Ringrazio l'amico Morris Sonnino, il quale mi ha fatto pervenire uno screenshot del sito "Luino Notizie" con un articolo che farà discutere.L'articolo è intitolato "Covid, “Per dare la Comunione occorre almeno una dose di vaccino”".
Ne riporto uno stralcio:
"Per svolgere alcuni servizi pastorali caratterizzati da un particolare rischio di contagio da Covid, sacerdoti e operatori dovranno aver ricevuto almeno una dose del vaccino, o in alternativa essere guariti dall’infezione da non più di 6 mesi o aver effettuato un tampone che ha dato esito negativo nelle 48 ore precedenti".
Ciò è stato decretato dall'Arcidiocesi di Milano.
Ora, mi viene in qualche domanda.
Se il prete vaccinato fosse infetto in maniera asintomatica, cosa si dovrebbe fare?
Purtroppo, questa campagna vaccinale è stata fatta in modo da dare una falsa sicurezza.
Sta passando l'idea secondo la quale essere vaccinati equivale ad essere pienamente coperti.
La realtà è ben diversa.
Basta che il virus muti un pochino e si torna al punto di partenza.
Avrebbe più senso fare sì che i preti ed i vari operatori pastorali facessero i tamponi una volta a settimana.
Così, sarebbero monitorati.
Se un prete risultasse positivo, gli si direbbe di stare a casa finché non sarà di nuovo negativo.
Io penso che nella Chiesa ci siano delle derive preoccupanti.
Questo vaccino non è una panacea.
Si sta giocando una partita nella quale a dare le carte non siamo noi ma l'avversario, ossia il virus.
Trasformare il vaccino in un fatto etico è sbagliato e certi ecclesiastici stanno sbagliando a fare ciò.
Il vaccino è un trattamento sanitario e come tale va trattato.
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