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sabato 25 agosto 2012

" Nei palazzi del Cairo dove la marea islamica smonta la Primavera "

Cari amici ed amiche.

Sulla pagina di Facebook intitolata "'Sionismo: istruzioni per l'uso", ho trovato questo testo interessante scritto da Fabio Scuto:



"IL CAIRO -  I santuari del jet set egiziano sono vuoti come le tombe dei Faraoni nella valle dei Templi. Le terrazze degli alberghi dove, cellulare in una mano e un cocktail nell’altra, la jeunesse dorée, la generazione del baby miliardari dell’era Mubarak, passava le sue serate sono deserte. Inutile cercare. I grandi parcheggi del “Conrad”, del “Fairmont” sono vuoti, fatta eccezione per le sgangherate Fiat dei custodi. Non c’è traccia dei Suv neri con i vetri oscurati e dei body guard in attesa che il “Basha” – il ricco, il potente, il boss – abbia concluso la sua serata sulla terrazza girevole al quarantesimo piano del Grand Hyatt sulle rive del Nilo. Sono deserti anche i divani bianchi del “Sequoia” nell’esclusiva isola di Zamalek.

Quel mondo è come scomparso, dissolto senza lasciare traccia. Nel “nuovo corso” egiziano quell’ostentazione di ricchezza, potenza e impunità, non sono più ammissibili. Molte sono le cose cambiate nei due mesi dall’elezione del presidente Mohammed Morsi, il primo islamista eletto democraticamente in un Paese arabo, alla guida dell’Egitto. Forte della sua “investitura” popolare, Morsi a colpi di decreti si è sbarazzato dello Scaf, la Giunta militare che ha guidato la transizione fino alle elezioni di giugno; si è dato il diritto di legiferare e controllare la stesura di una nuova Costituzione; ha annullato tutti gli emendamenti alla “Carta costituzionale” provvisoria, concentrando nelle sue mani lo stesso potere che aveva il deposto raìs Hosni Mubarak, cacciato da quella “primavera araba” che tanto entusiasmo aveva suscitato in Occidente prima di trasformarsi in una “primavera islamica”. Forte di questi poteri Morsi ha sfidato il potere dei militari: in un colpo solo ha messo fuori dalla porta il Feldmaresciallo Tantawi, veterano di tre guerre arabe e capo della Giunta militare, il ministro della Difesa, il capo dei servizi segreti, della Marina, sfruttando abilmente la disfatta della sicurezza egiziana nel Sinai, dove dopo la strage di soldati dello scorso 5 agosto non passa giorno senza uno scontro a fuoco tra esercito e bande di terroristi islamisti legate ai clan beduini. Quello di Morsi forse non è stato “ un golpe islamico”, come hanno titolato molti giornali indipendenti egiziani ma più “una congiura di palazzo” dove il presidente ha potuto giostrare fra le rivalità nella gerarchia militare in declino, favorendo l’ascesa di una nuova generazione di cinquantenni e offrendo un’onorevole via d’uscita alla “vecchia guardia”.

Il generale su cui ha puntato Morsi è appunto un cinquantenne, Abdel Fattah al-Sissi, nominato ministro della Difesa. Sissi, religioso praticante con moglie velata, è giudicato con posizioni abbastanza vicine alla Fratellanza musulmana. «Tutto questo movimento non sarebbe stato possibile senza una intesa preventiva tra il presidente e alcuni membri della Giunta militare per ridistribuire le carte al vertice della gerarchia militare », spiega il politologo Mustafa Kamel el Sayed dell’Università del Cairo. Intesa che oggi dopo questo passaggio indolore appare più chiara: i militari hanno valorosamente barattato il loro silenzio con il mantenimento dei privilegi di casta che hanno sempre avuto nella società egiziana. Persino gli Usa che avevano “intimato” solo due mesi fa ai militari di togliersi di mezzo e lasciare il potere «al presidente eletto», adesso sono preoccupati per la rapida islamizzazione che Morsi e la Fratellanza musulmana stanno imponendo con uno spoils system efficace e rapido che va dai ranghi dello Stato, alle grandi aziende pubbliche, ai direttori dei giornali, ai governatori. «Siamo di fronte a un presidente determinato a smontare la macchina della tirannia... o uno che la sta riorganizzando per servire i suoi interessi, così da poter porre le basi per l'autorità della Fratellanza?», si chiedeva lo scrittore Alaa al-Aswani, l’altro giorno su un giornale indipendente. Lunedì scorso la Commissione del Consiglio della Shura, la camera alta egiziana, (che è presieduta dal cognato di Morsi) ha fatto le nuove nomine per i 50 direttori dei giornali dello Stato - fra cui il prestigioso Al-Ahram, il quotidiano più letto e prestigioso d’Egitto – scegliendo per la maggior parte dei casi giornalisti “vicini” al movimento islamico.


«Dai nuovi nomi», dice Khaled Meeri avvocato e dirigente del sindacato giornalisti, «vedo un desiderio di controllare le politiche editoriali dei giornali e servire l'ordine del giorno dei Fratelli Musulmani». E ne fa due su tutti: Abdel-Nasser Salama, nuovo direttore di Al-Ahram, si vide sospendere la sua rubrica nel 2010 per gli articoli infiammatori contro i cristiani; quello di Al-Akhbar, Mohammed Hassan al-Banna, è il nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani, Hassan al-Banna. Per giornali e tv d’opposizione l’attacco è stato frontale, perché il nuovo corso islamista non sembra più tollerante con la stampa di quello di Mubarak o della Giunta. Tawfik Okasha, proprietario della tv Al Faraeen (I Faraoni), di orientamento esplicitamente anti-islamico e critico verso la presidenza, sarà processato con l’accusa di «istigazione all’omicidio del presidente«, accusa che sembra ridicola ma intanto la tv è stata chiusa. Il direttore del quotidiano Al DostourIslam Afifi è finito in cella per «aver pubblicato false informazioni» che hanno offeso il presidente. Il consolidamento del potere di Morsi e della Fratellanza sull’Egitto giunge in un momento in cui i suoi avversari probabilmente sono troppo deboli o distratti per sfidarlo. I gruppi pro-democrazia, i ragazzi di Facebook che stavano dietro la rivolta di Piazza Tahrir sono allo sbando. Litigi, divisioni e egoismi, hanno spento quella scintilla, quell’attimo in cui si poteva cambiare la Storia; adesso possono fare poco più che denunciare la “rivoluzione rubata”. Oggi l’opposizione a questa “marea islamica” proverà a ritrovarsi in Piazza Tahrir, sarà un modo per contare le proprie risorse che in questo momento appaiono piuttosto scarse.


La Fratellanza è compatta, coesa, determinata, con un solo obiettivo: islamizzare lo Stato. L’opposizione è divisa, frazionata, evanescente e senza una linea comune. Sullo sfondo aleggia la più seria e complessa crisi economica che l’Egitto abbia mai affrontato. Il deficit dello Stato ha obbligato il nuovo corso egiziano ad accettare un prestito dal Fondo monetario internazionale, lsenza gli aiuti americani e del Qatar il Paese sarebbe già fallito. L’industria del turismo, un terzo delle entrate dello Stato, è crollata. Nel cuore di Cairo Dowtown, dietro Piazza Talaat Harb, in una grande caffetteria c’è il ritrovo dei “khirtiyya”. Sono gli “accompagnatori”, senza licenza né permessi, che assistono il turista durante il suo soggiorno, contrattano i prezzi, organizzano escursioni e giri nei musei. Parlano tre-quattro lingue e finché il turista paga possono procurare di tutto, lecito e illecito. Naturalmente ricevono provvigioni dai negozianti, ristoranti, alberghi, night club, tassisti. Muovono una piccola industria. Anche stasera la caffetteria è stracolma, non è un buon segno. Se il “khirtiyya” è disoccupato, dice il detto popolare, «resta vuota la pancia dell’Egitto».

 http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=45779#.UDfEDUKEJkA.facebook. "



Vista la lunghezza del testo non mi dilungo più di tanto nel commentarlo.
Io trovo che i ragazzi di Facebook che parteciparono alla rivolta di Piazza Taharir  altro non furono che persone manovrate da certe elites.
Queste elites avevano il chiaro obiettivo di portare l'Egitto verso l'Islam fondamentalista, l'odio verso i cristiani e verso Israele.
Così, mentre qui in Occidente si "santificavano" i ragazzi di Facebook che gridavano parole come "Libertà", le elites fondamentaliste erano già pronte a portare avanti il loro piano.
Una volta preso il potere, queste elites si presentarono come "moderate".
La realtà non fu così ed ancora oggi si vede.
L'attacco contro l'ambasciata di Israele al Cairo del 10 settembre 2011 fu una prova di ciò.
Oggi, noi stiamo vedendo quello che si incominciò l'anno scorso.
Qui c'è una volontà di isolare Israele e di distruggerlo.
Qui in Occidente, qualcuno non si è ancora reso conto di ciò.
Sembra quasi che si stia ballando sul Titanic mentre affonda.
Israele (una grande nazione civile) è in pericolo e lo siamo anche noi.
Una volta distrutto Israele, i fondamentalisti attaccheranno anche noi.
Bisogna darsi una svegliata.
Cordiali saluti.






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