ringrazio il grande amico di questo blog e mio Aurelio Giorgianni che mi ha portato all'attenzione questo articolo del sito "Le vie dei tesori" che è intitolato "Miqveh".
Ringrazio Aurelio.
Mi dà sempre degli ottimi spunti.
Prima o poi, ci dovremo incontrare. Avremo di che discutere. E' un genio.
Ora, Palermo (la città di Aurelio) ebbe un grande quartiere ebraico.
Esso si trovava nelle zone di Vicolo Meschita e Via Calderai.
Il nome "meschita", in realtà, significa "moschea".
Deriva dal termine spagnolo "mezquita".
Secondo l'articolo scritto da Carlo Di Franco sul sito "PalermoWeb.com", su questa denominazione vi sarebbero due ipotesi:
1) Gli Ebrei siciliani appellavano Meschite le loro Sinagoghe per analogia con i luoghi di culto arabo e per adeguarsi alle abitudini dei Saraceni in quel tempo dominanti, mantenendone il nome anche dopo l'espulsione degli Arabi dalla Sicilia.
2) Dopo la cacciata dei Saraceni da parte dei Principi Normanni, gli Ebrei di Palermo eressero la loro sinagoga nella stessa area della moschea musulmana ed il popolo, conservando l'antica abitudine, continuò a chiamarla "Meschita".
Questa seconda teoria è avvalorata dai mercante di Bagdad Ibn Hawqal (intorno alla metà del X secolo), il quale nel suo "Viaggio in Palermo" (preziosissimo documento per la ricostruzione della topografia di Palermo durante l'occupazione musulmana) parla dei cinque quartieri che a quel tempo formavano la città. Fa un breve cenno su quello compreso tra le due città murate del Cassare e della Kalsa, in cui sorgeva la moschea di Ibn Siqlab, definendola una delle più grandi delle trecento moschee della città.
Ricordo che nel periodo di occupazione araba della Sicilia (948-1072) ci fu una divisione dell'isola.
Nella Sicilia occidentale, circa il 50% della popolazione aderì alla fede islamica.
Nella Sicilia orientale, invece, la maggioranza della popolazione restò cristiana, divisa tra la confessione latina e quella bizantina.
Per esempio, la zona di Galati Mamertino (il paese di mia madre, in Provincia di Messina) fu abitata da gente di religione cristiana di rito bizantino.
A Galati Mamertino vi era un metochio greco-bizantino a Frazzanò (che da lì non è lontano) vi è tuttora il monastero basiliano di San Filippo di Fragalà.
Ora, a Palermo vi erano le tre confessioni religiose, l'islamica, la cristiana (nei due riti) e quella ebraica.
Stando alla cronaca di Ibn Hawqal, con l'arrivo dei Normanni, gli ebrei furono comunque tollerati e poterono costruire la sinagoga in luogo della moschea di Ibn Siqlab.
Da qui, derivò il nome di "Meschita".
La comunità ebraica restò fino al 1492, quando un editto emanato dal re d'Aragona Ferdinando II (1452-1516) costrinse gli ebrei siciliani a convertirsi al cattolicesimo o ad andarsene.
La sinagoga fu distrutta e sostituita dal 1507 dal convento di Santa Maria del Popolo, che divenne poi il convento di San Nicolò da Tolentino.
Ogni traccia dell'Ebraismo fu cancellata, almeno in apparenza.
Infatti, in seguito a degli studi, sono stati trovati presso Palazzo Marchesi degli strani luoghi sotterranei.
Si pensava che essi fossero luoghi di sepoltura ma essi erano bagnati sempre dalle acque del fiume Kemonia.
Da qui venne la scoperta: quei luoghi erano delle vasche in cui gli ebrei facevano il bagno rituale, il Miqveh.
Ora, l'ironia della sorte ha voluto che quei luoghi si siano trovati proprio sotto il quattrocentesco Palazzo Marchesi, la sede degli inquisitori, coloro che cacciarono e perseguitarono anche gli ebrei.
Questo ci potrebbe dare l'idea di come fosse stata Palermo nel Medio Evo.
Cordiali saluti.
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