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mercoledì 9 febbraio 2022

La morte della legittimazione democratica


Su "Atlantico Quotidiano" vi è un articolo di Fabrizio Borasi che è intitolato "Un Parlamento che rinuncia ai suoi poteri e il declino della legittimazione democratica".
Ne riporto questo stralcio:

"Devo confessare che, di fronte alle recenti elezioni presidenziali nel nostro Paese, forse perché suggestionato del termine scespiriano “kingmaker” usato dai mass media in riferimento a questo o a quel politico, con tutto il rispetto e per gli elettori e per l’eletto, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata una delle scene più famose delle tragedie scritte dal “cigno dell’Avon”, quella nella quale gli emissari dei nobili e dei comuni si recano da Riccardo di Gloucester per offrirgli la corona e quest’ultimo dopo una serie di insistenze e di rifiuti finisce per diventare re (Riccardo III, atto II, scena VII). È giusto fare le debite differenze: i politici italiani non hanno la grandezza tragica, ma (per fortuna) nemmeno la malvagità a tutto tondo dei personaggi di Shakespeare, e d’altra parte qualcuno potrebbe dire che quanto accaduto nei palazzi delle istituzioni non è stata una tragedia, ma anzi uno spettacolo a lieto fine, lieto perché culminato nella decisione di una maggioranza molto ampia dei parlamentari.
Ciò nonostante, un certo sconcerto rimane. Nulla da dire sul merito della decisione, la quale può essere criticata dal punto di vista politico (ad esempio da chi non approva l’operato del presidente uscente), ma non può in ogni modo essere contestata nella sua legittimità costituzionale, dato che, contrariamente a quanto lo stesso Mattarella aveva più o meno velatamente sostenuto, la Costituzione non vieta la rielezione, anche se rimane l’inopportunità di eleggere una singola persona per quattordici anni ad una carica tanto elevata, a maggior ragione tenendo conto delle competenze di merito politico che in maniera sempre maggiore sono esercitate da chi la ricopre. Ciò che lascia perplessi è il modo: anche se il capo dello Stato non è eletto dal popolo, il principio democratico richiede che sia il candidato a presentarsi ai suoi elettori e a sottomettersi al rischio del confronto con un concorrente, e non che siano gli elettori a presentarsi al candidato, il quale aveva peraltro (platealmente, se posso usare questa espressione) fatto capire di non volere essere riconfermato".

Certamente, è vero il fatto che la Costituzione non vieti la rielezione del presidente della Repubblica.
Però, in ottica italiana, la rielezione è un atto inopportuno.
I padri costituenti fecero sì che il presidente della Repubblica restasse in carica per sette anni perché chi avrebbe ricoperto quel ruolo avrebbe dovuto agire unicamente da garante della Costituzione.
Un presidente della Repubblica si sarebbe potuto confermare in una situazione di emergenza, per esempio, come una guerra.
Però, in una situazione normale un presidente della Repubblica non dovrebbe essere riconfermato.
Avere lo stesso uomo al Quirinale per quattordici anni non è un bel segnale per una democrazia, la quale si fonda sull'alternanza e sulla contendibilità del potere.
Oltretutto, l'attuale presidente Sergio Mattarella era un "non candidato".
Egli non voleva essere riconfermato ma alla fine si è scelto di rieleggere lui perché la politica non è stata in grado di trovare un candidato condiviso.
Il centrodestra si è sfasciato.
Aveva la maggioranza relativa ma una parte di tale coalizione (a cominciare dai partito centristi) l'ha di fatto spaccata. 
Solo Fratelli d'Italia ha tenuto fede alle sue promesse ed è stato coerente nel cercare di fare eleggere un presidente non di sinistra e non fare rieleggere Mattarella.
Il centrosinistra era in minoranza ma ha ottenuto quello che voleva, impedendo ad un candidato non di sinistra di essere eletto e facendo rieleggere Mattarella. 
Ha fatto ciò sfruttando le divisioni nel centrodestra.
Appare chiaro che chi ha votato  la riconferma di Mattarella l'abbia fatto per il cadreghino.
Infatti, i parlamentari che hanno votato Mattarella l'hanno fatto perché sanno che nella prossima legislatura molti di loro non ci saranno più, visto il taglio dei parlamentari votato nel referendum dello scorso anno. 
Questo pone una questione di legittimazione democratica di questo Parlamento. 
Se il Parlamento attuale ha una rappresentatività popolare molto dubbia ed il Governo è retto da un crocchio di partiti che in campagna elettorale se le sono date di santa ragione qualche problema c'è.
La legittimazione popolare manca.
Questo mette in discussione la democrazia stessa nel nostro Paese. 





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