosa si muove ma troppo lentamente".
L'articolo è riportato anche sul suo blog ed inizia così:
"L’ha detto anche Obama, l’Europa ha bisogno di crescita ora, non dopo le riforme. L’Italia non fa eccezione. Se lasciare andare l’austerità sin da subito è quello che ci chiedono i nostri pragmatici amici d’oltre Atlantico, e visto che loro ci sono riusciti e che proprio grazie a ciò ne sono usciti (dalla crisi), dovremmo ascoltarli.
Rimangono le remore perché in Italia non possiamo, così dice il mantra, “fare più spesa pubblica”. E chi dice di farne di più? Chiunque mastichi non dico di economia ma di bilancio familiare sa che c’è una bella differenza tra lo spendere bene e lo spendere male. E dunque se solamente riuscissimo a sostituire spesa cattiva, identificandola prima e disincentivandola poi, con spesa buona, il Paese sarebbe a cavallo. E magicamente quando si sarà dimostrato che si sa fermare lo spreco non si potrà più dire che non si può spendere perché “non si sa spendere”.
Precondizione per tutto ciò, appunto, conoscere e gestire. Ma, nel nostro Paese, ancor prima: legiferare. E così, invece di concentrarsi sulla obbligatorietà del ricevere il dato in tempo reale sugli appalti o sulla spinta alla professionalizzazione delle stazioni appaltanti (tutte cose che si fanno senza bisogno del Parlamento) siamo qui in dolce attesa da mesi che si materializzino i famosi decreti che spingano il tavolo dei c.d. “aggregatori” (le grandi stazioni appaltanti) a riunirsi e coordinarsi.".
Non solo si spende troppo ma si spende anche male.
Basti pensare solo alle laute pensioni dei giudici della Corte Costituzionale.
Cordiali saluti.
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