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martedì 9 luglio 2019

Il caso del Tempio Malatestiano di Rimini

Una città come Rimini non è nota solo per il mare della Romagna ma anche per dei monumenti degni di nota.
Uno di questi è di certo il Tempio Malatestiano, la cattedrale della città.
Esso fu realizzato sulle mura di una chiesa gotica francescana risalente al XII secolo, la quale fu costruita su un altro luogo di culto del IX secolo, il quale era dedicato a Santa Maria in Trivio.
L'edificio attuale risale al 1447.
Esso fu voluto dal signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta (19 giugno 1417-9 ottobre 1468).
Egli volle un edificio fatto secondo le forme delle costruzioni classiche.
Ricordo che il periodo fu il Rinascimento, l'epoca della riscoperta della classicità greca e romana.
Esso è ancora oggi incompiuto.
La foto qui riportata mostra l'edificio che si sarebbe dovuto fare secondo il progetto caldeggiato da Malatesta.
La foto qui riportata mostra una medaglia di Matteo de' Pasti quello che avrebbe dovuto essere l'edificio secondo l'ambizione del committente.
Avrebbe dovuto avere una cupola, come il Pantheon di Roma.
Matteo de' Pasti (1412-1468)  fu uno degli artisti coinvolti nel progetto.
Un altro degli artisti fu l'architetto Leon Battista Alberti  (18 febbraio 1404-25 aprile 1472).
Quest'ultimo è noto qui a Mantova, poiché in quest'ultima città realizzò l'attuale basilica di Sant'Andrea.
Per certi versi, il Tempio Malatestiano rifletté le vicende del suo committente.
Egli fu un uomo molto ambizioso e questo gli mise contro molti.
Tra questi, ci fu anche Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini, 18 ottobre 1405-14 agosto 1464).
Quest'ultimo arrivò persino a scomunicarlo, per le continue disobbedienze.
Durante il famoso Concilio di Mantova, che fu fatto nel 1459, il Papa lo obbligò a riconsegnare i castelli della Valle fiume Cesano (fiume che si trova sul confine tra le attuali Province di Pesaro-Urbino e di Ancona) emanando un lodo arbitrale: il Malatesta avrebbe dovuto impegnarsi a saldare il debito dei 40.000 Alfonsini del re di Napoli, per un credito vantato da quest'ultimo,  e a garanzia del completo pagamento doveva dare in deposito alla Santa Sede i territori di Senigallia, del vicariato di Mondavio, di Pergola e Montemarciano, oltre a promettere di non prendere più le armi per dieci anni.
Il Malatesta si ribellò al Papa e, nel giorno di Natale del 1460, il Papa lo scomunicò.
Solo grazie alle pressioni dei Veneziani, che fecero allentare la morsa del Papa sul Malatesta, la situazione migliorò.
Il Malatesta chiese ed ottenne il perdono del Papa ma i suoi domini furono ridotti alla sola Rimini ed il territorio circostante.
Tra il 1464 ed il 1466, egli partecipò alla Guerra di Morea contro i Turchi Ottomani.
Nel 1465, egli si ammalò e in Italia si diffuse la notizia della sua morte.
In realtà, egli fu ancora in vita e una volta guarito ottenne dai Veneziani la dispensa per potere tornare.
Prima di fare ciò, i Veneziani inviarono a Rimini una guarnigione, ufficialmente per proteggere sua moglie Isotta degli Atti (1432-1464) e suo figlio Sallustio (1450-8 agosto 1470).
In realtà, i Veneziani vollero prendersi Rimini.
Isotta fu la terza moglie del Malatesta.
Prima di lei, egli sposò Ginevra d'Este (1419-12 ottobre 1440) e Polissena Sforza (1428-giugno 1449).
Isotta fu amante di Sigismondo Pandolfo, quando questi era ancora sposato con Polissena Sforza.
Ella fu l'unica donna veramente amata da lui, tanto che oggi i suoi resti riposano in una cappella apposita nel Tempio Malatestiano.
La cappella in questione è dedicata a San Michele o alla stessa Isotta.
Le altre due mogli riposano nella stessa chiesa ma in un'altra cappella.
La cappella in questione è quella dei Giochi Infantili.
Tornato in Italia, egli si recò a Roma per ottenere la ricompensa per la partecipazione alla battaglia contro i Turchi dal nuovo Papa, Papa Paolo II (Pietro Barbo, 23 febbraio 1417-26 luglio 1471).
Il Papa lo trattenne perché volle prendersi Rimini ma egli lo scoprì e si infuriò a tal punto da ottenere una ricompensa di 1.500 Ducati.
Riconciliatosi con il Papa, nella primavera del 1468, il Malatesta combatté contro la città di Norcia al soldo della Chiesa e poi il 16 agosto dello stesso anno fece nuove disposizioni ereditarie sui beni acquisiti in Dalmazia nella lotta contro i Turchi.
Il 9 ottobre del 1468, egli si ammalò e morì.
Gli succedette il figlio Roberto (1440-1482), che fu il primogenito nato da una relazione con l'amante Vannetta Toschi di Fano (1419-30 giugno 1475) la quale fu anche la madre di Sallustio.
Da Isotta, Sigismondo Pandolfo ebbe Antonia (1451-25 dicembre 1483), la quale andò in sposa al signore di Castiglione delle Stiviere, Castel Goffredo, Solferino, Poviglio e Luzzara Rodolfo Gonzaga (18 aprile 1452-6 luglio 1495).
Sigismondo Pandolfo fu sepolto nella sua creazione, nella cappella di San Sigismondo del Tempio Malatestiano, il quale rimase incompiuto.
Forse, quell'opera seguì la vita e la sorte del suo committente.
Infatti, la vita di Sigismondo Pandolfo fu in conflitto anche con la Chiesa e quell'opera dimostrò ciò, tanto che Papa Pio II scrisse di essa nei suoi "Commentari":



"Aedificavit tamen nobile templum Arimini in honorem divi Francisci; verum ita gentilibus operibus implevit ut non tam Christianorum quam Infidelium daemones templum esse videretur".

Nella nostra lingua di oggi, queste parole suonano così:

"Costruì un nobile tempio a Rimini in onore di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni".

Nel Tempio Malatestiano non ci sono molti simboli che si rifanno apertamente al Cristianesimo, a parte il Crocifisso nell'abside.
Inoltre, in quell'edificio è sepolto anche un certo Giorgio Gemisto Pletone (1355-1452) che fu un filosofo bizantino sostenitore del platonismo.
Dunque, questo edificio avrebbe dovuto celebrare la grandezza di un uomo che forse fu troppo ambizioso.
Questo lo portò alla rovina.
 







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Ringrazio un caro amico di questa foto.