riprendo un articolo scritto sul sito "Libertà e Persona" da Vittorio Leo (che tra l'altro è un mio amico) e che è intitolato "La cultura del provvisorio".
L'articolo inizia in questo modo:
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Lo aveva già fatto capire alla GMG di Rio e poi all’incontro con i giovani ad Assisi, il Santo Padre, che il pericolo della “cultura del provvisorio” sarebbe stato uno dei grandi temi del suo Pontificato. In un certo senso è il consequenziale sviluppo della “dittatura del relativismo” coniata da Benedetto XVI e che anche Francesco ha richiamato più volte in discorsi e omelie.
Ciò che accomuna i due Pontefici è la sfida a chi ritiene che nulla esista di stabile e permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi e alle circostanze.
E’ la logica relativista che ha reso l’amore un bene di consumo, un abito da cambiare a proprio piacimento.
E’ un’ideologia brutale che dopo aver sradicato dai popoli il sentimento religioso e comunitario adesso vuole eliminare, cominciando a impoverirlo dall’interno, l’istituto matrimoniale e la famiglia, l’unica possibile, quella fondata dall’unione tra un uomo e una donna
Io sono d'accordo con quanto scritto ed aggiungo un mio breve pensiero.
Oggi, si pensa più all'utile.
Nella cultura di oggi, un amico è tale se la sua amicizia porta un vantaggio.
Le mie numerose amicizie fallite lo dimostrano.
Molte persone mi sono state amiche finché davo loro qualcosa in cambio.
Quando poi non ho più dato niente, queste stesse persone mi hanno detto: "Arrivederci e grazie!".
Lo stesso discorso vale anche per l'amore ed il matrimonio.
Oggi, un matrimonio regge se questo porta dai vantaggi materiali.
Mi viene in mente (manco a dirlo) il "mio buon vecchio" re Enrico VIII Tudor (re d'Inghilterra, 1491-1547) che sposava le proprie moglie, per poi divorziare o farle ammazzare per avere il figlio maschio da mettere sul trono.
Oggi, ci si sposa e si divorzia per molto meno.
C'è una grande superficialità nei rapporti.
Ho amici che si sono sposati e i cui matrimoni sono falliti per cose che si sarebbero potute risolvere con poco.
Forse, anche per questo, io sono un po' restio a "mettere su famiglia".
Sto scherzando, anche se un po' vale il detto che recita; "Quando scherza, Bertoldo si confessa".
Vittorio Leo ha parlato del relativismo.
Sono d'accordo con lui ed aggiungo che c'è anche un po' di "marxismo culturale".
Per la dottrina marxista, la famiglia va "contro il concetto di libertà".
Questo concetto è perfettamente sovrapponibile con il relativismo di cui ha parlato tante volte Papa Benedetto XVI.
Per questa concezione, l'amore deve essere "libero da vincoli".
La "concezione dell'utile" ed il "marxismo culturale" hanno portato alla messa in discussione quello che è l'istituto del matrimonio e della società stessa.
Noi cristiani dobbiamo andare controcorrente e ripristinare quello che è il concetto di "validità dei rapporti a prescindere dall'utilità" e della "concezione del rapporto non visto come un vincolo".
Cordiali saluti.
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