Rispetto all'articolo intitolato "Suprematisti USA, due parole", l'amico e collaboratore Angelo Fazio mi ha segnalato alcune cose interessanti.
Una di queste è stata presa da "La rinascita dei nazisti", che è stata ripresa da Youth Press e che recita:
"Per quanto possa sembrare strano – dato che gli Stati Uniti sono il principale artefice della caduta del nazifascismo in Europa – sul territorio americano esistono centinaia di gruppi che si richiamano alla tradizionale ideologia redatta da Hitler nel Mein Kampf. Già prima della seconda guerra mondiale, i propositi nazisti fecero breccia negli ambienti più estremisti della destra americana. Queste frange, che nella maggior parte dei casi venivano dal “profondo Sud” degli Stati Uniti, o dagli Stati del Midwest ritenevano di dover costituire uno Stato ariano così come era nei progetti del Fuhrer.I nemici principali di queste organizzazioni furono ben presto catalogati. Neri, ebrei, comunisti, insomma nulla di nuovo. I movimenti nazisti americani trovarono sostegno negli oppositori dei movimenti per i diritti civili dei neri, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Tant’è che nel 1959 ad Arlington in Virginia, George Lincoln Rockwell, un ex politico repubblicano fondò l’ American Nazi Party (ANP), fregiandosi del titolo di “comandante”. Questo partito, che a quanto pare non aveva tratto nessuna lezione dalle atrocità commesse durante il secondo conflitto mondiale, era composto perlopiù da individui della low e middle class della campagna americana. Le sacche di estremismo molto spesso combaciavano con le zone più remote del Paese, zone nelle quali, tra l’altro il bigottismo e fanatismo religioso la facevano da padrone. Rockwell non poteva sopportare le pretese dei “negri” e così come Hitler attribuiva agli ebrei ogni male del mondo.
Nel 1967, dieci anni dopo la fondazione del partito, il “Comandante” fu assassinato da John Patler un ex-membro dello stesso partito nazista espulso pochi mesi prima per presunto “appoggio ai bolscevichi”. Gli ideali razzisti del leader carismatico del movimento influenzarono per decenni numerose piccole frange di giovani adepti “ariani”, che lo consideravano come un esempio. In seguito alla morte di Rockwell, il partito subì dei cambiamenti piuttosto netti, gli ideali si radicalizzarono (per quanto possibile) e un nuovo capo ne assunse la guida, Matt Koehl.
Come spesso succede in questo genere di movimenti dalla leadership piuttosto instabile, ci fu un’importante scissione e nel 1970, Frank Collin fondò il Partito Nazionalsocialista americano. Collin considerava la dottrina hitleriana come l’applicazione del celebre “white power”, ovvero della supremazia dei bianchi nei confronti delle altre comunità. Il suo movimento acquistò importante rilievo a livello nazionale quando nel 1977 decise di indire una marcia per le strade di Skokie (Illinois), città composta in buona parte da ebrei scappati dall’Olocausto. La sacralità del primo emendamento della Costituzione americana difendeva il diritto dei nazisti americani di manifestare per le strade della cittadina. Collin e i suoi seguaci che marciavano al grido di “six million more”, vennero persuasi dal dipartimento di giustizia di organizzare il raduno altrove, nei sobborghi di Chicago.
Oggi questo tipo di gruppi occupa spazi molto ridotti nel panorama politico americano, ma negli ultimi anni c’è stato un netto riacutizzarsi delle tensioni sociali e politiche nella middle class americana e nelle zone più rurali del Paese. L’America più profonda impregnata di povertà, fanatismo, ignoranza e odio nei confronti di chi è diverso, da sempre rappresenta un terreno fertile per questo genere di movimenti. L’ANP, così come il Ku Klux Klan (si, esiste ancora), si sono riorganizzati e negli ultimi vent’anni gli attacchi di gruppi di estrema destra sono passati da circa 35 a 350 all’anno. I “nemici della nazione” non sono molto diversi da quelli a cui ci si riferiva qualche decennio fa. Gli ebrei, dominatori del mondo attraverso il loro massiccio controllo sui media, i neri ritenuti una razza inferiore, i comunisti e le tasse ritenute lo strumento principale utilizzato dal governo soggiogare i propri cittadini. La gravità di questi propositi non va sottovalutata nonostante questi gruppi siano composti da poche migliaia di aderenti o simpatizzanti.
Il paradosso principale sta nel fatto che proprio in un Paese come gli Stati Uniti, fiero dei suoi grandi ideali di libertà, sia stata possibile la ricostituzione di un partito nazista che per decenni ha professato l’odio razziale e religioso, tutto ciò proprio nella “terra delle libertà” (anche se questo concetto resta opinabile). Ed è proprio a questo punto che viene da interrogarsi sull’eterna validità di questi diritti sacri nella maggior parte del mondo Occidentale (sia chiaro, non li stiamo mettendo in discussione). E’ giusto permettere ai nemici della libertà per antonomasia di professare il loro odio ed il loro rancore, in nome di questi diritti democratici fondamentali?".
Angelo mi ha segnalato anche queste parole di Joseph Lieberman (nella foto qui sopra), ex-senatore del Connecticut:
"In America, molti trattano gli skinhead come un gruppo marginale di psicotici, come sono poi in realtà. Ma in Germania, all'inizio del partito nazista, sotto Hitler, molte persone reagirono allo stesso modo. Questo è un forte avvertimento datoci dalla storia.".
Per finire, questo è il commento di Angelo:
"Io dico sempre che l'America sostanzialmente è una grande nazione, con grandi valori. Ma purtroppo, come tutte le realtà umane, essa conosce mille sfaccettature e nella sua complessa realtà coesistono cose belle e cose meno belle. Questo discorso appartiene ovviamente al novero delle cose negative. Comunque l'accostare Trump ai suprematisti è sciocchezza allo stato puro. Lui ne ha sempre preso le distanze.".
Ringrazio Angelo di questi suoi preziosi spunti.
Dire che il presidente USA Donald Trump non abbia preso le distanze dai suprematisti è una carognata mediatica.
Il problema del neonazismo e del neofascismo non è da sottovalutare.
Anzi, è da guardare con grande attenzione.
Esso non può essere risolto vietando di mettere in mostra la bandiera dei Confederati e non trattando la Guerra di Secessione e la questione del Ku Klux Klan, negli USA, o non parlando del fascismo, qui in Italia.
Evitare di trattare pezzi di storia di un Paese (anche quelli meno edificanti) non è utile nella lotta a contro certe ideologie.
Anzi, rischia di avere l'effetto opposto.
Nei momenti di crisi (come quello che noi stiamo passando) certe idee complottiste rischiano di avere presa.
Non trattare certi temi rischia di fare passare l'idea del "complotto" e la risposta a ciò potrebbe essere vista in quelle ideologie di cui si vuole fare sì che non si parli.
Non parlare dei Confederati e del Ku Klux Klan, negli USA, o dei fascisti, qui in Italia, rischia di favorire proprio le ideologie del Ku Klux Klan ed il fascismo.
Inoltre, se non si parlasse più del nazismo non si parlerebbe più neppure della Shoah e la memoria di questo fatto orribile potrebbe non esserci più.
Questo sarebbe davvero molto pericoloso.
The Liberty Bell of Italy, una voce per chi difende la libertà...dalla politica alla cultura...come i nostri amici americani, i quali ebbero occasione di udire la celebre campana di Philadelphia nel 1776, quando fu letta la celeberrima Dichiarazione di Indipendenza. Questa è una voce per chi crede nei migliori valori della nostra cultura.
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Il mio libro, in collaborazione con Morris Sonnino
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Il peggio della politica continua ad essere presente
Ringrazio un caro amico di questa foto.
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