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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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martedì 28 agosto 2012

Piero Stefani, "Dignità e limite. Rilettura della Genesi...", in 'Il Regno - attualità', n. 14/2012, p. 501

Cari amici ed amiche.

L'amico Filippo Giorgianni ha messo questo testo di Piero Stefani su Facebook:


"[...] Quello su cui Pico [della Mirandola] tace è divenuto per noi un obbligo da proclamare: la dignità umana non sta solo nel modellare sé stessi, si trova anche e soprattutto nel sentirsi responsabili verso gli “altri”. Forse il più noto mito alternativo rispetto alla vocazione umanistica di essere liberi plasmatori di sé stessi si trova nella leggenda legata al Golem, il manufatto argilloso animato il 20 adar del 1580 a Praga da Jehudà ben Bezalel, conosciuto come Rabbi Loew o il Maharal. Che nel racconto vi sia qualcosa di faustiano è evidente anche a prescindere dall’interesse riservatogli da Goethe nella sua celebre ballata L’apprendista stregone. L’atto di animare quanto è informe è il passaggio in cui l’essere a immagine di Dio rischia di superare il limite della contemplazione per inoltrarsi nel rischioso, ambiguo regno della produzione. Per comprendere la leggenda praghese bisogna rifarsi ai due racconti genasiaci della creazione. Dal primo (Gen I,1-II,4a) occorre recepire la successione dei sette giorni che conducono fino al sabato; rispetto al secondo, oltre che della plasmazione, bisogna tener conto della capacità concessa all’’Adam [Adamo, l’uomo] di dare nome agli altri viventi (Gen II,19). Il sabato e il potere di imporre nomi sono entrambe forme sia di signoria sia di riconoscimento del limite umano. L’uomo può trasformare la realtà, ma ogni sette giorni deve cessare (questa la radice di sabato) dall’operare. La creatura umana è nelle condizioni di nominare gli altri viventi, la sua parola, però, non è in grado di trasformare la realtà. Il Maharal, con la parola, anima un fantoccio di fango divenuto per questa via servitore muto posto a difesa della comunità. La vicenda evidenzia fin dall’inizio l’ambiguo ruolo della forza usata a fin di bene. Il senso del limite è scandito dal sabato. Alla vigilia del settimo giorno il Golem è privato della sua facoltà di operare. Ciò avviene con un gioco linguistico: sulla fronte del Golem è scritta la parola ‘emet, verità. Essa è composta da tre lettere: alef, mem e tau. Si tratta rispettivamente della prima, della quasi intermedia e dell’ultima lettera dell’alfabeto ebraico. La verità-fedeltà abbraccia tutto. Quando il sabato era in procinto di entrare, il Maharal cancellava dalla fronte la prima lettera. Rimaneva così la parola met che significa morto. Durante il settimo giorno il Golem era avvolto di un sonno di morte e attendeva di essere rianimato. Ciò avveniva il primo giorno della settimana quando gli si imponeva di nuovo l’alef. La vigilia di un fatidico sabato, il Maharal si dimenticò di cancellare la lettera. Invece di acquietarsi, le forze allora si scatenarono. Il servitore divenne ribelle e le sue devastazioni stavano per assumere caratteri universali. Solo sulla linea del crepuscolo, nell’ultimo istante a disposizione, il Maharal riuscì a togliere l’alef dalla fronte del Golem e a scongiurare la catastrofe. In quel momento, però, ebbe luogo la distruzione totale del servitore ridotto, per sempre, in polvere. L’alef, iniziale tanto di ’Elohim, “Dio”, quanto di ’Adam, “uomo”, è perduta per sempre. L’atto di arrestarsi sulla soglia esterna dell’abisso lascia dietro di sé traumi irrisolti. Nell’essere liberi plasmatori di sé stessi è contenuta un’intrinseca dose di rischio, l’eventualità diviene però ben maggiore se, misconoscendo i limiti intrinseci, si vuol essere forgiatori dell’altro da sé. Le cose possono allora sfuggire di mano. Può darsi che ci si riesca ancora a fermare sulla soglia del baratro, ma anche in tal caso ci saranno quanto meno distruzioni parziali e ferite non più rimarginabili.".


Ringrazio Filippo dello spunto.
Per l'età che ha (25 anni), quel ragazzo va valorizzato!
Quella del Golem è una storia che mi ha sempre affascinato.
Sempre su Facebook, Filippo, l'ha commentata così:

"E' un mito che, per quanto ebraico, ha radici tradizionali importanti con risvolti antropologici di non poco conto per l'oggi. Il Golem è il prodotto tipico del mondo moderno. Di più, è il prototipo dell'uomo moderno e di quello postmoderno: il misconoscimento del limite distrugge l'uomo; la sua pretesa di creare fuori dei limiti produce automi umani (ricordiamo che nella Genesi l'uomo è PLASMATO DAL FANGO e chi ha composto la leggenda del Golem lo sapeva bene! Il Golem richiama un uomo che non è più tale, perché privo di volontà) privi di personalità e pericolosissimi. Interessante notare poi che la privazione dell’alef (che è l’INIZIO, l’origine – la prima lettera e il primo numero ebraici) priva della verità. E una volta che viene meno la verità-fedeltà a Dio (cioè la nostra origine), è la morte dell'uomo.".

Io aggiungo un'altra cosa.
La cultura attuale punta a massificare tutto.
Essa punta all'egualitarismo.
Tutti devono essere eguali. La scuola lo impone, come lo impongono una certa cultura politica e certi mass media.
Chi emerge (per propri meriti e qualità) deve essere isolato e distrutto.
Questo non limita solo la possibilità di determinare capacità di ogni singolo uomo ma anche quella di determinare le capacità di esprimere il pensiero di ogni singolo uomo.
In pratica, le "teste pensanti vengono mozzate".
Questo appiattisce la vita umana nel grigiore.
Così, "in nome dell'eguaglianza" si uccide ogni creatività, ogni capacità di creare un pensiero proprio e, di fatto, ogni volontà.
La massa diventa una sorta di "Moloch" a cui sacrificare ogni capacità di determinazione di ogni individuo.
Questo modo di fare sta alla base dei regimi totalitari, come nazismo e comunismo, e della dittatura tecnocratica.
Una società così plasmata è una "società di esecutori" livellata verso il basso.
Vi sono in essa burocrati che fanno il loro lavoro ripetitivo e monocorde, soldati che eseguono il loro compito, studenti che studiano senza valorizzare le proprie potenzialità ma limitandosi solo a prendere delle nozioni ed operai che fanno il loro lavoro in modo meccanico e senza mettere ingegno.
Questa fu la società che volevano i nazisti ed i comunisti ed è quella che vogliono certi tecnocrati.
Un società del genere è una società destinata alla distruzione.
Vi invito a leggere questo testo del libro "Rivoluzione e controrivoluzione" di Plinio Correa de Oliveira:

"La IV Rivoluzione nascente

Il panorama presentato non sarebbe completo se trascurassimo una trasformazione interna alla III 
Rivoluzione: la IV Rivoluzione che da essa sta nascendo. 
Nascendo, precisamente, come un compimento matricida. Quando la II Rivoluzione nacque, portò a 
compimento (vedi parte I, cap. VI, 3), vinse e colpì a morte la prima. Lo stesso accadde quando, con 
un analogo processo, la III Rivoluzione derivò dalla seconda. Tutto indica che ora per la III 
Rivoluzione è giunto il momento, nello stesso tempo culminante e fatale, in cui essa genera la IV 
Rivoluzione e si espone al rischio di essere uccisa da questa. 
Nello scontro tra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione, vi sarà tempo perché il processo 
generatore della IV Rivoluzione si svolga completamente? Quest'ultima aprirà realmente una nuova 
tappa nella storia della Rivoluzione? O sarà semplicemente un fenomeno abortivo, che sorge e 
scompare senza grande influenza, nello scontro tra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione? Il 
maggiore o minore spazio da riservare alla IV Rivoluzione nascente, in queste note così rapide e 
sommarie, dipende dalla risposta a questa domanda. D'altronde, questa risposta la potrà dare in 
modo serio soltanto il futuro. 
Quanto è incerto, non va trattato come se avesse una importanza certa. Quindi, a questo punto, 
dedichiamo uno spazio molto limitato a ciò che sembra essere la IV Rivoluzione. 

1. La IV Rivoluzione "profetizzata" dagli autori della III Rivoluzione

Come è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto "ortodossi" quanto 
"eterodossi", hanno visto nella dittatura del proletariato la mossa finale del processo rivoluzionario. 
Secondo loro, essa è soltanto l'aspetto più compiuto, dinamico, della Rivoluzione universale. E, 
nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l'evoluzione
si svolgerà all'infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I 
Rivoluzione ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un'altra. E così via... 
E' impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima 
Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione 
l'hanno già fatta gli stessi marxisti. Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza di una nuova crisi, per cui 
lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno 
stato di cose scientista e cooperativista, in cui -- dicono i comunisti -- l'uomo avrà raggiunto un 
grado di libertà, di uguaglianza e di fraternità fino a ora inimmaginabile.

2. IV Rivoluzione e tribalismo: una eventualità

Come? E' impossibile non chiedersi se la società tribale sognata dalle attuali correnti strutturaliste
non dia una risposta a questa domanda. Lo strutturalismo vede nella vita tribale una sintesi illusoria
tra l'apice della libertà individuale e del collettivismo accettato, in cui quest'ultimo finisce per 
divorare la libertà. In tale collettivismo, i diversi "io" o le persone singole, con il loro pensiero, la 
loro volontà e i loro modi di essere, caratteristici e contrastanti, si fondono e si dissolvono -- 
secondo loro -- nella personalità collettiva della tribù che genera un modo di pensare, un modo di 
volere e un modo di essere massivamente comuni. 
Ben inteso, la strada verso questo stato di cose deve passare attraverso la estinzione dei vecchi 
modelli di riflessione, volizione e sensibilità individuali, gradatamente sostituiti da forme di 
sensibilità, di pensiero e di deliberazione sempre più collettivi. Quindi la trasformazione deve 
avvenire soprattutto in questo campo. 
In che modo? Nelle tribù, la coesione tra i membri è assicurata soprattutto da un comune 
sentimento, da cui derivano abitudini comuni e un comune volere. In esse la ragione individuale 
rimane ridotta quasi a nulla, cioè ai primi e più elementari moti che il suo stato di atrofia le 
consente. "Pensiero selvaggio" (13), pensiero che non pensa e si volge soltanto al concreto. Questo 
è il prezzo della fusione collettivistica tribale. Lo stregone ha il compito di conservare questa vita
psichica collettiva, attraverso culti totemici carichi di "messaggi" confusi, ma "ricchi" di fuochi 
fatui o perfino anche delle folgorazioni provenienti dal misterioso mondo della metapsichica o della 
parapsicologia. Con l'acquisizione di queste "ricchezze" l'uomo compenserebbe l'atrofia della 
ragione. 
Proprio della ragione, in altri tempi ipertrofizzata dal libero esame, dal cartesianesimo, ecc., 
divinizzata dalla Rivoluzione francese, utilizzata fino al più aperto abuso in ogni scuola di pensiero
comunista, e ora, infine, atrofizzata e resa schiava del totemismo metapsichico e parapsicologico...  

A. IV Rivoluzione e preternaturale
"Omnes dii gentium daemonia", dice la Scrittura (14). In questa prospettiva strutturalista, in cui la 
magia è presentata come una forma di conoscenza, fino a che punto è dato al cattolico di intravedere 
le folgorazioni ingannevoli, il canto a un tempo sinistro e attraente, languido e delirante, ateo e 
feticisticamente credulo con cui, dal fondo degli abissi in cui giace eternamente, il principe delle 
tenebre attira gli uomini che hanno negato la Chiesa di Cristo? 
È un problema del quale possono e devono discutere i teologi. Diciamo i teologi veri, ossia i pochi 
che credono ancora all'esistenza del demonio. Specialmente i pochi, tra questi pochi, che hanno il 
coraggio di affrontare gli scherni e le persecuzioni della propaganda, e di parlare. 

B. Strutturalismo. Tendenze pre-tribali
Comunque sia, nella misura in cui si veda nel movimento strutturalista una figura più o meno 
precisa, ma in ogni caso precorritrice della IV Rivoluzione, determinati fenomeni a esso simili, che 
negli ultimi dieci o vent'anni sono diventati generali, devono essere visti, a loro volta, come 
preparatori e propulsori dello slancio strutturalista. 
Così, il crollo delle tradizioni dell'Occidente nel campo dell'abbigliamento, corrose sempre più dal 
nudismo, tende ovviamente alla comparsa o al consolidamento di abitudini nelle quali si tollererà, a 
esagerare, la cintura di penne di uccello di certe tribù, alternata, dove il freddo lo richieda, a coperte 
più o meno simili a quelle usate dai lapponi. 
La rapida scomparsa delle forme di cortesia può avere come punto finale soltanto la "naturalezza" 
assoluta (per usare solo questo aggettivo) del tratto tribale. 
La crescente avversione per tutto quanto è ragionato, strutturato e metodico può condurre soltanto, 
nei suoi ultimi parossismi, al perpetuo e fantasioso vagabondaggio della vita nelle selve, alternata, 
anch'essa, al disimpegno istintivo e quasi meccanico di alcune attività assolutamente indispensabili 
alla vita. 
L'avversione allo sforzo intellettuale, alla astrazione, alla teorizzazione, alla dottrina, può portare 
soltanto, in ultima analisi, a una ipertrofia dei sensi e della immaginazione, a quella "civiltà 
dell'immagine" sulla quale Paolo VI ha ritenuto di dover attirare l'attenzione dell'umanità (15). 
Sono pure sintomatici gli elogi idilliaci, sempre più frequenti, di un tipo di "rivoluzione culturale"
generatrice di una società nuova post-industriale, ancora mal definita, e di cui sarebbe una prima 
immagine fugace il comunismo cinese, come talora è presentato. 

C. Modesto contributo
Sappiamo bene quanto sono passibili di obiezioni, in molti dei loro aspetti, i quadri panoramici, 
come questo, per loro natura vasti e sommari. 
Necessariamente breve per limitazioni di spazio del presente capitolo, questo quadro offre il suo 
modesto contributo alle riflessioni degli spiriti dotati di quella audace e particolare finezza di 
osservazione e di analisi che, in tutte le epoche, fornisce ad alcuni uomini la capacità di prevedere il 
domani. 
D. La opposizione degli uomini banali
Gli altri faranno, a questo proposito, quanto in tutte le epoche hanno fatto gli spiriti banali e senza 
ardimento. Sorrideranno e dichiareranno impossibili queste trasformazioni, perché sono tali damutare le loro abitudini mentali. Infatti esse sono aberranti rispetto al buon senso, e agli uomini 
banali il buon senso pare l'unica via normale battuta dalla storia. Sorrideranno increduli e ottimisti
di fronte a queste prospettive, come sorrise Leone X a proposito della volgare "bega tra monaci", 
che fu tutto quanto seppe discernere nella nascente I Rivoluzione. 
O come Luigi XVI, educato da Fénelon, sorrise di fronte ai primi fermenti della II Rivoluzione, che 
gli si presentavano in splendide sale di corte, cullati telvolta dal suono argentino del clavicembalo, o 
discretamente illuminati negli ambienti e nelle scene bucoliche, come nell'Hameau della sua sposa. 
Come sorridono, ancora oggi, in Occidente, ottimisti e scettici, di fronte alle manovre del sorridente
comunismo post-staliniano, o alle convulsioni che preannunciano la IV Rivoluzione, molti 
esponenti elevati, e perfino tra i più elevati, della Chiesa e del potere temporale Se un giorno la III o 
la IV Rivoluzione si impadronirà della vita temporale della umanità, assistita nella sfera spirituale 
dal progressismo ecumenico, lo dovrà più alla incuria e alla collaborazione di questi sorridenti e 
ottimisti profeti del "buon senso", che a tutta l'opera aggressiva e maliziosa delle masse e dei servizi 
di propaganda rivoluzionari.

E. Tribalismo ecclesiastico. Pentecostalismo
Abbiamo parlato della sfera spirituale. Ben inteso, la IV Rivoluzione vuole ridurre anche questa al 
tribalismo. E come intenda farlo, lo si può già notare chiaramente nelle correnti di teologi e 
canonisti che mirano a trasformare la nobile e ossea rigidità della struttura ecclesiastica, come 
Nostro Signore Gesù Cristo l'ha istituita e venti secoli di vita religiosa l'hanno magnificamente 
modellata, in un tessuto cartilagineo, molle e amorfo, di diocesi e parrocchie senza territorio, di 
gruppi religiosi in cui la ferma autorità canonica viene gradatamente sostituita dall'ascendente di 
profeti più o meno pentecostali, dello stesso tipo degli stregoni dello strutturalismo, con le cui 
figure finiranno per confondersi. La parrocchia o la diocesi progressista-pentecostale si confonderà 
necessariamente con la tribù-cellula strutturalista. 
3. Doveri dei contro-rivoluzionari di fronte alla IV Rivoluzione nascente
Quando innumerevoli fatti sono suscettibili di essere accostati in modo da suggerire ipotesi come 
quella della nascita della IV Rivoluzione, cosa rimane da fare al contro-rivoluzionario? 
Nella prospettiva di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, deve anzitutto sottolineare l'importanza 
preponderante che nel processo generatore di questa IV Rivoluzione, e nel mondo da essa nato, 
spetta alla Rivoluzione nelle tendenze (vedi parte I, cap. V, 1-3). E deve prepararsi a lottare non 
soltanto con l'intento di mettere in guardia gli uomini contro la preponderanza delle tendenze -- 
fondamentalmente sovvertitrice del buon ordine umano -- che sta prendendo piede, ma anche 
servirsi, sempre sul piano delle tendenze, di tutti i mezzi leciti e ammissibili, per combattere la 
Rivoluzione nelle tendenze. Deve anche osservare, analizzare, prevedere, i nuovi passaggi del 
processo, per continuamente opporre, il più rapidamente possibile, tutti gli ostacoli alla massima 
forma di guerra rivoluzionaria psicologica, che è la IV Rivoluzione nascente. 
Se la IV Rivoluzione avrà il tempo di svilupparsi prima che la III Rivoluzione tenti la sua grande 
avventura, forse la lotta contro di essa esigerà la elaborazione di un altro capitolo di Rivoluzione eContro-Rivoluzione, e forse questo capitolo, da solo, dovrà avere una mole pari a quella qui 
dedicata alle tre rivoluzioni precedenti. 
Infatti, è caratteristico dei processi di decadenza complicare tutto, quasi all'infinito. E per questa
ragione ogni tappa della Rivoluzione è più complessa della precedente, e obbliga la ControRivoluzione a sforzi parallelamente più particolareggiati e complessi Con queste prospettive sulla 
Rivoluzione e sulla Contro-Rivoluzione, e sul futuro di questo studio di fronte all'una e all'altra, 
chiudiamo queste considerazioni. 
Incerti, come tutti, sul domani, volgiamo i nostri occhi in atteggiamento di preghiera fino al trono di 
Maria, Regina dell'Universo. E ci vengono alle labbra, accomodate, le parole del salmista al 
Signore: 
"Ad te levavi oculos meos qui habitas in coelis "Ecce sicut oculi servorum in manibus dominorum 
suorum, Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae: ita oculi nostri ad Dominam matrem 
nostram, donec misereatur nostri" (16). 
Sì, volgiamo i nostri occhi alla Madonna di Fatima, chiedendole al più presto i grandi perdoni e le 
grandi vittorie che comporterà la instaurazione del suo regno. Anche se, a questo fine, la Chiesa e il
genere umano devono passare attraverso i castighi apocalittici -- ma quanto operatori di giustizia,
rigeneratori e misericordiosi! -- da Lei previsti nel 1917 alla Cova da Iria. ".

L'uomo è qualcosa di più di una macchina o di qualsiasi altro animale.
Cordiali saluti.




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