Cari amici ed amiche.
Sulla pagina di Facebook intitolata "'Sionismo: istruzioni per l'uso", ho trovato questo testo interessante scritto da Fabio Scuto:
"IL CAIRO - I santuari del jet set egiziano sono vuoti come le
tombe dei Faraoni nella valle dei Templi. Le terrazze degli alberghi
dove, cellulare in una mano e un cocktail nell’altra, la jeunesse dorée,
la generazione del baby miliardari dell’era Mubarak, passava le sue
serate sono deserte. Inutile cercare. I grandi parcheggi del “Conrad”,
del “Fairmont” sono vuoti, fatta eccezione per le sgangherate Fiat dei
custodi. Non c’è traccia dei Suv neri con i vetri oscurati e dei body
guard in attesa che il “Basha” – il ricco, il potente, il boss – abbia
concluso la sua serata sulla terrazza girevole al quarantesimo piano del
Grand Hyatt sulle rive del Nilo. Sono deserti anche i divani bianchi
del “Sequoia” nell’esclusiva isola di Zamalek.
Quel mondo è
come scomparso, dissolto senza lasciare traccia. Nel “nuovo corso”
egiziano quell’ostentazione di ricchezza, potenza e impunità, non sono
più ammissibili. Molte sono le cose cambiate nei due mesi dall’elezione
del presidente Mohammed Morsi, il primo islamista eletto
democraticamente in un Paese arabo, alla guida dell’Egitto. Forte della
sua “investitura” popolare, Morsi a colpi di decreti si è sbarazzato
dello Scaf, la Giunta militare che ha guidato la transizione fino alle
elezioni di giugno; si è dato il diritto di legiferare e controllare la
stesura di una nuova Costituzione; ha annullato tutti gli emendamenti
alla “Carta costituzionale” provvisoria, concentrando nelle sue mani lo
stesso potere che aveva il deposto raìs Hosni Mubarak, cacciato da
quella “primavera araba” che tanto entusiasmo aveva suscitato in
Occidente prima di trasformarsi in una “primavera islamica”. Forte di
questi poteri Morsi ha sfidato il potere dei militari: in un colpo solo
ha messo fuori dalla porta il Feldmaresciallo Tantawi, veterano di tre
guerre arabe e capo della Giunta militare, il ministro della Difesa, il
capo dei servizi segreti, della Marina, sfruttando abilmente la disfatta
della sicurezza egiziana nel Sinai, dove dopo la strage di soldati
dello scorso 5 agosto non passa giorno senza uno scontro a fuoco tra
esercito e bande di terroristi islamisti legate ai clan beduini. Quello
di Morsi forse non è stato “ un golpe islamico”, come hanno titolato
molti giornali indipendenti egiziani ma più “una congiura di palazzo”
dove il presidente ha potuto giostrare fra le rivalità nella gerarchia
militare in declino, favorendo l’ascesa di una nuova generazione di
cinquantenni e offrendo un’onorevole via d’uscita alla “vecchia
guardia”.
Il generale su cui ha puntato Morsi è appunto un
cinquantenne, Abdel Fattah al-Sissi, nominato ministro della Difesa.
Sissi, religioso praticante con moglie velata, è giudicato con posizioni
abbastanza vicine alla Fratellanza musulmana. «Tutto questo movimento
non sarebbe stato possibile senza una intesa preventiva tra il
presidente e alcuni membri della Giunta militare per ridistribuire le
carte al vertice della gerarchia militare », spiega il politologo
Mustafa Kamel el Sayed dell’Università del Cairo. Intesa che oggi dopo
questo passaggio indolore appare più chiara: i militari hanno
valorosamente barattato il loro silenzio con il mantenimento dei
privilegi di casta che hanno sempre avuto nella società egiziana.
Persino gli Usa che avevano “intimato” solo due mesi fa ai militari di
togliersi di mezzo e lasciare il potere «al presidente eletto», adesso
sono preoccupati per la rapida islamizzazione che Morsi e la Fratellanza
musulmana stanno imponendo con uno spoils system efficace e rapido che
va dai ranghi dello Stato, alle grandi aziende pubbliche, ai direttori
dei giornali, ai governatori. «Siamo di fronte a un presidente
determinato a smontare la macchina della tirannia... o uno che la sta
riorganizzando per servire i suoi interessi, così da poter porre le basi
per l'autorità della Fratellanza?», si chiedeva lo scrittore Alaa
al-Aswani, l’altro giorno su un giornale indipendente. Lunedì scorso la
Commissione del Consiglio della Shura, la camera alta egiziana, (che è
presieduta dal cognato di Morsi) ha fatto le nuove nomine per i 50
direttori dei giornali dello Stato - fra cui il prestigioso Al-Ahram, il
quotidiano più letto e prestigioso d’Egitto – scegliendo per la maggior
parte dei casi giornalisti “vicini” al movimento islamico.
«Dai nuovi nomi», dice Khaled Meeri avvocato e dirigente del
sindacato giornalisti, «vedo un desiderio di controllare le politiche
editoriali dei giornali e servire l'ordine del giorno dei Fratelli
Musulmani». E ne fa due su tutti: Abdel-Nasser Salama, nuovo direttore
di Al-Ahram, si vide sospendere la sua rubrica nel 2010 per gli articoli
infiammatori contro i cristiani; quello di Al-Akhbar, Mohammed Hassan
al-Banna, è il nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani, Hassan
al-Banna. Per giornali e tv d’opposizione l’attacco è stato frontale,
perché il nuovo corso islamista non sembra più tollerante con la stampa
di quello di Mubarak o della Giunta. Tawfik Okasha, proprietario della
tv Al Faraeen (I Faraoni), di orientamento esplicitamente anti-islamico e
critico verso la presidenza, sarà processato con l’accusa di
«istigazione all’omicidio del presidente«, accusa che sembra ridicola ma
intanto la tv è stata chiusa. Il direttore del quotidiano Al
DostourIslam Afifi è finito in cella per «aver pubblicato false
informazioni» che hanno offeso il presidente. Il consolidamento del
potere di Morsi e della Fratellanza sull’Egitto giunge in un momento in
cui i suoi avversari probabilmente sono troppo deboli o distratti per
sfidarlo. I gruppi pro-democrazia, i ragazzi di Facebook che stavano
dietro la rivolta di Piazza Tahrir sono allo sbando. Litigi, divisioni e
egoismi, hanno spento quella scintilla, quell’attimo in cui si poteva
cambiare la Storia; adesso possono fare poco più che denunciare la
“rivoluzione rubata”. Oggi l’opposizione a questa “marea islamica”
proverà a ritrovarsi in Piazza Tahrir, sarà un modo per contare le
proprie risorse che in questo momento appaiono piuttosto scarse.
La Fratellanza è compatta, coesa, determinata, con un solo
obiettivo: islamizzare lo Stato. L’opposizione è divisa, frazionata,
evanescente e senza una linea comune. Sullo sfondo aleggia la più seria e
complessa crisi economica che l’Egitto abbia mai affrontato. Il deficit
dello Stato ha obbligato il nuovo corso egiziano ad accettare un
prestito dal Fondo monetario internazionale, lsenza gli aiuti americani e
del Qatar il Paese sarebbe già fallito. L’industria del turismo, un
terzo delle entrate dello Stato, è crollata. Nel cuore di Cairo Dowtown,
dietro Piazza Talaat Harb, in una grande caffetteria c’è il ritrovo dei
“khirtiyya”. Sono gli “accompagnatori”, senza licenza né permessi, che
assistono il turista durante il suo soggiorno, contrattano i prezzi,
organizzano escursioni e giri nei musei. Parlano tre-quattro lingue e
finché il turista paga possono procurare di tutto, lecito e illecito.
Naturalmente ricevono provvigioni dai negozianti, ristoranti, alberghi,
night club, tassisti. Muovono una piccola industria. Anche stasera la
caffetteria è stracolma, non è un buon segno. Se il “khirtiyya” è
disoccupato, dice il detto popolare, «resta vuota la pancia
dell’Egitto».
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=45779#.UDfEDUKEJkA.facebook. "
Vista la lunghezza del testo non mi dilungo più di tanto nel commentarlo.
Io trovo che i ragazzi di Facebook che parteciparono alla rivolta di Piazza Taharir altro non furono che persone manovrate da certe elites.
Queste elites avevano il chiaro obiettivo di portare l'Egitto verso l'Islam fondamentalista, l'odio verso i cristiani e verso Israele.
Così, mentre qui in Occidente si "santificavano" i ragazzi di Facebook che gridavano parole come "Libertà", le elites fondamentaliste erano già pronte a portare avanti il loro piano.
Una volta preso il potere, queste elites si presentarono come "moderate".
La realtà non fu così ed ancora oggi si vede.
L'attacco contro l'ambasciata di Israele al Cairo del 10 settembre 2011 fu una prova di ciò.
Oggi, noi stiamo vedendo quello che si incominciò l'anno scorso.
Qui c'è una volontà di isolare Israele e di distruggerlo.
Qui in Occidente, qualcuno non si è ancora reso conto di ciò.
Sembra quasi che si stia ballando sul Titanic mentre affonda.
Israele (una grande nazione civile) è in pericolo e lo siamo anche noi.
Una volta distrutto Israele, i fondamentalisti attaccheranno anche noi.
Bisogna darsi una svegliata.
Cordiali saluti.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
Il mio libro
Il mio libro
Il mio libro
Il mio libro
Il mio libro
Il mio libro
Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
Il mio libro
Il mio libro
Il mio libro
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Translate
Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
Nessun commento:
Posta un commento