Cari amici ed amiche.
Leggete l'articolo del blog del giornale "L'Espresso" che è intitolato "Di Segni, il rabbino ratzingeriano".
Esso recita:
"Sulla rivista “Terrasanta” promossa dalla Custodia di Terra Santa in
Italia, senza peraltro esserne organo ufficiale, è uscita un’ampia
intervista al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, raccolta da
Manuela Borraccino e riportata in parte su terrasanta.net.
A differenza del predecessore Elio Toaff, il rabbino Di Segni è noto
per la ruvida franchezza con cui si rapporta alla Chiesa cattolica:
un’ultima volta in occasione delle modifiche apportate alla didascalia su Pio XII nel museo della Shoah, a Gerusalemme.
Ma proprio per questo sono ancor più interessanti le notazioni di
apprezzamento che egli riserva al papa attuale, più che al papa
precedente.
Intanto, Di Segni non nasconde che per la visita compiuta da
Benedetto XVI alla sinagoga di Roma “abbiamo ricevuto reazioni molto
differenti da parte delle comunità ebraiche in giro per il mondo: alcuni
ci hanno applaudito, altri ci hanno riservato critiche feroci”.
Poi così prosegue:
“Occorre innanzitutto considerare la personalità di questo papa:
Joseph Ratzinger appartiene a un gruppo di teologi per i quali il legame
con l’ebraismo è una questione di primaria importanza. E questo non è
affatto scontato: molti teologi non condividono questa sua linea. Ho
l’impressione che il papa guardi al dialogo con il mondo ebraico con
assoluto rispetto: senza tenere conto di questo aspetto non si potrebbe
comprendere l’insistenza sua e nostra sulle differenze fra di noi, che
ad un esame superficiale potrebbe apparire fin troppo oppositiva. È
difficile tradurre in atti mediatici questo rapporto di reciproco
rispetto: diciamo che con questo papa siamo in rapporti di buon
vicinato, lontani da quegli slanci mediatici di entusiasmo che si erano
visti con Giovanni Paolo II e che, a mio avviso, non erano privi di una
certa ambiguità”.
E all’intervistatrice che gli chiede “a cosa si riferisce in particolare”, risponde:
“Penso ad esempio al dibattito sul significato della definizione di
‘fratelli maggiori’, penso ai rischi di sincretismo in incontri come
quello di Assisi, penso alla beatificazione di Edith Stein e al vero e
proprio filone editoriale nato intorno al valore esemplare per la Chiesa
della sua conversione… Direi che con l’attuale papa siamo in una fase
diversa e molto particolare di un percorso di convivenza e vicinato”.
Più che un problema politico – sottolinea Di Segni in un altro
passaggio dell’intervista – “c’è un problema teologico profondo, che
contrappone da molti secoli la Chiesa e il mondo ebraico. È questo, a
mio avviso, che dovrebbe entrare a pieno titolo fra i temi del dialogo”.
A proposito dell’ambiguità rilevata dal rabbino Di Segni
dell’espressione “fratelli maggiori”, è illuminante questo passaggio del
libro-intervista di Benedetto XVI “Luce del mondo”:
“L’espressione ‘fratello maggiore’, già utilizzata da Giovanni XXIII,
non è particolarmente bene accolta dagli ebrei perché nella tradizione
ebraica il ‘fratello maggiore’, ovvero Esaù, è anche il fratello
abietto. La si può comunque utilizzare perché esprime qualcosa di
importante. Ma è giusto che essi siano anche i nostri ‘Padri nella
fede’. E forse quest’ultima espressione descrive con maggiore chiarezza
il nostro rapporto”.".
Prima di tutto, vorrei ringraziare il "genietto di Palermo", Angelo Fazio.
E' sempre molto attento a mettere gli articoli su Facebook e a farli conoscere.
E' un ottimo interlocutore e vorrei scusarmi con lui se "scaccheggio" la sua bacheca sul social-network.
Il materiale che mette è sempre molto interessante e vedere un ragazzo di ventisei anni che si impegna così nel sostenere cause giuste e nel fare conoscere le cose fa piacere. Sono questi i giovani seri.
Ora, parlo dell'articolo.
Non vado matto per "L'Espresso" ma ho ritenuto questo articolo molto interessante.
Certo, il dottor Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma, ha sempre avuto una certa "ruvida franchezza" nei rapporti con noi cattolici.
Ora, che tra gli ebrei e noi cattolici ci siano differenze è cosa nota.
Per noi, Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, il Messia, l'Alfa e l'Omega.
Inoltre, rispetto alle origini, il Cristianesimo si differenziò molto dall'Ebraismo da cui discese.
Per esempio, noi cristiani (e cattolici) possiamo mangiare quegli alimenti che sono vietati nella tradizione ebraica, come la carne di maiale, i crostacei o i molluschi. Abbiamo anche riti diversi.
Tuttavia, il legame con l'Ebraismo c'è e rimane.
Abbiamo in comune Dio, i Patriarchi ed i profeti veterotestamentari.
Abbiamo in comune anche trentanove dei quarantasei libri del Vecchio Testamento della nostra Bibbia.
Quindi, è giusto che un dialogo tra gli ebrei e noi cattolici ci sia.
Questo non dobbiamo dimenticarcelo.
Senza Ebraismo non può esserci il Cristianesimo.
Senza il Vecchio Testamento, senza Mosè, Abramo, Isacco, Giacobbe, il re Davide ed i profeti, come Isaia, Samuele e Geremia, non avrebbero potuto esserci nemmeno San Pietro, San Paolo, gli altri apostoli ed i santi.
Inoltre, Gesù Cristo, la figura centrale della mia religione, è il Figlio di Dio ma visse come un membro del suo popolo, il popolo ebraico.
Ne rispettò tutte le leggi.
Per questo, il dialogo con l'Ebraismo è fondamentale, pur nelle differenze.
Soprattutto noi giovani, a cui il Beato Giovanni Paolo II si è sempre rivolto, siamo chiamati a fare questo passo.
Noi giovani, per esempio, abbiamo la tecnologia.
Usiamo internet.
Facciamo un buon uso di questo strumento.
Io, ad esempio, uso internet anche per dialogare.
Su Facebook, sono in contatto con varie persone.
Tra queste, cito Morris Sonnino, un ragazzo della comunità ebraica di Roma, quella curata dal rabbino Di Segni.
Il dialogo con lui è molto cordiale ed amichevole e spero che sia proficuo per entrambi.
Quanto all'espressione "fratelli maggiori" , può esserci un ambiguità ma ricordo che il fratello maggiore è anche quello che conosce per primo le cose.
Gli Ebrei conobbero per primi Dio.
Allora, riflettiamo.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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