Cari amici ed amiche,
vi invito a leggere l'articolo di Alessandro Rico sul sito "Campari & De Maistre" che è intitolato "Buona festa della (fu) Repubblica Italiana".
L'articolo inizia così:
"Il 2 giugno di settant’anni fa, il primo referendum a suffragio universale sanciva la fine della monarchia e la nascita della Repubblica Italiana. Anche questo episodio che all’apparenza è ormai parte della memoria nazionale condivisa, in realtà conserva le sue ombre, dai presunti brogli alla sostanziale spaccatura del Paese in un nord repubblicano e un sud monarchico. Ma quel che davvero preoccupa è la condizione di questa Repubblica che, se paragonata a Francia o Stati Uniti è relativamente giovane, eppure è sembrata da subito vecchia. Non si tratta solo di forme di governo: gli ideali repubblicani avevano pure un nobile lignaggio, anche se soprattutto tra i non cattolici. La questione che più pesa, a settant’anni da quel 2 giugno 1946, è soprattutto il destino della carta costituzionale, che della Repubblica definisce l’architettura istituzionale, la distribuzione dei poteri e delle competenze. Diciamoci la verità: come la Repubblica, la Costituzione è nata vecchia – anzi, forse proprio la sclerosi costituzionale ha consegnato la Repubblica a una senescenza precoce.".
Ora, esprimo il mio parere.
Io sono di origini messinesi.
Notoriamente, in quel referendum di settanta anni fa, Messina risultò essere la città più monarchica d'Italia.
Io ho sempre avuto una certa simpatia per le monarchie.
Ricordo che uno dei miei eroi è re Carlo I Stuart (1600-1649), che fu re d'Inghilterra dal 1625 al 1649, anno in cui i barbari di Oliver Cromwell lo fecero decapitare.
Per me, re Carlo I Stuart è come Che Guevara per il comunista: un eroe ed un martire, un uomo che incarna valori.
Forse, per questo motivo, io non sento questa festa del 2 giugno come una cosa mia.
Ora, però, anche vedendo quello che c'è oggi, mi pongo codesta domanda: vale ancora la pena di festeggiare?
Il primo articolo della nostra Costituzione recita:
"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.".
Bene!
Queste parole sono nobili.
Peccato, però, che nessuna di esse abbiano oggi un riscontro reale.
Da una parte non c'è più democrazia (ed i fatti di oggi lo dimostrano) e dall'altra la disoccupazione è alle stelle.
Infatti, a governare l'Italia è la tecnocrazia europea.
Gli ultimi tre governi del nostro Paese (compreso quello attuale) non sono stati eletti dal popolo.
Dall'altra parte, i lavoro manca, anche per colpa delle politiche assurde di questi ultimi tre governi.
Inoltre, come riporta l'articolo prima citato, il referendum di settanta anni fa mise in luce un'Italia divisa, con un nord repubblicano ed un sud monarchico.
Queste divisioni andarono avanti anche dopo.
Rancori passati continuarono a permanere.
Pensiamo a quella cosa (molto discutibile) che fece Sandro Pertini (1896-1990) quando morì re Umberto II (1904-1983).
In punto di morte, re Umberto II (che era in esilio a Ginevra) chiese a Pertini di potere tornare qui in Italia a passare i suoi ultimi giorni.
Pertini gli negò ciò perché l'esiliato re non lo chiamò "signor presidente".
Quello che fece Pertini fu sanguinoso.
Se io fossi stato in lui, avrei accettato la richiesta dell'ex-re di potere morire in patria.
Non si nega un desiderio di un vecchio moribondo.
Se Pertini avesse accontentato l'ex-sovrano avrebbe fatto un atto di pietà e di riconciliazione.
Invece, egli scelse di non accontentarlo (per un suo stupido puntiglio di vecchio partigiano di sinistra) e mantenne così quei rancori che ancora oggi, se pur in forme diverse, ci sono.
Detto questo, io non so se sentirmi di festeggiare ciò.
Da una parte, ci fu la liberazione dal nazismo (e questo fu molto positivo) ma dall'altro noi ci troviamo di fronte ad una repubblica che forse nacque da brogli e che oggi non rispetta neppure i suoi stessi cardini costituzionali, i cardini di una Costituzione che di per sé è discutibile in molti suoi aspetti.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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