Leggete questo articolo scritto da Piera Prister sul sito "Informazione corretta" e che è intitolato "Indifferenza della regina Elisabetta verso Israele":
"La mia ammirazione per Israele va per le vene e il sangue…Non pretendo che lo stesso avvenga per la graziosa maesta’ della regina Elisabetta II della stirpe di Windsor Sassonia-Coburgo, che non sembra essere sensibile al richiamo del Sionismo che invece rischiara tutti i giorni della mia vita sin dalle prime luci dell’alba che da Levante incomincia ad illuminare l’America, quando la’ in Europa il sole e’ gia’ alto.
Non so spiegarmi tuttavia, perche’ Sua Maesta’, la regina Elisabetta, abbia cosi’ grande noncuranza di Israele, a tal punto da non averla mai visitata nei suoi lunghi 60 anni di regno. Il mondo la sta a guardare con l’indice puntato contro, per questa sua manchevolezza, anche quando la sta ammirando stupita mentre si getta in tenuta da paracadutista dall’elicottero che sorvola le rive del Tamigi, nel giorno d’apertura dei Giochi Olimpici di Londra. Chi ha filmato e trasmesso il video della regina mentre salta fuori dall’elicottero in compagnia di James Bond -while she is jumping off the helycopter- ha sfruttato il paracadutismo che sarebbe un suo hobby segreto. Suo nipote, principe Harry, compiaciuto dice alla BBC d’essere rimasto sorpreso dalla bravura di sua nonna, insieme a suo fratello William “with our grandmother secret hobby that she had of parachunting which went down unbelievable well…”(Kypost 5 agosto, 1012).
E’ una finzione, ma stiamo al gioco, che salto! A dimostrazione che in assenza di vere ali della gloria che si librano alte nel cielo, Britannia deve ora accontentarsi di fingere d’averle, simbolo di una monarchia che, addio ai fasti, si avvia al declino. Elisabetta deve la sua fama piu’ che a se stessa, a sua madre, che era la Regina Madre con il suo stesso nome, amatissima, che durante la II seconda guerra mondiale, non scappo’ all’estero, come fecero tanti monarchi in Europa che abbandonarono nel caos i loro paesi che furono come tante navi che si inabissavano, abbandonate ai marosi dai loro capitani. Sotto le bombe naziste di Londra e di Coventry, decisa ed impavida sfido’ il pericolo, mentre le sirene continuamente annunciavano il minaccioso arrivo dei bombardieri tedeschi. Indosso’ con professionalita’ insieme alle principesse, l’uniforme da crocerossina e pietosa allevio’ le sofferenze dei soldati feriti negli ospedali militari. Una Regina Madre che ebbe ben altro coraggio, una donna doppiamente nobile, di stirpe e d’animo. Elisabetta sua figlia, invece ha perso cosi’ una buona occasione di passare alla storia, se solo si fosse fatta promotrice del minuto di silenzio da osservare all’apertura delle Olimpiadi che si stanno svolgendo, a ricordo degli atleti israeliani trucidati 40 anni fa dagli stessi ignobili terroristi, quegli stessi terroristi che hanno assassinato nel terrore decine e decine di londinesi sui mezzi di trasporto di Londra, come per ricordare al mondo da quale parte dovrebbe stare una buona regina. Ma pare che il coraggio e la giustizia non alberghino piu’ ultimamente nelle stanze della reggia dei Windsor.
Ora penso ai piedi della regina calzati in comode scarpe non soggette a mode, che con stile ammirato hanno percorso tutto il mondo in visita a tutti i paesi del Commonwealth Britannico e del globo, ma che in 60 anni non hanno mai toccato la terra d’Israele, immemore di Sir Arthur Balfour primo ministro inglese che era un sionista e un grande ammiratore degli ebrei, come popolo dalla forte tempra ed intelligenza. Immemore anche di Sir Winston Churcill che per primo presagendo per la nazione inglese lacrime e sangue, disse no al Nazismo, anche prima di Franklin D. Roosevelt che se non fosse stato per Pearl Harbor, non sarebbe mai intervenuto in Europa contro Hitler. La regina farebbe ancora in tempo ad andare in Israele in visita ufficiale, a visitare i luoghi di maggior interesse storico archeologico paesaggistico, in un viaggio che sarebbe di grande portata storica, visto che fin dai tempi di Riccardo Cuor di Leone crociato, nessun altro sovrano dopo di lui ha mai piu’ messo piede nella terra di Sion.
E’ arrivato adesso il momento anche per dimostrare che l’Inghilterra non e’ piu’ cosi’ antisemita come ai tempi di Shakespeare. Perche’ pure qualche sospetto con quel che bolle in pentola nel Regno Unito, fra shariah e e le gaffe della BBC, le dimenticanze di Elisabetta con quelle di Jacques Rogge e degli anglicani, qualche sospetto uno pure ce l’avrebbe che potrebbe dileguarsi solo con una visita da parte di una regina che e’ cosi’ sdegnosa verso Israele. Potrebbe cosi’ emendare anche un passato letterario del suo paese che ha cosi’ nuociuto alla causa di Israele. Il Mercante di Venezia e’ un capolavoro indiscusso ed acclamato della letteratura inglese in tutti i teatri del mondo, e’ stato pero’ anche un complice galeotto del diffondersi dell’antisemitismo nel mondo. Il povero Shakespeare, anche lui nella sua grandezza ha dimostrato una meschina pochezza, nel cedere alla strumentalizzazione dell’antisemitismo, indulgendo a tinte letterarie drammatiche ad effetto che hanno rinforzato il perverso stereotipo antisemita dell’usuraio ebreo che pretende una libbra di carne dal suo debitore insolvente. Cosa che il nostro Dante Alighieri (1265/1327)non fece tre secoli prima, quando scrisse rivolgendosi ai peccatori affetti da cupidigia:” non siate come penna ad ogni vento e non crediate ch’ogni acqua vi lavi….avete il Vecchio e il Nuovo Testamento…Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate e non pecore matte, si’ che il giudeo fra voi, di voi non rida”. Come per dire che la cupidigia e’ uno dei mali piu’ diffusi tra gli uomini tutti senza distinzione di appartenenza religiosa, diffuso sia fra cristiani ed sia fra ebrei, mentre la si e’ riversata tutta e solo sugli ebrei per esorcizzare la stessa colpa da se’. E’ un motivo ricorrente nel poeta fiorentino, l’appello alla ragione e all’integrita’ morale come rivolto alla stirpe umana tutta, come anche nei piu’ celebri versi: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtude e conoscenza. Tanto piu’ che Shakespeare (1564/ 1616) scriveva in una Inghilterra in pieno Rinascimento Inglese, dove non c’erano piu’ ebrei, erano stati malamente cacciati nel 1290 e riammessi dopo la Rivoluzione Inglese di Oliver Cromwell nel 1656, forse allora c’era solo qualche marrano portoghese.
E’ chiaro che in assenza di ebrei (non e’ questo antisemitismo!?) durata tre secoli, in Inghilterra gli usurai non potevano essere altro che cristiani. Il dramma di certo non avrebbe avuto altrettanta risonanza artistica e letteraria se in luogo dell’usuraio ebreo Shylock, il poeta inglese avesse scelto il carattere di qualche altrettanto avido usuraio cristiano. Anche il genio di Shakespeare dunque, s’era venduto l’anima al diavolo, sicche’ sono io adesso, in quanto ebrea e sionista che di lui me la rido.
Piera Prister Bracaglia Morante
Bibliografia:
Vittorio Dan Segre ha scritto sullo stesso argomento linguistico delle terzine dantesche: “Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate e non pecore matte, si’ che il giudeo fra voi, di voi non rida…” in un rimarchevole articolo da leggere nell’archivio de Il Giornale riportato su IC.
Gertrude Himmelfarb, People of the Book. Historian and American Professor, focusing on Britain and Victorian era.".
Cosa sarebbe costato commemorare le vittime dell'attentato di Monaco di Baviera?
Io penso che non sarebbe costato nulla.
Invece, nemmeno la regina Elisabetta II d'Inghilterra ha fatto un cenno per commemorare quanto accadde nel 1972.
Questo non fa onore ad una nazione che ha una grande tradizione politica e culturale, come il Regno Unito.
Evidentemente, si è fatto così per "non fare arrabbiare altre persone".
Questa omissione ha tolto tanta parte dello "spirito olimpico".
Vorrei terminare con un brano di Edith Stein, Santa Teresa Bernadetta della Croce (1891-1942).
Questo brano mi è stato inoltrato dall'amico Giovanni Covino (SEFT) ed è intitolato "La porta della vita si apre ai credenti in Cristo. Dall'opera «Scientia Crucis» di santa Teresa Benedetta della Croce" e recita:
Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da adesso «nella carne noi vi partecipiamo, in quanto crediamo»: crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi. Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con Lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso — la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa — è per noi la porta di accesso alla vita e l'inizio della futura gloria. Per di più, la croce è il nostro unico vanto: «Quanto a me sia lungi il gloriarmi d'altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per la quale il mondo è stato per me crocifisso, ed io per il mondo». Chi si è messo dalla parte del Cristo risulta morto per il mondo, come il mondo risulta morto per lui. Egli porta nel suo corpo le stimmate del Signore; è debole e disprezzato nell'ambiente degli uomini, ma appunto per questo è forte in realtà, perché nelle debolezze risalta potentemente la forza di Dio. Profondamente convinto di questa verità il discepolo di Gesù non solo abbraccia la croce che gli viene offerta, ma si crocifigge da sé: «I seguaci di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze». Essi hanno ingaggiato una lotta spietata contro la loro natura, per liquidare in se stessi la vita del peccato e far posto alla vita dello spirito. È quest'ultima sola quella che importa. La croce non è fine a se stessa. Essa si staglia in alto e fa richiamo verso l'alto. Quindi non è soltanto un'insegna, è anche l'arma potente di Cristo, la verga da pastore con cui il divino Davide esce incontro all'infernale Golia, il simbolo trionfale con cui Egli batte alla porta del cielo e la spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso.
«Ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo. Suor Teresa Benedetta della Croce, una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell'uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato, "fino a quando finalmente trovò pace in Dio», queste parole furono pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione di Edith Stein a Colonia, il 1° maggio del 1987."
Martirologio Romano: Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith) Stein, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e martire, che, nata ed educata nella religione ebraica, dopo avere per alcuni anni tra grandi difficoltà insegnato filosofia, intraprese con il battesimo una vita nuova in Cristo, proseguendola sotto il velo delle vergini consacrate, finché sotto un empio regime contrario alla dignità umana e cristiana fu gettata in carcere lontana dalla sua terra e nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia fu uccisa in una camera a gas.".
Di origine ebraica ma convertita al cattolicesimo, Santa Teresa Bernadetta della Croce non rinnegò mai le proprie radici.
Come disse di lei il Beato Giovanni Paolo II, ella fu figlia di Israele e del Carmelo.
Forse, la sua esperienza di vita ci insegna a ricordare certe cose.
Anche la sua morte nell'inferno di Auschwitz ci insegna ciò.
Anzi, ricordare è un dovere verso noi stessi e verso le vittime di gravi eventi, come la Shoah o come quel vile attentato di Monaco di Baviera del 1972.
Vorrei ricordare anche un fatto accaduto trenta anni fa.
Il 09 agosto 1982 ci fu un grave attentato a Parigi che costò la vita a sei persone e ne ferì ben 22.
Questo attentato colpì il ristorante Jo Goldenberg.
Pare che la polizia francese abbia scoperto gli attentatori solo l'anno scorso.
Pare che questi attentatori siano due palestinesi rifugiatisi in Giordania.
Vi invito a leggere l'articolo scritto sul giornale "Des Infos.com" ed intitolato "Attentat à Paris Rue des Rosiers, Il y a 30 ans...".
Anche questo va ricordato.
Ricordando si cresce e si possono evitare certi fatti gravi!
All'articolo di Piera Prister, faccio una critica storica.
In realtà, la possibilità di degli ebrei di tornare in Inghilterra non fu stabilita da Oliver Cromwell ma da re Carlo II Stuart, nel 1660.
Ne parlai nell'articolo intitolato "Re Carlo II Stuart e gli ebrei".
Per il resto, l'articolo è esaudiente.
All'articolo di Piera Prister, faccio una critica storica.
In realtà, la possibilità di degli ebrei di tornare in Inghilterra non fu stabilita da Oliver Cromwell ma da re Carlo II Stuart, nel 1660.
Ne parlai nell'articolo intitolato "Re Carlo II Stuart e gli ebrei".
Per il resto, l'articolo è esaudiente.
Carissima Redazione,
RispondiEliminaGrazie della pubblicazione del mio articolo sul vostro sito che apprezzo molto, soprattutto perche' riunisce gli Italiani nel mondo che hanno dato il contributo del loro alto retaggio nazionale, ai paesi stranieri in cui si sono trovati a vivere. Al lettore molto esperto di Storia Inglese che mi ha fatto l'appunto su Oliver Cromwell rispondo che, secondo la BBC ed altre accreditate fonti, "It was Oliver Cromwell who orchestrated the Jews return after..." Cordiali saluti,
Piera Prister
Sono io a dovere ringraziare lei, signora Prister.
RispondiEliminaHa fatto un ottimo articolo ed io ho avuto il piacere di commentarlo.
L'articolo è ben scritto e centra molte problematiche.
Riguardo a Cromwell, il rivoluzionario inglese trattò per il ritorno degli ebrei in Inghilterra ma la cosa non gli riuscì, poiché fu osteggiato dal ceto borghese.
Riuscì, invece, re Carlo II (un cripto-cattolico come suo padre, il Re Martire Carlo I) nel 1660.
Un cordiale saluto e complimenti.