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sabato 13 luglio 2019

La storia del caffè in Italia

Notoriamente, io sono un bevitore di caffè.
Ne bevo 6 o 7 al giorno.
Una volta, ne bevvi una ventina in una giornata.
Su "Italia chiama Italia", vi è un articolo intitolato "La cultura del caffè in Italia".
Esso è scritto da Simone Gabrielli.
La pianta del caffè fa parte del genere Coffea, un genere che comprende 90 specie di piccoli alberi ed arbusti.
La pianta in questione è originaria dell'Etiopia.
Secondo la leggenda, un pastore sarebbe stato lo scopritore del caffè.
Egli avrebbe notato l'effetto energizzante delle drupe che sarebbero state mangiate dalle sue capre.
I primi ad usare il caffè come bevanda sarebbero stati i monaci etiopi, i quali notarono la capacità di restare svegli per le lunghe preghiere, dopo averlo bevuto.
Nel XV secolo, il caffè si diffuse in Medio Oriente attraverso gli Arabi ed i Turchi.
Il nome "caffè" deriva dall'arabo "qahwa" e significa "bevanda" o "stimolante".
I Turchi crearono la carica di Kahvecișı, ossia il titolo dato al caffettiere e servitore del sultano.
Proprio con i Turchi, il caffè arrivò anche in Europa nel XVI secolo, attraverso Venezia, anche se in quella città si aprirono le prime case del caffè solo nel 1645.
Nel 1650, esso fu importato nel Regno Unito.
Nel 1684, Jerzy Kulczyki aprì la prima bottega del caffè a Vienna, all'indomani dell'assedio dei Turchi, che fu respinto grazie all'aiuto del re polacco Jan III Sobieski (17 agosto 1629-17 giugno 1696).
Kulczyki fu un soldato al seguito del re.
Nel 1689, fu inaugurato il primo caffè nella città americana di Boston.
Nel secolo XVIII, ogni città d'Europa aveva almeno un caffè.
Ora, parliamo del caffè qui in Italia.
Il caffè arrivò da noi attraverso i Veneziani nel XVI secolo ma solo nel 1645 ci furono le prime case del caffè nella loro città.
Esso si evolse nelle varie regioni, tanto che oggi ne esistono varie versioni.
Per esempio, la versione piemontese è nota nel bicerin, un caffè con cioccolata e panna liquida che si serve in un bicchierino di vetro.
La versione valdostana è la grolla, una sorta di miscela di caffè zuccherato con ginepro, chiodi di garofano e cannella che è servito in una coppetta con più beccucci, la quale dà il nome alla bevanda.
In Trentino, vi è il parampapoli. Si tratta di una bevanda nata nel rifugio "Crucolo", che si trova a Scurelle, in Valsugana.
Si tratta di una miscela di caffè, grappa, vino, miele, zucchero ed erbe del posto.
Nel 2014, mi recai in quel rifugio nella gita con il Comitato Manifestazioni Roncoferraro.
Si serve alla fiamma e in tazzine spesse.
Assaggiai quella miscela. Trovai il sapore molto buono ma stetti molto male, a causa della mia intolleranza all'alcol. Per due ore, non riuscii a muovermi. Temetti di dovere andare all'ospedale.
Nelle Marche, precisamente a Fano, vi è la moretta, un caffè bollente con anice, rum, zucchero e scorza di limone.  Esso è apprezzato dai pescatori come corroborante.
Il caffè napoletano è quello classico, ristretto e corposo, il quale mantiene l'aroma puro del caffè.
In Puglia, precisamente nel Salento, vi è una versione molto interessante.
Si tratta di un caffè freddo con latte di mandorla e ghiaccio.
Esso nacque negli anni '50.
In Calabria, si beve un caffè con brandy e liquirizia pestata.
La liquirizia è tipica della Calabria.
Un'altra bevanda tipicamente calabrese, che apprezzo molto, è la "Brasilena", una sorta di bevanda gassata a base di caffè.
L'ho bevuta tante volte.
In Sicilia, vi è la granita al caffè, che (manco a dirlo) è una delle mie preferite.
Non vorrei sembrare uno che fa pubblicità ma vi faccio sapere che la mia marca di caffè preferita è quella del "Caffè Borbone", un caffè cremoso e corposo ma con note delicate.
Lo consiglio a tutti.



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