Cari amici ed amiche,
che questa legge sul biotestamento sia da rivedere è cosa nota.
Sul piano della diagnostica (come ho scritto stamane) essa dovrebbe vincolare di più il medico.
Capita che i medici diano diagnosi diverse e in alcuni casi sbagliate.
Lo so per esperienza diretta, per via di un oculista che mi aveva sbagliato la diagnosi, diagnosticandomi una miopia invece di un'ipermetropia.
Quindi, i medici dovrebbero essere vincolati all'accuratezza.
Ora, però, vi è un altro problema.
La legge sul biotestamento che è stata approvata alla Camera dei Deputati non permette di staccare la spina (e questa è una buona cosa) ma permette anche di togliere nutrizione ed idratazione.
Questo è inaccettabile.
Ora, riporto uno stralcio dell'intervento dell'onorevole Maurizio Lupi (Alternativa Popolare) alla Camera dei deputati:
"Ebbene, affermato questo, si può e si deve poter rifiutare ed essere contro l’accanimento terapeutico, ma alimentazione e idratazione sono cure? Sono cure il dare da bere e da mangiare ad una persona, non il non dargli la medicina che lo può far guarire o che può fargli allungare la propria vita, semplicemente il dare quello che è l’elemento essenziale per la dignità di una vita, dare da bere e da mangiare, diciamo addirittura dare da bere e da mangiare, proprio quando questo non è all’interno di una cura medica? Questa è una richiesta che va verso il dare chiarezza, nella legge, il ridare dignità, rispettando la libertà e la volontà del paziente o è una battaglia ideologica? Ma abbiamo visto le persone morire di fame e di sete? E noi, oggi, con certezza possiamo dire che togliere anche ad un paziente terminale, da bere e da mangiare, come avviene oggi per chi non riesce a mangiare e bere come normalmente noi facciamo, questo appartiene all’accompagnamento e alla dignità della propria vita? Morire in quel modo? Io credo che su queste domande nessuno di noi possa avere una certezza; non è una questione di “etica”, è una questione di rispetto della dignità umana. E noi l’abbiamo detto, miglioriamo su questo punto, miglioriamo sul punto del rapporto tra medico e paziente, lavoriamo seriamente, abbandonando, dimenticando le parti da cui partiamo e lavoriamo perché questo – su cui noi tutti dovremmo riconoscerci, un Paese, un Parlamento un’istituzione deve riconoscersi – possa avere, in una legge, non in un dibattito, la propria esplicitazione chiara.".
Cibo ed acqua non sono cure ma sono i due elementi che servono per vivere e non si negano neppure al malato terminale.
Inoltre, noi dobbiamo favorire la cultura delle cure palliative, quelle cure che servono ai malati terminali per fare sì che essi possano finire di vivere in modo dignitoso.
Questa legge va rivista.
Cordiali saluti.
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