questa è la riflessione scritta sul suo blog da Marcello Veneziani.
Il suo articolo è intitolato "Non è una festa" e recita:
Caro direttore,
ecco sette buoni motivi per non celebrare il 25 aprile.
1) Perché non è una festa inclusiva e nazionale, ma è sempre stata la festa delle bandiere rosse.
2) Perché è una festa contro gli italiani del giorno prima, ovvero non considera che gli italiani fino allora non erano stati certo antifascisti.
3) Perché non rende onore al nemico, anzi nega dignità e memoria a tutti costoro, anche a chi ha dato la vita per la patria, solo per la patria, pur sapendo che si trattava di una guerra perduta.
4) Perché l'antifascismo finisce quando finisce l'antagonista da cui prende il nome. E il fascismo è morto e sepolto da una vita e non può sopravvivergli chi è nato con l'esclusiva missione di abbatterlo.
5) Perché quando una festa aumenta l'enfasi col passare degli anni anziché attenuarsi, come è legge naturale del tempo, allora regge sull'ipocrisia, è usata retoricamente e politicamente.
6) Perché è solo celebrativa, a differenza delle altre ricorrenze nazionali. Si prenda il centenario della prima guerra mondiale: è ricordata anche nel suo aspetto tragico e catastrofico, nei suoi errori e nei suoi orrori, mentre il 25 aprile è solo celebrativa, non ricorda le pagine nere, sporche o sanguinose che l'hanno accompagnata né distingue tra chi combatteva per la libertà e chi voleva instaurare un'altra dittatura in Italia.
7) Perché celebrando sempre e solo il 25 aprile, rimasta l'unica festa civile osservata in Italia, si riduce la storia millenaria di una patria, di una nazione, ai suoi ultimi 70 anni. Troppo poco per l'Italia e per la sua civiltà.
(Il Tempo, 24/04/2015).
Sono d'accordo con Marcello Veneziani su ogni punto.
Ora, io penso all'Anzac Day australiano.
Nell'Anzac Day australiano tutto il popolo australiano si riconosce.
Nel 25 aprile italiano non tutto il popolo italiano si riconosce perché di fatto quella festa è di partito.
Basti pensare alle bandiere rosse che compaiono nelle sue celebrazioni.
Nell'Anzac Day non ci sono bandiere di partito.
Ergo, si può essere laburisti, conservatori (del grande Liberal Party of Australia del premier Tony Abbott) o di qualsiasi altro partito ma prima di tutto si è australiani.
Nel 25 aprile italiano non è così.
Nel 25 aprile italiani prima di essere italiani si deve essere comunisti.
Chi (come me) non è comunista viene visto male.
Per i comunisti, chi non è comunista "puzza di fascismo" anche se non è fascista.
Inoltre, anche i partigiani fecero azioni non meno atroci di quelle dei nazisti.
Una cosa più vera che mai è il fatto che non abbia senso parlare di antifascismo se il fascismo non c'è più.
Oltre a ciò, la storia dell'Italia non iniziò il 25 aprile 1945 ma essa è millenaria e passa attraverso le storie dell'Antica Roma e della Chiesa.
Per questo, l'errore sta in codesta festa.
Cordiali saluti.
In Australia si riconosco TUTTI in quella festa? Ne sei sicuro? E degli aborigeni (che sono i veri australiani cui è stata rubata una patria) che mi dici? Ah già, non sono cristiani quindi chissenefotte! Vero????
RispondiEliminaVeramente, le autorità australiane si scusarono con gli aborigeni.
RispondiEliminaQuesto disse l'allora Primo Ministro Kevin Rudd il 13 febbraio 2008:
"Chiediamo scusa per le leggi e le politiche di successivi parlamenti e governi, che hanno inflitto profondo dolore, sofferenze e perdite a questi nostri fratelli australiani. Chiediamo scusa in modo speciale per la sottrazione di bambini aborigeni dalle loro famiglie, dalle loro comunità e le loro terre. Per il dolore, le sofferenze e le ferite di queste generazioni rubate, per i loro discendenti e per le famiglie lasciate indietro, chiediamo scusa. Alle madri e ai padri, fratelli e sorelle, per la distruzione di famiglie e di comunità chiediamo scusa. E per le sofferenze e le umiliazioni così inflitte su un popolo orgoglioso e una cultura orgogliosa chiediamo scusa. Noi parlamento d'Australia rispettosamente chiediamo che queste scuse siano ricevute nello spirito in cui sono offerte come contributo alla guarigione della nazione. Per il futuro ci sentiamo incoraggiati nel decidere che ora può essere scritta questa nuova pagina nella storia del nostro grande continente. Noi oggi compiamo il primo passo nel riconoscere il passato e nel rivendicare un futuro che abbracci tutti gli australiani. Un futuro in cui questo parlamento decide che le ingiustizie del passato non debbano accadere mai, mai più. Un futuro in cui si uniscano la determinazione di tutti gli australiani, indigeni e non indigeni, a chiudere il divario fra di noi in aspettativa di vita, educazione e opportunità economiche. Un futuro in cui abbracciamo la possibilità di nuove soluzioni per problemi duraturi, dove i vecchi approcci hanno fallito. Un futuro basato su mutuo rispetto, comune determinazione e responsabilità. Un futuro in cui tutti gli australiani, di qualsiasi origine, siano partner veramente alla pari, con pari opportunità e con un pari ruolo nel dare forma al prossimo capitolo nella storia di questo grande paese, l'Australia".