Salviamo la ricerca

Francesca Colavita, la ricercatrice precaria che ha isolato il Coronavirus

Su "Italia chiama Italia", ho redatto un articolo intitolato "Coronavirus isolato, la ricerca italiana vale".
Nell'Ospedale "Lazzaro Spallanzani" di Roma, un pool di ricercatrici ha isolato il Coronavirus.
Ricordo che due cinesi sono ricoverati in quell'istituto perché affetti da polmonite dovuta proprio a quel virus.
Ora, la strada per il vaccino è lunga, ma questo è un ottimo inizio e dimostra che qui in Italia vi è ancora una ricerca scientifica che vale e che deve essere valorizzata.
Bisogna puntare di più sulle discipline scientifiche nelle scuole superiori e nelle università e si deve fare sì che le aziende del settore della scienza investano di più qui in Italia.
Serve un'altra politica.
Oggi, un diplomato o un laureato in una materia scientifica (come la chimica o la biologia) è costretto a fare un lavoro completamente diverso rispetto al percorso di studi fatto, ad emigrare all'estero o a lavorare come precario.
L'"alternativa" (se così la si può definire) è la disoccupazione.
Questo è grave.
In pratica, noi perdiamo un patrimonio costituito da diplomati e laureati (che va ad arricchire altri Paesi) mentre accogliamo migranti che rappresentano manodopera non specializzata.
Questo è inaccettabile.
In pratica, un ragazzo studia, si diploma e si laurea ma poi è costretto a fare un lavoro completamente diverso rispetto al percorso di studi fatto, ad emigrare all'estero o a lavorare come precario.
Altrimenti, egli resta senza lavoro.
Un Paese serio dovrebbe valorizzare il suo patrimonio di persone che ottengono titoli di studi.
Per esempio, un Paese come Israele punta molto sulla ricerca scientifica e cresce anche più degli Stati Uniti d'America.
Gli Israeliani riescono a coltivare le piante anche nelle zone aride, grazie alla ricerca.
I cervelli possono fare più delle braccia.