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Una voce libera per tutti. Sono Antonio Gabriele Fucilone e ho deciso di creare questo blog per essere fuori dal coro.

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sabato 20 luglio 2019

Da "La Civetta", numero 28: Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, e la rocca di San Leo

Questo è uno dei miei cinque articoli sul numero 28 de "La Civetta", la rivista dell'Associazione Culturale "Pensiero e Tradizione" di Mantova:


"Dato che il professore Roberto Archi tratta spesso l'argomento inerente a Giacomo Casanova, io mi permetto di trattare l'altro famoso avventuriero italiano del XVIII secolo: il conte Alessandro di Cagliostro.

Nel 1996, visitai la rocca di San Leo (in Provincia di Rimini)* la quale fu il luogo in cui questo avventuriero morì prigioniero.


Di Cagliostro (2 giugno 1743-26 agosto 1795) si possono dire tante cose ancora oggi.


Infatti, c'è chi lo definisce un grande amico dell'umanità, un filantropo ed un diffusore delle scienze e c'è chi lo definisce un ciarlatano, un truffatore, un pazzoide ed uno stregone.


Di certo, egli è ancora oggi un enigma.


Nato Palermo il 2 giugno 1743, egli fu battezzato con il nome di Giuseppe Balsamo. Suo padre Pietro fu un mercante.


Sua madre fu Felicita Bracconieri.


La sua famiglia fu di di modeste condizioni economiche e per questo fu mandato al Seminario di San Rocco a Palermo, dopo che il padre morì.


Nel 1756, egli entrò come novizio nel Convento Fatebenefratelli di Caltagirone ed affiancò il frate speziale.


Da lui apprese i rudimenti di farmacologia e di chimica.


Nel 1768, a Roma, egli sposò un'avvenente fanciulla di quattordici anni di nome Lorenza Feliciani.


Ancora oggi, si sa poco e nulla della giovinezza di Cagliostro

Egli affermò di essere venuto da molti posti.


Disse di essere stato a La Mecca e di avere conosciuto Altotas, un alchimista mezzo greco e mezzo spagnolo.


Nel 1791, sarà monsignor Giuseppe Barberi, fiscale generale del Santo Uffizio, a smentire Cagliostro.


Monsignor Barberi lo bollò come truffatore e mistificatore, con la complicità della consorte.


Nel 1771, Giuseppe Balsamo andò a Londra, ove operò come decoratore, per pagare i debiti.


Lì fu anche imprigionato perché accusato truffa.


Nel 1772, a Parigi, la moglie si invaghì dell'avvocato Duplessis e per questo finì nel carcere di Santa Pelagia, il luogo delle donne di malaffare.

Poco dopo, i coniugi si riconciliarono e peregrinarono in Belgio e in Germania, per poi tornare a Palermo ed andare a Napoli.


Nello stesso anno, Balsamo andò a Marsiglia.


Qui, egli propose ad un innamorato un intruglio con cui questi avrebbe avuto il vigore fisico, dietro compenso.


Peccato, per Balsamo, che il cliente avesse scoperto la truffa e l'avventuriero fu costretto a scappare in Spagna.


Tuttavia, il 1776 fu l'anno della svolta.


Balsamo tornò a Londra e si presentò come conte Alessandro di Cagliostro, dopo avere fatto uso di nomi altisonanti come conte d'Harat, marchese Pellegrini e principe di Santa Croce. La moglie assunse il nome di Serafina.


Venne ammesso nella loggia massonica "Speranza" e qui fece il salto di qualità.

La sua appartenenza alla massoneria gli fruttò una fama ed una carriera di guaritore.

Girò in lungo e in largo per l'Europa, dalla Francia alla Curlandia.

Fu così che egli fondò la massoneria di Rito Egizio.

Nel 1780, egli arrivò alla corte di Varsavia, ove ebbe un'accoglienza trionfale come guaritore ed alchimista.

Ebbero considerevole diffusione i suoi "elisir", come il "vino egiziano" o l'"elisir della lunga vita".

I malati gremivano la sua residenza a Strasburgo ed egli guariva, spesso senza chiedere compenso.

Egli acquistò la fama di guaritore ed si avvicinarono a lui anche grandi personaggi, come il filosofo Lavater, l'elemosiniere del re ed il cardinale di Rohan.

Quest'ultimo fu coinvolto nello scandalo della collana, scandalo con cui si cercò di colpire la regina Maria Antonietta (2 novembre 1755-16 ottobre 1793).

Pur essendo stato estraneo, Cagliostro fu arrestato perché ritenuto troppo vicino al cardinale di Rohan.

Durante la detenzione, egli ebbe occasione di appurare la sua popolarità, tanto che alla sua scarcerazione fu accolto da una folla festante.

Nonostante il Parlamento lo avesse scagionato, i monarchi costrinsero Cagliostro all'esilio.

Andò a Londra. Da lì scrisse al popolo francese in merito ad una previsione di caduta della monarchia.

Il governo francese si difese diffondendo la vera identità di Cagliostro e della moglie e dei loro raggiri.

Il massone fu costretto a riparare presso il banchiere Sarrasin e Lavater in Svizzera.

La moglie rimase a Londra, ove fu costretta a rilasciare dichiarazioni compromettenti contro il marito e questi fu costretto a richiamarla in Svizzera, in tempo per farle ritrattare le accuse.

Tra il 1786 ed il 1788, la coppia cercò di risollevare le sue sorti, compiendo viaggi ad Aix in Savoia, a Torino, a Genova e a Rovereto, ove si adoperò come taumaturgo e creò logge massoniche.

Giunto a Trento, il vescovo Pietro Virgilio di Thun lo accolse con benevolenza e lo aiutò ad ottenere i visti per arrivare a Roma.

Quando egli arrivò a Roma, il suo preannuncio della caduta della Bastiglia, simbolo dell'assolutismo francese, destò preoccupazione ed interesse.

Anche gli stessi ambienti massonici ebbero molta preoccupazione.

Allora, egli cercò di fondare una loggia di Rito Egiziano Antico ma ebbe solo due adesioni: quella del marchese Vivaldi e quella del frate cappuccino Francesco Giuseppe da San Maurizio.

Purtroppo per lui, la moglie lo tradì ancora.

Spinta dai parenti, Lorenza rilasciò in confessione delle dichiarazioni compromettenti.

Allora, Cagliostro cercò di rientrare in Francia, scrivendo all'Assemblea Nazionale Francese. Era il 1789 e la rivoluzione era appena scoppiata.

La missiva fu intercettata e Papa Pio VI (Giovanni Angelico Braschi, 25 dicembre 1717-29 agosto 1799) fece arrestare lui, la moglie ed il frate cappuccino.

Era il 27 dicembre 1789.

Eppure, Cagliostro cercò di fare riconoscere dal Papa la sua loggia come ordine nella Chiesa.

Processato, fu condannato a morte il 7 aprile 1790.

Tuttavia, il Papa commutò la pena in detenzione presso la rocca di San Leo, un fortilizio costruito nella zona del Montefeltro con l'omonimo borgo.

In precedenza, il borgo di San Leo fu già legato a personaggi importanti come San Francesco d'Assisi (1181 o 1182-3 ottobre 1226), che predicò in quel centro abitato e che fondò presso di esso il convento di Sant'Igne.

L'attuale stemma del Comune di San Leo mostra ritratto il santo di Assisi mentre predica sotto l'olmo.

Il borgo e la rocca di San Leo furono legati anche a Dante Alighieri (tra il 21 maggio ed il 21 giugno 1265-notte tra il 13 ed il 14 settembre 1321), il quale si sarebbe ispirato alla rupe su cui furono costruiti (ed ancora oggi è presente) per scrivere i canti del "Purgatorio" della "Divina Commedia".

Il canto IV del "Purgatorio" cita San Leo in questi versi: "Vassi in San Leo e discendesi in Noli...".

Il fortilizio che noi oggi vediamo risale al 1441, anche se esso fu costruito sui resti di una precedente fortificazione risalente all'epoca romana.

In passato, esso fu legato ai Montefeltro, Malatesta, ai Della Rovere e ai Medici.

Il nome del borgo (e, di conseguenza) della rocca deriva da San Leone, il santo che nel IV secolo D.C. venne dalla Dalmazia con San Marino, per sfuggire dalle persecuzioni dell'imperatore romano Diocleziano, e che evangelizzò la zona.

Nel 1631, con l'intero Ducato di Urbino, la rocca passò allo Stato Pontificio, che la usò come prigione, e (salvo la parentesi napoleonica) rimase un dominio pontificio fino al 1860, quando le la Romagna, Marche e quindi il centro abitato di San Leo furono annessi al Regno d'Italia.

L'aspetto attuale del forte è dovuto all'architetto senese Francesco di Giorgio Martini (settembre 1439-29 novembre 1501), il quale lo dotò di quattro poderose torri (delle quali oggi ne restano due) e di formidabili mura.

Dapprima, Cagliostro fu incarcerato nella cella del Tesoro, che fu la più sicura ma anche la più tetra ed umida.

Poi, egli fu calato in una cella alla quale si poteva accedere solo da una botola nel soffitto.

Questa cella fu denominata "Il Pozzetto".

L'unica apertura (oltre la botola) fu una finestrella con triplice inferriata da cui si poteva vedere il duomo di San Leo.

Fu tenuto sotto stretta sorveglianza.

Ammalatosi, Cagliostro morì di apoplessia, stando alle fonti ufficiali.

Secondo alcune leggende, invece, egli sarebbe fuggito uccidendo il frate a cui egli aveva chiesto di confessarlo ed indossando il suo saio.

Ci sono altre leggende sulla sepoltura di Cagliostro.

Secondo una di queste, il corpo di Cagliostro sarebbe stato preso dalle guardie e portato fuori dalla fortezza.

Nel tragitto per il luogo di sepoltura indicati, le guardie sarebbero state assetate e si sarebbero fermate in una taverna.

Così, avrebbero lasciato la salma sul parapetto del pozzo.

Usciti dalla taverna, non avrebbero più trovato il corpo, il quale potrebbe essere caduto nel pozzo.

Il pozzo esiste ancora.

L'arciprete Luigi Marini redasse l'atto di morte di Cagliostro.

Questo è il testo tradotto in italiano dal latino:

"Anno del Signore 1795, nel giorno 28 del mese di Agosto"

"Giuseppe Balsamo, conosciuto per Conte di Cagliostro, palermitano di patria, cristiano nel battesimo, di dottrina incredulo ed eretico, celebre per trista rinomanza; dopo avere sparsi per varie regioni d'Europa gli empi principi della setta egiziana, a cui, fattosene banditore, aveva coi prestigi attratto una turba senza numero di seguaci, dopo essere uscito illeso, col mezzo della ingannevole arte sua, da più contingenze pericolose, fu alla fine della sentenza della Santa Inquisizione relegato a vita (in attesa di ravvedimento) nella rocca di questa città. Dove con immutata ostinazione sofferti i disagi del carcere per quattro anni, quattro mesi e cinque giorni, assalito da un violento colpo di apoplessia, senza dare alcun segno di pentimento, mantenendosi pervicace di mente ed impenitente di cuore, morì incompianto fuori dal grembo di Santa Madre Chiesa, d'anni 52, mesi 2, giorni 18.

"Infelice ne fu la nascita, più infelice la vita, infelicissima la morte accaduta nel giorno 26 agosto dell'anno sopradetto a tre ore dopo mezzodì, nel qual giorno furono ordinate pubbliche preci se mai Dio misericordioso avesse riguardo all'opera delle sue mani. A lui quale eretico, scomunicato, impenitente venne negata la sepoltura ecclesiastica".

"Il cadavere fu sotterrato sull'orlo della rupe verso occidente, quasi alla stessa distanza tra i due fortilizi destinati alle sentinelle (della Rocca) chiamati volgarmente il Pozzetto e il Casino, sul terreno della reverenda Camera Apostolica".

“In fede di che”

“Luigi Marini, arciprete, di propria mano”.

Ora, qualche domanda dovrebbe essere posta.

Perché il Papa "graziò" Cagliostro con la carcerazione a vita a San Leo, anziché condannarlo a morte?

Forse, il Papa "graziò" Cagliostro per non fare di lui un "martire" e dare fiato alla propaganda anticlericale del tempo.

Tuttavia, Cagliostro fu osteggiato dai massoni illuministi.

Infatti, Cagliostro fu certamente un massone, probabilmente fu anche un eretico ma di certo non fu un illuminista, visto che egli propose una sorta di loggia "mistica".

Quindi, almeno in teoria, Cagliostro non avrebbe potuto essere una vera minaccia per la Chiesa.

In quel momento, la principale minaccia per la Chiesa di allora fu rappresentata dagli illuministi, in particolare da quelli francesi, i quali osteggiarono apertamente ed in modo caustico il cattolicesimo ed il Cristianesimo in generale.

Alcuni di loro, proponevano il deismo, ossia il credere in dio astratto ed identificato , denominato "Essere Supremo", o nella "Dea Ragione", i cui culti divennero di Stato nella Francia rivoluzionaria del periodo giacobino, durante il Regime del Terrore del 1793, mentre altri erano atei.

Voltaire (21 novembre 1694-30 maggio 1778) si faceva chiamare "Christomoque" , ossia "derisore di Cristo".

Per contro, la Chiesa di allora viveva un periodo di crisi, tra i vari giurisdizionalismi (come il gallicanesimo in Francia) e varie correnti, come il giansenismo.

Di certo, gli illuministi non cercarono l'approvazione del Papa, cosa che invece tentò di ottenere Cagliostro per la sua loggia, pur avendo avuto delle affinità con gli illuministi.

Basti pensare che la Dea Ragione degli illuministi fu molto simile a quella dea egizia di nome Iside, i cui misteri furono citati proprio nel Rito Egizio di Cagliostro.

Ovviamente, il Papa non poté approvare la richiesta dell'avventuriero, il quale, come ho scritto prima, fu osteggiato anche dai massoni più legati all'Illuminismo, quelli che più potevano avercela con la Chiesa.

Di conseguenza, un'altra domanda che sorge spontanea riguarda la sepoltura di Cagliostro.

Ammesso che il documento dell'arciprete Marini non sia solo uno "specchietto per le allodole", dove sarebbe stato sepolto realmente l'esoterista?

Il documento dell'arciprete Marini dice che egli sia stato sepolto nella rupe.

Sarà vero?

Ora, un'interrogazione fatta dal prelato Oreglia di Santo Stefano al nonagenario Marco Perazzoni, che morì nel 1882 all'età di 96 anni, potrebbe darci un indizio.

Quando Cagliostro morì, Perazzoni ebbe sette anni e disse di avere visto le guardie portare il corpo dalla rocca al luogo di sepoltura.

Stando al racconto di Perazzoni, le guardie si sarebbero fermate ad una taverna per bere ed avrebbero lasciato il corpo sul parapetto del pozzo. Fino a qui, la succitata leggenda sarebbe confermata dai fatti.

Poi, sarebbero tornate e (a differenza della leggenda) avrebbero ripreso il corpo e lo avrebbero portato al luogo indicato per la sepoltura.

Non ci sarebbe stata nessuna funzione religiosa

La testimonianza confermerebbe la tesi secondo cui Cagliostro sarebbe morto senza essersi pentito delle sue convinzioni.

Quindi, sarebbe stato seppellito in terra non consacrata.

Il giornale "La Voce" riporta il tutto.

Tuttavia, qualche anno dopo, a San Leo vennero i polacchi e (sempre secondo la testimonianza di Perazzoni) avrebbero portato via il cranio di Cagliostro e avrebbero bevuto da esso, nella cantina del conte Nardini di San Leo.

Dunque, dove potrebbe essere finito il cranio del noto esoterista?

Ancora oggi, San Leo è meta di turisti appassionati di esoterismo che fanno veri e propri "pellegrinaggi" nei luoghi in cui stette Cagliostro.

La sua cella è piena di fiori, monete e bigliettini con "preghiere", simili a quelle che si rivolgono a certi santi.

Quindi, la rocca divenne il suo "santuario".

Ovviamente, scrivo ciò senza volere essere blasfemo.

La verità riguardo alla storia di Cagliostro potrebbe essere nella tomba con i principali attori della stessa.

Tuttavia, resta la leggenda che si creò intorno a questo personaggio.

Basti pensare al film "Cagliostro" del 1975, con l'attore di origini albanesi Bekim Fehmiu (1° giugno 1936-15 giugno 2010) nei panni del noto avventuriero.

Quello di Cagliostro è uno dei casi in cui manca il confine tra la storia ed il mito.

Antonio Gabriele Fucilone




*Fino al 2009, il Comune di San Leo (insieme agli altri Comuni dell'Alta Valmarecchia) faceva parte della Regione Marche e della Provincia di Pesaro-Urbino.

Con un referendum indetto nel 2006, San Leo e gli altri Comuni dell'Alta Valmarecchia (che sono Pennabilli, Sant'Agata Feltria, Novafeltria, Casteldelci, Maiolo e Talamello) decisero di passare alla Regione Emilia-Romagna e alla Provincia di Rimini.

Dunque, quando andai a San Leo, in occasione di una gita scolastica organizzata quando frequentavo la II dell'Istituto Professionale per i Servizi Sociali (IPSS) "Don Primo Mazzolari di Mantova, il Comune in questione era ancora marchigiano.

Pennabilli è la sede episcopale della Diocesi di San Marino-Montefeltro, di cui fa parte anche San Leo, che fu sede episcopale fino al 1572, salvo la parentesi del vescovo Giovanni Seclani (prima del 1414-28 settembre 1444) che spostò la sede a Talamello"
.



Prima di tutto, auguro un felice compleanno al professor Archi, che stimo.
In secondo luogo, la storia di Cagliostro presenta tante ambiguità.
Per alcuni, egli fu un truffatore ed uno stregone.
Per altri, egli fu un taumaturgo vero ed un filantropo.
Condannato dalla Chiesa e visto con sospetto dagli stessi massoni, Cagliostro fu un personaggio "border line" tra l'Illuminismo e ciò che fu prima di quell'epoca.
Certamente, la fama di pazzoide gli venne nel periodo di prigionia in San Leo.
Stando da solo, un uomo rischia veramente di impazzire e nella sua prigionia Cagliostro iniziò a dare segni che potrebbero essere ritenuti di instabilità mentalità.
Comunque, Cagliostro è visto ancora oggi come una figura particolare anche per la sua stessa epoca.
Infatti, Cagliostro fu un massone ed un eretico (secondo la dottrina della Chiesa) ma non fu un illuminista, pur coesistendo con gli illuministi.
Gli illuministi escludevano ogni forma di misticismo.
Per esempio, molti di loro credevano in un dio astratto identificato con la natura e non avevano una propensione per una salvezza futura, in nome del razionalismo.
Da qui nacque il culto della Dea Ragione della Rivoluzione francese.
Cagliostro, invece, fu un mistico o comunque ebbe una propensione per il misticismo.
Oggi, la rocca di San Leo, in cui morì nel 1795, è di fatto meta di "pellegrinaggi".
I "pellegrini" vanno alla sua cella e lasciano bigliettini con parole che sembrano vere e proprie richieste di intercessioni.
Forse, il mistero di Cagliostro non sarà mai svelato.
Nessuno saprà quale fu il suo vero pensiero e come fu egli interiormente.
Anche questo alimenta il suo fascino.


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AstraZeneca ha ritirato il suo vaccino anti-Covid

Ringrazio l'amico Morris Sonnino di questo screemshot de "Il Corriere della Sera".