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sabato 15 febbraio 2020

La politica genuflessa di fronte ai magistrati

Su "Atlantico Quotidiano", vi è un articolo di Franco Carinci che è intitolato "Salvini a processo: il golpe soft e la “giudiziarizzazione” della politica".
Ne riporto questo stralcio:

"Come ho già avuto occasione di ricordare, questo rinvia a quel vulnus inferto allo statuto garantista previsto a favore dell’esecutivo vis-à-vis del giudiziario dall’originario testo costituzionale. La legge costituzionale n. 1 del 1989 ha modificato gli artt. 96, 134 co. 3, 135, co. 7, sì da escludere per il presidente del Consiglio e per i ministri, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, la procedura “speciale”, per la quale potevano essere messi in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune e giudicati dalla Corte costituzionale, integrata da sedici membri elettivi; e l’ha sostituita con una procedura “ordinaria”, attribuendone la competenza alla magistratura del Tribunale del capoluogo del Distretto di Corte d’appello competente per territorio, il c.d. Tribunale dei ministri: con il procuratore titolare dell’azione penale e un Collegio giudicante formato da tre membri estratti fra tutti i magistrati dei Tribunali del distretto aventi certi requisiti".

Purtroppo, quanto accaduto al leader della Lega Matteo Salvini è l'ennesima dimostrazione del clima giustizialismo che sta ammorbando la nostra politica.
Quest'ultima è piegata di fronte ai magistrati.
Purtroppo, questa saldatura tra una parte della politica ed una larga parte del potere giudiziario rischia di mettere in crisi ciò che è la democrazia che noi conosciamo.
Infatti, essa si fonda sulla separazione dei tre poteri.
In uno Stato democratico, il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario sono separati tra loro.
Oggi, sta accadendo che questa separazione sta venendo meno.
Così, certa politica che non può battere il suo avversario con il voto ricorre a certa magistratura, la quale prende potere nell'agone politico.
Inoltre, vi sono i magistrati che entrano in politica senza dimettersi dalla magistratura.
Insomma, si vede una grande confusione.
Questa è una deriva molto pericolosa perché c'è in gioco lo Stato di diritto.

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