Ne riporto questo stralcio:
"Quando la storia del Coronavirus sarà finita, tra le molte cose su cui dovremo riflettere a fondo c’è anche il tormentone degli hashtag. Ora è presto, e oltretutto –come si dice giustamente – siamo in guerra e non è il caso di indugiare troppo in polemiche puntigliose. Ma è certo che la storia sociale di questi mesi potrà essere raccontata anche attraverso gli hashtag e gli slogan, come fossero veri e propri capitoli di un libro.
Un libro in cui ci sarà scritto tutto, dalla rimozione iniziale agli abbracci in piazza, dai libri usati a mo’ di mascherina per prendere in giro la plebe ignorante alla lotta contro il ‘virus della paura e del razzismo’. E poi i brindisi del #milanononsiferma, i politici in posa con lo spritz tutti belli accatastati, così che non si avesse a pensare che c’era un’emergenza; a cascata le masse di millennial (ma non solo) che, prendendoli troppo in parola, hanno continuato a fare movida fino a ieri.
Poi, come dopo una sbronza collettiva, la calma piatta (e saggia) del #iorestoacasa, dilagante anche sui profili di noti ex brindanti e accompagnato da una generale riscoperta delle virtù della disciplina e dell’ordine.
Bene, anzi benissimo, se non ci fosse un ma (e che ci possiamo fare, se c’è sempre almeno un ma).
Stupiti e ammirati dalla capacità del governo cinese di governare le quarantene e le zone rosse, capita che qualcuno corra veloce, fino a immaginare come desiderabile l’adozione di un modello simile (diciamo tecno-capital-comunista) per irreggimentare le società disordinate dell’Occidente.
È lo scenario descritto analiticamente su Huffington Post da Roberto Arditti, direttore editoriale di Formiche: vediamolo. La Cina molto probabilmente ha vinto la lotta per la leadership mondiale, perché il modello cinese ha dimostrato di essere l’unico in grado di dare risposte efficaci al contagio, avendo “il potere assoluto (fino a quello di vita e morte) sui propri cittadini e sulle loro relazioni sociali, economiche e familiari…Quindi il potere imperiale e comunista del Presidente Xi Jinping si è dispiegato in tutta la sua potenza, consentendogli di annunciare la fine dell’emergenza mentre nel mondo (Washington compresa) si arranca tra incertezza, sarcasmo e paura”. Ancora, “la battaglia contro il Coronavirus si è combattuta con ampio utilizzo di tecnologia e big data, facendo scempio di ogni elementare diritto di privacy dei cittadini. Controllo degli spostamenti attraverso smartphone e compagnie telefoniche, utilizzo delle informazioni presenti su chat e social network, caschi indossati dai militari in grado di riconoscere i volti anche in presenza della mascherina e dotati di dispositivi per rilevare immediatamente la temperatura, robot in giro per le strade con funzione di monitoraggio sociale, telecamere piazzate ovunque, banche dati delle carte di credito a disposizione per incrociare dati sensibili. Tutto è stato usato per sconfiggere il Virus, tutto è nelle mani dello Stato (che d’ora in poi potrà farne ciò che vuole)".
Su Twitter, si legge di tutto, compresa ogni apologia della Cina.
Addirittura, mi è capitato di leggere un "tweet" con il quale si chiede l'oscuramento del profilo del senatore Maurizio Gasparri, il quale ha avuto la "colpa" di avere fatto notare che la Cina non è un Paese democratico.
Ora, da liberale convinto, non sono molto incline a tappare la bocca agli altri e mi chiedo come sia possibile una cosa del genere.
In primis, la Cina è stata la causa di questa pandemia.
Infatti, il primo focolaio del Coronavirus è in Cina, a Wuhan.
Finché potevano controllare il virus, il regime comunista ha tenuto ogni cosa "ammucciata", nascosta, come si dice in Sicilia.
Addirittura, ha tappato la bocca a quei ricercatori che cercavano di mettere il mondo intero in allarme.
Solo quando il virus è diventato incontrollabile, le autorità cinesi hanno dato l'allarme.
In secundis, oggi la Cina ci dà le attrezzature sanitarie.
Però, la causa di questa epidemia è in Cina.
Dunque, si può apprezzare il gesto cinese del darci le attrezzature ma ciò non toglie quanto da me scritto prima.
Reputo apprezzabile il gesto in questione come parziale risarcimento.
Forse, questi millennials che fanno tanto i fenomeni e gli apologeti della nuova "dottrina Xi Jinping" non si rendono conto del pericolo che si corre.
Come ho scritto prima, la Cina è governata da un regime comunista.
Il regime cinese è quello che, per esempio, chiude le chiese e manda i preti che non si vogliono piegare alle sue pretese nei "campi di rieducazione".
Avete mai sentito parlare dell'Associazione patriottica cattolica cinese?
Essa è un'associazione di fatto sottomessa allo Stato che si dice "cattolica" ma che in realtà dipende dal regime comunista cinese, pur non ricevendo sussidi da quest'ultimo.
Cardinali cinesi, come il cardinale e vescovo emerito di Hong Kong Joseph Zen possono testimoniare le cose orrende che fa quel regime.
Nel 2008, durante l'episcopato del cardinale Zen, la diocesi di Hong Kong condannò la repressione cinese in Tibet.
In Cina, una persona non può dire ciò che pensa senza rischiare di finire in carcere.
Vi pare normale questo?
Questa cosa non mi pare normale.
Anzi, trovo profondamente sbagliata questa apologia della Cina.
Un liberale come me non vorrebbe mai morire cinese.
Vorrebbe morire americano, britannico o israeliano.
Insomma, vorrebbe morire come cittadino di un Paese libero.
Rivolgendomi agli apologeti di questa nuova "religione cinese", dico: "Voi, vi rendete conto di ciò in cui credete? Voi che oggi celebrate le Cina, vi rendete conto che se fossimo in un regime come quello cinese non avremmo le libertà?
Voi, che celebrate la Cina, avete mai raccolto testimonianze di coloro che hanno vissuto nel totalitarismo?
Avete mai ascoltato testimonianze come quelle del cardinale Joseph Zen?
Voi che celebrate la Cina, siete le stesse persone che si dicono "antifasciste" e che dicono di volere la democrazia.
Peccato per voi che la tanto agognata Cina non sia una democrazia.
Parlate tanto male del fascismo ma poi inneggiate ad un regime non meno liberticida qual è quello comunista cinese.
Non vi rendete conto di essere degli ipocriti?
Qui lo dico e lo confermo: io preferisco la prigionia o la morte ad una vita in un regime totalitario.
In alternativa, preferisco lasciare un Paese che non sarebbe più il mio".
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