Questa lettera potrebbe essere una prova di un fatto: Garibaldi potrebbe avere agito per provocare caos in Sicilia, così da fare intervenire il Regno di Sardegna (i Savoia) per occupare il Regno delle Due Sicilie.
Anzi, togliamo il condizionale.
Garibaldi andò in Sicilia per fare del casino.
Così, il 5 maggio 1860 partì da Quarto, in Provincia di Genova, una spedizione verso la Sicilia.
In Sicilia ci furono dei malumori verso i Borboni.
Sappiamo tutti che la Sicilia fu un regno.
Questo regno nacque con il dominio normanno nel 1130.
Nel 1816, dopo il Congresso di Vienna, il Regno di Sicilia e quello di Napoli furono riunificati nel Regno delle Due Sicilie.
In Sicilia, questo non piacque e nacquero dei malumori verso i Borboni, la casa regnante del nuovo regno.
Così, nel 1820 ci furono i moti di Palermo, in cui prese parte anche la mafia.
La mafia si identificò con le forze anti-borboniche che furono radicate soprattutto nella zona di Palermo e della Sicilia occidentale.
Al contrario, nelle zone di Messina e Catania vi furono delle forze borghesi che ebbero benefici durante il periodo di Gioacchino Murat (1808-1815). I Borboni confermarono questi benefici.
Non fu certo difficile che i mafiosi avessero partecipato ai moti di Palermo del 1820 e che poi avessero esercitato un'influenza nello sbarco di Giuseppe Garibaldi e dei suoi Mille il 26 ottobre 1860.
Con la spoliazione del sud che ci fu dopo l'unità di Italia sotto la corona dei Savoia e le politiche dei nuovi governi italiani, la mafia poté prosperare sul malcontento della gente comune, espandersi ed aprirsi la strada per diventare ciò che è oggi.
Già durante il periodo del Regno d'Italia, l'esponente della Destra Storica Sidney Sonnino denunciò il problema della mafia, che fu negato dal governo Giolitti.
Era il 1876.
Quindi, si ringrazi Garibaldi se in Sicilia la mafia è il problema serio che è oggi.
Della mafia, tratterò anche sulla rivista "La Civetta", la rivista dell'Associazione Culturale "Pensiero e Tradizione" di Mantova.
Della mafia, tratterò anche sulla rivista "La Civetta", la rivista dell'Associazione Culturale "Pensiero e Tradizione" di Mantova.
Riguardo alla spoliazione del sud, fu proprio Garibaldi a dare il via, con il Saccheggio del Regio Banco di Sicilia.
Come riporta il sito "Terra di Lavoro", dell’enorme tesoro in lingotti d’oro che allora il Banco di Sicilia conteneva e che fu saccheggiato da Garibaldi ne fu testimonianza il fatto che poco meno di un anno prima( nel 1859) i dirigenti del banco siciliano avessero commissionato ad alcune imprese edili il rafforzamento della pavimentazione del Banco stesso resa pericolante dall’enorme peso della traboccante cassaforte in cui appunto erano contenute ingenti somme di denaro e enormi quantità di lingotti d’oro. Ad alleggerirla in quel maggio del 1860 e a risolvere i problemi e i pericoli del sovrappeso della cassaforte ci pensò, alla sua maniera, Garibaldi rapinando il contenuto della cassaforte e depredando i palermitani e i siciliani dei loro risparmi.
Il tutto avvenne in occasione dell’incredibile e inspiegabile ingresso di Garibaldi in una Palermo presidiata da 24000 borbonici e dopo la farsa della battaglia di Calatafimi, dove grazie al tradimento e alla corruzione(il prezzo del tradimento ammontò allora a 14000 ducati) del generale Landi ,3000 borbonici batterono in ritirata di fronte a circa 1000 garibaldini male in arnese e nella quasi totalità inesperti all’uso delle armi. In quell’occasione, proprio quando i borbonici in numero nettamente superiore e attestati in una posizione più che favorevole, si accingevano a sconfiggere facilmente i garibaldini, il generale Landi , che già aveva intascato una fede di credito di 14000 ducati, un somma enorme per quei tempi equivalenti a 430 milioni di vecchie lire e 224 mila euro dei nostri giorni, diede ordine al proprio trombettiere, di suonare il segnale della ritirata, lasciando sbigottiti ed esterrefatti gli stessi garibaldini che, a quel punto, non credevano ai propri occhi.
Con l'arrivo dei piemontesi, ci furono confische di vario genere.
Furono confiscati anche i beni di re Francesco II di Borbone, al quale il re divenuto d'Italia Vittorio Emanuele II di Savoia si offrì di restituirli se questi avesse rinunciato al trono del Regno delle Due Sicilie.
Re Francesco II rispose dicendo: "La dignità non si compra".
Le spoliazioni continuarono anche con la Legge Siccardi, una legge già in vigore nel Regno di Sardegna con cui si confiscarono i beni dei monasteri.
Tutto questo fu fatto perché Camillo Benso, Conte di Cavour, e soci furono indebitati con le banche di Oltremanica per le loro scelleratezze.
Il tutto avvenne in occasione dell’incredibile e inspiegabile ingresso di Garibaldi in una Palermo presidiata da 24000 borbonici e dopo la farsa della battaglia di Calatafimi, dove grazie al tradimento e alla corruzione(il prezzo del tradimento ammontò allora a 14000 ducati) del generale Landi ,3000 borbonici batterono in ritirata di fronte a circa 1000 garibaldini male in arnese e nella quasi totalità inesperti all’uso delle armi. In quell’occasione, proprio quando i borbonici in numero nettamente superiore e attestati in una posizione più che favorevole, si accingevano a sconfiggere facilmente i garibaldini, il generale Landi , che già aveva intascato una fede di credito di 14000 ducati, un somma enorme per quei tempi equivalenti a 430 milioni di vecchie lire e 224 mila euro dei nostri giorni, diede ordine al proprio trombettiere, di suonare il segnale della ritirata, lasciando sbigottiti ed esterrefatti gli stessi garibaldini che, a quel punto, non credevano ai propri occhi.
Con l'arrivo dei piemontesi, ci furono confische di vario genere.
Furono confiscati anche i beni di re Francesco II di Borbone, al quale il re divenuto d'Italia Vittorio Emanuele II di Savoia si offrì di restituirli se questi avesse rinunciato al trono del Regno delle Due Sicilie.
Re Francesco II rispose dicendo: "La dignità non si compra".
Le spoliazioni continuarono anche con la Legge Siccardi, una legge già in vigore nel Regno di Sardegna con cui si confiscarono i beni dei monasteri.
Tutto questo fu fatto perché Camillo Benso, Conte di Cavour, e soci furono indebitati con le banche di Oltremanica per le loro scelleratezze.
Il sud pagò un caro prezzo per delle colpe non sue.
Così, si distrusse un regno legittimo per questo.
Così, si distrusse un regno legittimo per questo.
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