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sabato 18 febbraio 2017

Una risposta agli anglicani riguardo all'articolo XXII



Cari amici ed amiche,

mi sono capitati sott'occhio i Trentanove Articoli di fede della Chiesa anglicana.
L'articolo XXII recita:



"XXII. II purgatorio La dottrina romana riguardante il Purgatorio, i perdoni, il culto e l'adorazione, come pure le immagini e le reliquie, e anche l'invocazione dei santi, è cosa stolta, inutilmente inventata, che non trova alcun fondamento e giustificazione nella Scrittura, ma che e piuttosto contraria alla parola di Dio".


Senza fare della polemica, rispondo.
Riguardo al Purgatorio, la risposta è data da santi e sante importanti (qualcuno dei quali è ricordato anche dalla stessa Chiesa anglicana, come le Sante Perpetua e Felicita) che nelle loro visioni mistiche videro il Purgatorio.
Riguardo alle immagini sacre, vi è spesso un errore di interpretazione.
Infatti, non si presta culto né (come raccomandano i sacerdoti) non si deve prestare culto all'immagine in sé ma a chi è dall'immagine raffigurato. L'immagine è un simbolo.
L'uomo ha bisogno di simboli.
Il discorso vale anche per i santi.
Prima di tutto, bisogna capire chi è un santo.
Un santo è una persona e non una divinità.
Anzi, il culto dei santi non deve mai travalicare quello che si deve a Dio.
Un santo è una persona che nella sua vita ha fatto un percorso tale che lo ha avvicinato a Dio e lo ha reso suo testimone. A ciò siamo chiamati tutti.
Per questo (proprio perché tanto noi cattolici, quanto gli anglicani e tutti i cristiani in genere crediamo nell'immortalità dell'anima) il santo diventa un intercessore presso Dio, proprio perché da uomo egli ha conosciuto anche la debolezza umana.
Ricordo che nelle loro vite, i vari santi vissero sempre in totale discrezione e dignità.
Essi non cercarono mai la vanagloria.
Posso citare (come esempio) il frate con le stimmate San Pio da Pietrelcina (al secolo Francesco Forgione, 1887-1968) il quale non si fece pubblicità ed anzi visse con pudore questa sua condizione e fece anche del bene, senza chiedere nulla in cambio.
Posso anche citare come altri esempi San Gabriele dell'Addolorata (che è il santo della mia famiglia) o qualsiasi altro santo.
Questo lo hanno capito anche gli stessi anglicani.
La Chiesa anglicana è una Chiesa a metà strada tra cattolicesimo e protestantesimo.
Nata con la rottura operata nel 1534 da re Enrico VIII d'Inghilterra, la Chiesa anglicana fu poi modificata ai sensi del protestantesimo.
Sotto re Edoardo VI (1537-1553), con l'influenza dell'arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer (1489-1556)  vennero redatti il Book of Common Prayer ed i Quarantadue Articoli di fede, di indirizzo protestante.
Dopo la parentesi cattolica della regina Maria I (1516-1558) sotto la regina Elisabetta I (1533-1603) e l'arcivescovo di Canterbury Matthew Parker (nell'immagine 1504-1575) si ripristinarono in buona parte i provvedimenti presi sotto re Edoardo VI e trentanove dei Quarantadue Articoli.
Nel XIX secolo, sorse nella Chiesa anglicana un movimento chiamato Movimento di Oxford.
Da questo movimento vennero fuori grandi personaggi, come il Beato John Henry Newman (1801-1890) che fu dapprima prete anglicano, poi prete cattolico e poi cardinale.
Questo movimento pose il problema della difesa della Tradizione nella Chiesa anglicana.
Infatti, nel 1833 il Parlamento soppresse una quantità di diocesi anglicane in Irlanda, con la motivazione che fossero troppe per la sparuta comunità locale. In alcuni ambienti intellettuali tale decisione fu presa come un tentativo di usurpazione da parte dello Stato di un potere della Chiesa, cosa che sollevò la questione del controllo del Parlamento. Negli ambienti religiosi di Oxford un buon numero di personalità pervenne alla conclusione che la Chiesa si poteva difendere dal potere statale, purché la Chiesa stessa si riformasse. I leader di questo movimento erano gli anglicani Kelbe, Pusey, Ward, Faber, Manning a cui si aggiunse, come loro guida spirituale, John Henry Newman.
Newmann, Manning e Faber divennero cattolici.
La protesta cominciò il 14 luglio 1833 con il discorso di John Kelbe sull'"apostasia nazionale", cioè sul pericolo insito nella Chiesa inglese dell'indifferenza e dell'irreligione, con un invito a lottare contro le usurpazioni dello Stato. Il 9 settembre uscì il primo dei novanta Tracts for the Times (fino al 1841), seguito da altri pamphlet scritti di Newman.

Caratteri essenziali del movimento, che assunse in breve tempo una posizione maggioritaria all'interno della chiesa nazionale:
  • si proponeva un'interpretazione della Chiesa anglicana come "via media" tra gli errori del protestantesimo da un lato e quelli di Roma dall'altro;
  • il dogmatismo contro il latitudinarismo dogmatico: chiesa visibile, con gerarchia composta di vescovi successori degli Apostoli, con sacramenti e riti come canali della grazia;
  • indipendenza dallo Stato e rinnovamento della pietas mediante lo studio dei Padri della Chiesa, ed anche dei teologi del Seicento.

Nel febbraio 1841, Newman arrivò a dire, nel novantesimo Tract, che i 39 articoli della fede anglicana (1571) non erano compatibili con l'essenza del cristianesimo. Questo gli causò l'allontanamento da Oxford; si ritirò a Littlemore come vicario. Entrò in crisi profonda, vedendo poco a poco crollare la sua "via media". Gradualmente si avvicinò al cattolicesimo: capì che il devozionismo, accusa che lui stesso aveva fatto ai cattolici, era un elemento accidentale; che la chiesa inglese viveva come gli ariani del IV secolo; che solo la Chiesa di Roma è quella a cui Cristo ha promesso stabilità; che Roma non ha tradito il cristianesimo antico e che le aggiunte al simbolo di fede fatte dai romani "sono sviluppi nati da una comprensione profonda e viva del deposito divino della fede".
Qui nacque quella corrente dell'anglicanesimo, denominata anglo-cattolicesimo,  che ripristinò certe pratiche del cattolicesimo, come il monachesimo, la confessione auricolare, i sette Sacramenti, la transustanziazione dell'Eucaristia ed il culto dei santi, facendo cadere in parte l'articolo XXII.
Cordiali saluti. 

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